La USB Lavoro Privato non ha firmato gli accordi di cassa sottoscritti presso l’Assessorato Regionale al Lavoro e ratificati poi in sede ministeriale. La decisione è collegata alla presa d’atto che dietro gli ammortizzatori sociali in realtà non ci sarà alcun rilancio del Porto, e parte di tali ammortizzatori sociali saranno, di fatto, pagati dagli stessi lavoratori.
Nelle diverse riunioni relative alle procedure di licenziamento dei dipendenti della CICT, tenutesi presso l’Assessorato al Lavoro della Regione Sardegna, si è assistito a una trattativa a senso unico, in cui si è concesso all’azienda di assorbire (leggasi: non pagare) l’indennità del preavviso ai lavoratori. Questo per superare lo stallo rappresentato dalla dichiarata impossibilità aziendale di pagare il contributo obbligatorio di cassa del 9%. In parole povere: lo pagheranno i lavoratori.
La USB LP ha ritenuto da subito inaccettabile una tale condizione che andava a sommarsi alla perdita del posto di lavoro, perché non va dimenticato che qui si parla di perdita del lavoro, nonostante i proclami di vittoria e di salvataggio che vengono in queste ore diramati in ogni direzione a mezzo stampa.
Le obiezioni della USB sulla opportunità di “devolvere” forzosamente, ovvero tramite accordo sindacale, il c.d. “preavviso”, rendendolo “assorbito” dal periodo di cassa, così come stabilito dagli accordi firmati in Assessorato, sono state respinte da sindacati, azienda e regione con la firma degli accordi. Le conseguenze di questo comporteranno, sul piano economico e reddituale, per i lavoratori della CICT una perdita ben superiore all’ammontare del contributo aziendale del 9%.
Alla luce di questo ragionamento non c’erano le basi per la sottoscrizione di qualsiasi accordo. Di contro la USB ha sempre dato ampia disponibilità a discutere di ammortizzatori previsti dal “decreto Genova”, a condizione che fossero strettamente collegati ad una politica di rilancio del porto e alla ricollocazione dei lavoratori, con l’arrivo di un nuovo soggetto imprenditoriale capace di far meglio dei precedenti. Di tale politica negli accordi non c’è alcuna traccia. Sono invece presenti le solite usuali formule di rito sull’ennesima strategia di formazione, riqualificazione e tavoli nazionali di monitoraggio. Un film già visto, purtroppo per i lavoratori.
Si deve riconoscere con estrema sincerità che il porto è ufficialmente morto, e il suo funerale è stato festeggiato come se fosse un matrimonio. La realtà è la fine di un porto strategico per il passaggio delle merci e la perdita di oltre 200 posti di lavoro. Tutto il resto è mero esercizio di propaganda politica a uso e consumo della stampa.
Cagliari 4 settembre 2019
USB Lavoro Privato Sardegna
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Federico Angius
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