Ancora una volta, ed è la quarantanovesima, verranno a raccontarci come dovremmo rassegnarci ad un futuro di ipercompetitività, anzi che ci sarà bisogno di essere più aggressivi per battere la concorrenza e per accaparrarci una fetta più ampia delle risorse del Pianeta. Arriveranno con limousine ed elicotteri per spiegarci, dall’alto delle loro ricchezze, che dovremo accontentarci di salari bassi e lavoro precario e che avremo bisogno di continuare a cedere alle grandi imprese private quel che ancora resta in mano pubblica. Verranno a spargere grande ottimismo sugli effetti benefici della conversione ecologica e del salto tecnologico, dimenticando i disastri ambientali e la sottoccupazione che le loro ricette di questi anni hanno provocato. E vorranno convincerci che è giusto proseguire la guerra in Ucraina e puntare alla vittoria ad ogni costo, perché già pregustano gli affari della ricostruzione mentre si spartiscono i profitti in ascesa delle aziende delle armi.
Questa volta però troveranno in piazza quelli che producono la ricchezza ma non la consumano, quelli che subiscono da anni il superfruttamento e il salario al di sotto della soglia della decenza, quelli che coltivano il cibo che arriva sulle nostre tavole e quelli che continuano a mandare avanti fabbriche nocive che aspettano da anni di essere risanate e convertite. Troveranno i senza casa assieme agli studenti, i lavoratori dei servizi pubblici privatizzati e gli operai che movimentano le merci. Troveranno un pezzo di Paese reale che non crede più alle loro ricette ed è stanco di competizione, concorrenza, sopraffazione e sfruttamento.
Questa parte, la nostra parte, vuole vivere in un altro modo. Vuole mettere le macchine al servizio dell’uomo e non del profitto. Vuole salvaguardare l’ambiente e non sfruttarlo. Vuole distribuire il lavoro tra tutti, riducendone durata e intensità. E rivendica il diritto ad un salario dignitoso, ad un lavoro stabile, ad una pensione decente, ad una casa e a servizi pubblici per tutti.
Il mondo non appartiene ai manager, all’alta finanza e alla grande industria. Siamo noi che costruiamo le condizioni per produrre, per mangiare, per vestirci, per abitare, per muoverci, per vivere. Le loro ricette hanno fallito ed è ora di farglielo capire.
Unione Sindacale di Base
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