Siamo alla terza crisi Alitalia in meno di dieci anni e la soluzione non sembra vicina. Le due precedenti nel 2008 e nel 2014 sono state affrontate con un forte taglio del personale, la riduzione dei salari e puntando ad un coinvolgimento di investitori privati per rilanciare l'azienda. La terza crisi, che è quella di oggi, dimostra che le due ricette precedenti non hanno funzionato: eppure la soluzione proposta è la stessa delle volte precedenti, ancora una volta tagli di personale e riduzione dei salari.
Con il loro NO al Referendum, i lavoratori Alitalia hanno dato un grande segnale di dignità e riscatto, rimandando al mittente un ricatto inaccettabile quanto insopportabile, e dimostrando di non voler continuare a subire il progressivo disfacimento dell'azienda. Soprattutto hanno detto no all'idea che Alitalia si possa risollevare tagliando il lavoro e i salari e che i privati costituiscano la soluzione, quando invece sono parte del problema.
Alitalia è forse il più grande esempio di come in questo paese le privatizzazioni siano fallite, sommerse da incapacità e speculazioni, lasciando alla collettività miliardi di debiti, disoccupazione, precarietà e salari più bassi. E portando ad uno stato di crisi senza fine aziende strategiche per il paese. Alitalia è lo specchio di un sistema industriale che stanno lasciando deperire. Tutte le grandi aziende in Italia o chiudono o passano nelle mani di capitali stranieri e questo ci ha trasformati in un territorio di sole piccole e medie aziende. Stiamo subendo una deindustrializzazione che ci sta mettendo in ginocchio, privandoci di settori decisivi per promuovere una nostra politica economica e industriale.
Con la stessa logica famelica e irresponsabile si gestiscono tutte le aziende dell’indotto aeroportuale ed anche i piani di sviluppo degli aeroporti, a cominciare da quello di Fiumicino, sono concepiti senza alcuna preoccupazione per la tutela del territorio e la salute dei cittadini. Sembra che solo l’interesse dei “prenditori” italiani o stranieri costituisca il filo conduttore di tutti i progetti di “rilancio” economico, senza mai tenere conto dei bisogni delle comunità.
L'intervento dello Stato nella crisi delle grandi aziende non deve servire a regalare altri miliardi di euro a nuovi profittatori privati ma a sostenere un serio piano industriale di rilancio. Il denaro pubblico non può essere messo al servizio di aziende interessate solo a spolpare l'osso. Gli investimenti pubblici devono invece essere utilizzati con rigore per dare al nostro paese una compagnia di bandiera forte, un fiore all'occhiello del nostro sistema economico.
Per questi motivi e per provare ad invertire la tendenza i lavoratori e le lavoratrici di Alitalia chiamano a raccolta tutti quelli che vogliono fermare i processi di privatizzazione e la svendita del nostro patrimonio industriale, difendere la democrazia nei luoghi di lavoro, salvaguardare il territorio e la salute dei cittadini e promuovere la ripresa del nostro paese e di tutte le aziende che non meritano di chiudere.
L'appello che lanciamo è ad unirci in una grande manifestazione da tenersi a Roma il prossimo sabato 27 maggio sotto lo slogan:
GIU' LE MANI DALL'ALITALIA, GIU' LE MANI DALL'ITALIA.