La prima pagina del Corriere della Sera di domenica 23 settembre ci offre uno spaccato emblematico della situazione del nostro Paese, dell'economia, dell'industria e del sociale.
Si parla chiaramente a tutta pagina di Fiat e dell'incontro tra Monti e Marchionne, poi un piccolo occhiello sul Contratto dei Chimici e infine un articolo di fondo sullo Stato Sociale che è un “gioiello” ideologico che tenta di giustificare la fine del welfare e il primato del privato sul pubblico.
1. C'era una volta lo stato sociale
Cominciamo quindi con l'articolo di fondo: pochi concetti che riportiamo schematicamente.
> Aumenta l'età media e abbiamo aspettato anche troppo ad allungare l'età pensionabile.
> Aumenta l'età media e aumenta anche la spesa sanitaria.
> Non abbiamo risparmiato sui dipendenti pubblici.
> La mancata crescita dipende essenzialmente dall'aumento dell'età media degli italiani..
Soluzione proposta: sanità privata- istruzione privata – insomma più privato e sempre meno pubblico, magari con un “nuovo welfare” … ma proprio per i più poveri..... una sorta di elemosina (magari in parte delegata alle aziende per chi lavora) in cambio del consenso.
2. La Fiat: Marchionne e Monti insieme
Aria fritta dal lungo confronto tra Monti e Marchionne. E se non ci sono novità vuol dire che rimane tutto come descritto dal “maglionato” AD della Fiat. L'azienda va dove c'è lavoro a basso costo, dove c'è mercato e si vendono automobili, dove ci sono ingenti finanziamenti pubblici, dove in definitiva si fanno più profitti. Fabbrica Italia si rivela ciò che era del tutto chiaro sin dalla sua annunciazione: prendere tempo, non fare investimenti, risolvere i problemi FIAT negli USA e in Brasile.
Il tempo è stato preso, con l'appoggio diretto dei governi Berlusconi e Monti, con la maggioranza di più dell'80% dei partiti italiani, con il consenso diretto di CISL, UIL, UGL e con quello indiretto della CGIL, ma anche, duole dirlo, attraverso il blocco della mobilitazione della FIOM che per un certo periodo ha enunciato una sorta di guida dell'opposizione a Marchionne ed al suo modello industriale, ma che poi ha abbandonato questo ruolo e ora ritorna tra le braccia della Camusso e quindi indirettamente anche di Fim e Uilm, cercando tra l'altro di schiacciare qualsiasi opposizione interna.
Ora assisteremo all'ennesima sceneggiata nella quale Marchionne dichiara la sua disponibilità a rimanere in Italia a patto di ulteriori sussidi, di cassa integrazione e magari prepensionamenti. Certo anche un paio di stabilimenti in meno o ridotti all'osso. Qualche promessa di futuri possibili investimenti, un bel nuovo protocollo sul Piano industriale con il Governo, una condivisione con Cgil, Cisl e Uil sulle relazioni industriali, magari dando anche qualche cosa indietro alla Fiom in termini di rappresentanza e agibilità sindacale.
Tutto ciò con le dovute deviazioni e sceneggiate dovute alla campagna elettorale, magari anche con qualche sciopero di “appoggio” al PD da parte della Cgil, ma che sarà ben altra cosa da ciò che ci vorrebbe per fermare processi industriali di questa portata.
Intanto Marchionne continuerà ad investire all'estero, a non progettare nuovi modelli per il mercato italiano, a fare ricerca e sviluppo in altri paesi.
Si andrà avanti così per altri due o tre anni e poi saremo alla “soluzione finale”: non per la Fiat ma per chi ci lavora e per il Paese che, dopo aver finanziato in qualsiasi modo possibile l'industria dell'auto in Italia, si ritroverà ancor più deindustrializzata e senza più un settore industriale importante.
3. Il Contratto dei Chimici: il “loro modello”
Di fatto un contratto che dovrebbe rappresentare per Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria e Governo una sorta di modello sul quale costruire il cosiddetto nuovo “Patto Sociale”.
In pratica l'applicazione dell'Accordo del 28 giugno 2011 e di fatto anche dell'art. 8 dei provvedimenti berlusconiani del settembre successivo, che prevedono deroghe peggiorative in termini di orario e organizzazione del lavoro al CCNL attraverso la contrattazione aziendale.
Oltre a ciò anche allungamenti dei tempi di erogazione di quanto previsto dal CCNL a livello economico, superando i 3 anni decisi dalla normativa nazionale (per crisi o investimenti: cioè il 99% dei casi).
Prevista anche una strana ed ipocrita formula che prevede l'assunzione di nuovi precari in cambio di part-time degli anziani: vedremo poi chi, anziano, potrà permettersi con 1200/1300 euro al mese di poter far sopravvivere la propria famiglia, magari monoreddito e con qualche figlio disoccupato).
Sicuramente da una lettura attenta dei testi contrattuali emergeranno ulteriori limitazioni in termini di rappresentanza e democrazia sindacale per i sindacati che non siedono ai tavoli e non firmano.
Tre articoli, tre argomenti: un solo concetto, il loro concetto..
Serve più privato e meno pubblico per far fare più profitti alle aziende che in tal modo si “assumeranno l'onere” di far sopravvivere i lavoratori: chiaramente quelli che riusciranno a salvarsi dalla disoccupazione e che avranno meno salario e meno diritti. E per fare questo si tenta anche di rinverdire quel capitalismo assistito tipico del nostro paese che si muove soltanto quando può contare su forti immissioni di denaro pubblico.
Al tempo stesso serve una politica che segua questa logica sia a livello istituzionale, sia a livello di partiti, che abbia le necessarie introduzioni nel mondo delle banche e della finanza e che sappia rappresentare al meglio gli interessi del cosiddetto “MERCATO”.
Infine serve un sindacato (CgilCislUilUgl) ormai considerato unitario anche se con varie e “necessarie” sfumature interne, che sia in grado di gestire il consenso e non far debordare mai il dissenso interno in chiara, aperta e consapevole costruzione dell'alternativa sindacale conflittuale ed indipendente da padroni e partiti.