Che cosa sono le politiche attive del lavoro? Politiche pubbliche che dovrebbero favorire l’inserimento nel mercato del lavoro, la formazione e lo sviluppo delle competenze, la ricollocazione dei lavoratori.
Cosa sono state in tutti questi anni? Una forma di sostegno alle imprese attraverso bonus e sussidi fiscali e decontributivi e un trasferimento di risorse agli enti formativi senza alcun ritorno effettivo in termini di posti di lavoro stabili. Se fino a ieri lo spreco di risorse era ingiustificato, oggi con la drammaticità che stiamo vivendo, diventa insopportabile.
Le regioni del Meridione hanno attivato da anni i Fondi per le politiche attive, sia regionali che europei, mettendo a disposizione dei servizi pubblici esangui (Enti locali, Centri per l’impiego, Attività di forestazione, enti ministeriali decentrati, ecc.) personale precario pagato poche centinaia di euro al mese. In questo modo hanno evitato il collasso definitivo di attività pubbliche essenziali ma lo hanno potuto fare solo grazie ad un bacino di decine di migliaia di lavoratori sottopagati.
Per ragionare di politiche attive del lavoro forse dovremmo ripartire da qui. E dai problemi drammatici che vivono tanti territori, affamati di lavoro e di reddito.
Federazione del Sociale USB