Il 6 marzo il GUP del Tribunale di Milano sì è espresso relativamente ai 400 decessi avvenuti al Pio Albergo Trivulzio durante la pandemia di Covid-19 nel 2020, vicenda legale nella quale a'Associazione dei parenti, che porta il nome di Felìcita, si è costituita parte civile per avere verità e giustizia.
Il GUP ha deciso, su richiesta degli avvocati dei familiari delle vittime, di prolungare il periodo di osservazione fino a fine dicembre 2020.
Durante l’udienza sono stati nominati dal PAT come consulenti tecnici a difesa del Direttore Generale Giuseppe Calicchio il prof. Galli e il prof. Pregliasco, che dall’alto della loro notorietà presso il grande pubblico hanno già fatto sapere che al Trivulzio non si poteva fare più di quanto si è fatto; per il Professor Galli -addirittura!- non avrebbe alcun senso continuare con le indagini.
Diversamente la pensano i familiari delle vittime e alcuni dipendenti che, alla ricerca di risposte e giustizia, vorrebbero conoscere i motivi che hanno permesso, tanto per citarne una, di ricoverare al PAT ben diciassette pazienti provenienti dall'Ospedale di Sesto San Giovanni senza sottoporli ad un tampone preventivo che permettesse di riscontrare, senza ombra di dubbio, la negatività al Covid 19, visto che la Direzione del PAT ha sempre dichiarato, nei bollettini aziendali, che nessun paziente COVID positivo è stato mai ricoverato.
A tal proposito, il dottor Carlo Montaperto, direttore medico di presidio dell’ospedale di Sesto, all’epoca presidente dei primari lombardi, si mise di traverso per cercare di fermare i trasferimenti non essendo stati i pazienti sottoposti a tampone ma, contrariamente alle sue indicazioni, le dimissioni di massa furono avviate ugualmente.
Purtroppo, dopo pochi giorni dal trasferimento dei pazienti dall’Ospedale di Sesto, alcuni pazienti, il Medico e il personale del reparto PRINGE (sezione del PAT dove erano stati ricoverati) iniziarono ad ammalarsi di Covid19.
Quando il virus iniziò a circolare all'interno del Trivulzio, a differenza delle strutture ospedaliere, non fu individuato immediatamente un reparto dove isolare i pazienti sospetti per positività al virus, ma per oltre un mese gli “esperti” preferirono lasciare tali pazienti (isolati in stanza) nello stesso reparto se non addirittura , con il consenso delle tenebre, trasferirli da un reparto all’altro, alzando così il rischio di propagazione del virus.
Sempre in quel periodo, alcuni dirigenti e coordinatori infermieristici giravano nei reparti vietando l'utilizzo delle mascherine agli operatori sanitari (minacciando, anzi, il personale di sanzioni disciplinari!), perché ritenevano che le persone ricoverate si sarebbero spaventate, oltre a spostare quotidianamente il personale assistenziale da un reparto all'altro.
Un bollettino aziendale del marzo 2020 riporta che il personale del 112, intervenuto al Trivulzio per il trasferimento di un degente, indossava erroneamente i dispositivi di protezione individuale; così come un altro bollettino, sempre di quel periodo, descrive le modalità di rilevazione della temperatura corporea al personale amministrativo e tecnico in un reparto dove tutti, quasi alla stessa ora, si mettevano in fila lungo un corridoio creando così un assembramento.
Questo sono solo alcune delle circostanze di cui abbiamo testimonianza e che rendono le parole di Galli quanto meno avventate, come se invece di abbracciare la necessità di far emergere la verità rispetto ad una immane tragedia, fosse già del tutto calato esclusivamente nel ruolo del consulente di parte, assolvendo preventivamente chi dovrà essere giudicato lungo un iter che sarà invece particolarmente complesso e delicato.
Comunque, siamo fiduciosi nell’operato del collegio peritale scelto dal giudice, la cui indipendenza dai forti …
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