La piattaforma ONU Global Compact ha reso noto, in occasione della Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza del lavoro, il risultato della guerra del capitale al lavoro: 2.780.000 morti di lavoro ogni anno in tutto il mondo.
In Italia, il settimo paese più industrializzato del mondo, ogni anno muoiono di lavoro più di 1000 uomini e donne, oltre 500.000 sono vittime di incidenti gravi e gravissimi.
Oggi si spenderanno parole di cordoglio ipocrita, soprattutto da chi, come i sindacati confederali, ha avvallato la precarizzazione del lavoro e l’erosione dei diritti di lavoratrici e lavoratori.
Ad oggi l’unica proposta concreta sul tavolo per fermare la strage di lavoratrici e lavoratori è l’introduzione del reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro, una campagna che stiamo portando avanti noi dell’Unione sindacale di Base e Rete Iside, due realtà che da anni si confrontano sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro grazie ad un protocollo d’intesa.
Siamo convinti, infatti, che per porre un freno alle morti serva uno strumento di deterrenza reale, non le solite dichiarazioni di facciata: l’unica cifra accettabile per i decessi sul lavoro è zero, mentre i dati diffusi da organizzazioni internazionali e enti italiani assomigliano a veri e propri bollettini di guerra.
Una guerra che è mossa dal Capitale contro il Lavoro, e che ha nella ricerca del profitto a tutti i costi il suo obbiettivo finale. Siamo di nuovo costretti a sottolineare, infatti, come troppo spesso le morti siano causate da inosservanze delle misure a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro: vite che potevano essere salvate ma che si è deciso coscientemente di mettere a rischio per ridurre costi e tempi di lavorazione.
Salute e sicurezza sul lavoro vengono viste dalla classe imprenditoriale nostrana come un impedimento, le vite dei lavoratori come qualcosa da sacrificare sull’altare del profitto. Per questo serve introdurre il reato di omicidio sul lavoro nel codice penale, per combattere questa cultura imprenditoriale malata occorre rendere non più conveniente aggirare le misure salvavita.
I dati ufficiali di Inail sono impietosi: a marzo 2023 le denunce di infortunio mortale sono state 196, in costante aumento rispetto al primo trimestre degli anni precedenti. Continuano ad essere molte le morti in itinere con 48 decessi, mentre il settore più colpito sembra essere quello dell’Industria e dei Servizi con 168 denunce di infortuni mortali. Per quanto riguarda l’analisi territoriale è il Nord Ovest la zona d’Italia più colpita con 60 decessi, mentre 48 sono morti al Centro, 41 nel Nord Est, 16 nelle Isole e 31 al Sud.
Anche USB e Rete Iside monitorano le morti di lavoro, consultando fonti giornalistiche: dal primo gennaio ad oggi abbiamo contato 324 omicidi di cui 252 sui luoghi di lavoro e 72 in itinere.
Il triste primato spetta all’operosa Lombardia seguita da Campania, Veneto, Piemonte.
I nostri dati per Regione (al 27 aprile):
Lombardia 48;
Campania 35;
Veneto 33;
Piemonte 27;
Lazio 25;
Sicilia 23;
Emilia Romagna 20;
Toscana, Puglia 17;
Abruzzo 15;
Umbria, Marche 11;
Friuli Venezia Giulia, Sardegna 9;
Liguria 6;
Calabria 5;
Valle d'Aosta, Alto Adige, Estero 4;
Trentino, Basilicata 2;
Molise 1.
Unione Sindacale di Base
Rete Iside