Firmati il 12 dicembre 2022, contemporaneamente, il Protocollo tra Federdistribuzione, Confcommercio e Lega delle Cooperative con i sindacati per arrivare - prima o poi - al rinnovo dei tre CCNL. Un’unica data, identiche intese, stessi firmatari.
Questi protocolli arrivano nel frenetico periodo dello shopping natalizio, ma come c'era da aspettarsi non solo non portano doni, ma addirittura confermano la linea tracciata nei vari CCNL già negli ultimi anni, in cui è stato lasciato ampio potere padronale con miseri riconoscimenti economici e materiali ai lavoratori.
Se da un lato infatti la stipula del primo CCNL di Federdistribuzione nel 2018, scaduto già l’anno dopo, aveva lo scopo tra gli altri di legittimare la flessibilità imposta ai lavorator, dall'altro i sindacati firmatari non opponevano resistenza, svendendo il tempo e i sacrifici degli uomini e delle donne impiegati nel Commercio.
È ormai evidente che tutti e tre i CCNL che regolamentano il settore si sono allineati di fatto chinando il capo all'esigenza tutta padronale di dotarsi di uno strumento che potesse adattarsi al mercato moderno, all’impronta delle vendite multichannel 24/7, svincolando gli obblighi nei confronti dei lavoratori in cambio di una minima contropartita economica.
Allo stesso modo Federdistribuzione, Confcommercio e Lega delle Cooperative hanno potuto approfittare prima della crisi pandemica, e poi di quella energetica, per giustificare il mancato rinnovo che ha lasciato i lavoratori e le lavoratrici al palo, con stipendi ancora più poveri per affrontare il rincaro del costo della vita.
Un vuoto contrattuale di 3 anni che non ha visto levarsi nessuna opposizione dagli stessi firmatari e che arriva a questi Protocolli senza grandi scossoni e senza fretta sui futuri rinnovi.
Cgil Cisl Uil hanno, infatti, abdicato da tempo al loro ruolo rivendicativo, specie in ambito salariale: dal 1992, anno in cui acconsentirono alla definitiva soppressione della scala mobile che adeguava i salari al costo della vita, gli interventi di questi sindacati sono stati sempre più deboli e mai incisivi. Non possiamo non ricordare la rinuncia all’art .18, la misera accettazione del Jobs act, la svendita del lavoro domenicale e festivo e la criminalizzazione della malattia.
Da ultimo, nella lunga lista delle concessioni dei sindacati amici dei padroni, spicca addirittura il rifiuto - ribadito in più sedi - del riconoscimento di un salario minimo.
Dopo questa sequela di rinunce, non ci sorprende che oggi millantino preoccupazione per il rincaro del costo della vita e dell’inflazione, senza però rivendicare alcun significativo aumento salariale.
Non possiamo quindi non sottolineare quanto inefficace sia la scelta di quei sindacati di accettare 30 euro lordi – per i full time IV livello, da riparametrare per gli altri - per giustificare il mancato rinnovo contrattuale.
E non possiamo tacere sul loro tentativo di far passare come una conquista quello che invece è l'ennesimo tradimento dei lavoratori e delle lavoratrici e delle loro reali necessità.
E che dire delle due tranches una tantum? Un palliativo da riparametrare per i vari livelli di inquadramento e per i part time. Le cifre spettanti ai IV livelli, ossia alla fetta più ampia dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, sono solamente di 200 € a gennaio 2023 e 150 € a marzo 2023.
Non pensiamo sia un caso che queste cifre siano le stesse del Decreto Aiuti intervenuto a luglio e a novembre, ossia la quota prevista nel PNRR a seguito degli interventi di sostegno alle imprese, defiscalizzazione compresa.
È il paradosso del nostro Paese, dove si pretende che siano i lavoratori e le lavoratrici ad assumersi il peso economico del rischio d’impresa.
Infatti, in un sistema economico in cui lo Stato continua a sostenere le imprese private, senza pretendere una precisa responsabilità sociale e solidale, non sorprende che aziende, imprese e cooperative si sentano legittimate a perseguire il massimo profitto, senza assumersi nessun dovere nei confronti dei propri dipendenti.
Ancora una volta la firma di quei sindacati va a suggellare e legittimare sia questo modello economico che gli extra profitti dei padroni, senza riconoscere ai lavoratori e alle lavoratrici il diritto ad aumenti salariali dignitosi.
Se questi sono i Protocolli, sappiamo già cosa aspettarci da questi futuri rinnovi contrattuali.
USB non dimentica quanto sottoscritto e imposto negli anni da questi soggetti e continuerà nella sua funzione rivendicativa e conflittuale, a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici.
Per tutti questi motivi, e per il diritto al riposo e al tempi di vita, perché i lavoratori e le lavoratrici possano riprendersi il proprio tempo da dedicare anche alle famiglie, specie durante le festività, USB ha proclamato lo sciopero nazionale dei lavoratori del Commercio e della Grande Distribuzione nelle giornate prefestive del 24 e 31 dicembre, dalle ore 17,00 a fine turno.
USB Commercio
17 dicembre 2022