Sappiamo tutti che sarebbe necessario ben altro per contrastare la terribile controriforma del lavoro che sta passando nel silenzio della opinione pubblica e nella censura della grande informazione. E sappiamo anche che questo ben altro non c'è anche perché le grandi confederazioni sindacali non lottano davvero contro questo
governo, sostenuto in maniera determinante dal Pd. Il quale a sua volta ancora non paga tutti i prezzi di consenso che dovrebbe pagare, come invece è accaduto al suo gemello greco Pasok.
Ma non per questo dobbiamo considerare con sufficienza tutti gli sforzi e le iniziative di chi non vuole arrendersi. Le iniziative promosse dal Nodebito la scorsa settimana e i due giorni di mobilitazione di Roma sotto la sigla Occupy Fornero sono comunque stati importanti anche se non hanno raggiunto la partecipazione degli appuntamenti del passato. I due giorni al Pantheon a Roma hanno visto giovani precari contestare
duramente quella controriforma che secondo il governo ed i suoi sostenitori sarebbe invece a loro favore. e hanno prodotto un primo disgelo tra forze e militanti che dopo il 15 ottobre dell' anno scorso avevano chiuso tra loro.
Ora c'è un appuntamento che può dare ancora di più. Il 22 giugno praticamente tutto il sindacalismo di base ha indetto uno sciopero di 8 ore in tutti i settori, con manifestazioni a Milano e a Roma, in difesa dell'articolo 18. Per lo stesso giorno la Rsu della Same ha lanciato un appello per scioperare e manifestare a Bergamo sotto
la sede ove la Federmeccanica svolgerà la sua assemblea annuale.
Sono scelte giuste, che danno voce ad un dissenso ben più vasto di quel che appare, come è scritto in un vasto appello di giuristi democratici, sindacalisti ed esponenti dei movimenti dirigenti dei partiti della sinistra.
Quando un sciopero è giusto, se si può lo si fa. E non c'è dubbio che scioperare in difesa dell'articolo 18 sia oggi una delle motivazioni più valide per lottare. Perché la controriforma del lavoro non è neppure legata ai conti pubblici come la mostruosa controriforma delle pensioni. Essa è un puro prodotto della ideologia di Marchionne e della ricerca spasmodica del supersfruttamento del lavoro. Essa è frutto del tentativo della casta politica e tecnocratica di salvare se stessa offrendo ai banchieri europei e alla finanza internazionale lo scalpo di uno degli ultimi diritti del mondo del lavoro. E fa parte di una sempre più aggressiva azione di rovesciamento della Costituzione Repubblicana sia sul piano materiale come su quello formale.
Di fronte ad attacchi analoghi nel passato, la Cgil riformista di allora scese in piazza e vinse. Oggi la Cgil non lo fa per subalternità al quadro politico. Nessuno faccia il furbo, poniamo una ingenua domanda al gruppo dirigente della confederazione: se una simile legge l'avesse proposta Berlusconi qualche mese fa, cosa avreste detto e fatto?
I militanti della Cgil che scenderanno in piazza il 22 non solo faranno una cosa giusta, nello spirito profondo dei valori del sindacato di Di Vittorio. Ma, sia ben chiaro, non violeranno lo Statuto dell'organizzazione. Dove sta scritto infatti che in Cgil non si può più scioperare per l'articolo 18?
Chi può, dunque, partecipi a quella giornata di lotta. Non sarà quello che sarebbe necessario, ma servirà ad una affermazione molto importante, utilissima per i prossimi duri attacchi che ci attendono. La giornata del 22 servirà a smentire Monti, che finora all'estero si è vantato che qui da noi le controriforme sociali hanno il consenso e passano senza contestazioni.
Aderente
alla FSM