Il 30 ottobre scorso, Claudio Marsella, operaio del reparto MOF-Ilva, perde la vita a soli 29 anni. I suoi amici e colleghi reagiscono all’ennesimo omicidio sul lavoro con lo sciopero ed un presidio ad oltranza di 15 giorni, proclamato e sostenuto dalla USB - Unione Sindacale di Base.
In quel periodo drammatico per certi versi, le istituzioni, la politica e i sindacati aziendali, adottano la pratica dello struzzo, mentre la chiesa si ricorda, dopo la pubblicazione di una lettera delle “Donne Taranto” (10 giorni ), che esistono anche altri lavoratori oltre quelli mandati da Riva sui camini per fare odiens. Ma oggi cosa accade ai ragazzi del MOF?
Non sono tranquilli e temono che, se non vengono cambiate le regole, si possa ancora morire. Si rifiutano di operare in solitudine ma vengono minacciati, “deportati” in mensa e poi raggiunti da provvedimenti disciplinari.
Tutto questo accade nel silenzio assordante di una triplice (Fim-Fiom e Uilm) che non “ può “ e non “ deve” intervenire, poichè l’accordo, dalla stessa firmato in data 10.11.2010, ha contribuito, probabilmente, ad aumentare il rischio sul posto di lavoro.
Ritirare, quindi, la firma da quell’accordo disastroso, secondo noi, eviterebbe altre disgrazie, ma c’è chi, invece, rivendica l’utilità per la sicurezza del medesimo, sbandierando statistiche e numeri fantasiosi che, a loro dire, avrebbero ridotto l’ elenco dei lavoratori morti su quel reparto. Noi abbiamo un dato fresco: “in soli 2 anni, un morto” .
Nel frattempo lo SPESAL indaga per conto della Procura della Repubblica e, immaginiamo, rediga verbali di prescrizioni, ma, a quanto pare, ciò non serve a scuotere le coscienze dei preposti aziendali, i quali, essendo stati addestrati alla “tortura” e pronti ad intascare premi di lusso a fine anno, devono compiere atti infami, ferendo ancora la dignità degli operai. Il 29 dicembre u.s., per la cronaca, un altro incidente si è verificato al reparto MOF con il risultato (meno male) di 30 giorni di prognosi ordinati al “fortunato” lavoratore.
Anche in quella occasione, passata sotto silenzio, il macchinista operava da solo per tener fede a quel misero accordo voluto da Riva e dai sindacati compiacenti.
Un altro operatore, successivamente, è rimasto isolato, senza possibilità di comunicare regolarmente con il sinottico, per oltre 40 minuti, motivo per cui, l’operaio in questione è stato colto da crisi di panico, avendo sempre impressa nella mente, come tutti gli altri, il volto di Claudio Marsella, suo amico e collega. Ma la macchina del terrore psicologico, brevettata e realizzata dai Riva, non può e non deve fermarsi, pertanto, i vessatori “specializzati” devono compiere l’atto “dovuto”:-“colpirne uno per educarne cento”.
Ecco come ristabilire l’ordine e la disciplina: “gli irriducibili del MOF, aderenti all’USB (per caso), selezionati accuratamente, non devono nuocere al potere e, quindi, tutti devono sapere che chiedere maggiore sicurezza è vietato, pena la “deportazione” in mensa e il conseguente rapporto disciplinare con sospensione dal lavoro senza retribuzione”.
La domanda è: cosa si aspetta a restituire tranquillità a chi lavora? Vogliamo fingere ancora di fare prevenzione, nascondendoci dietro l’ipocrisia e la paura di irritare il potente?
Non basta aver sacrificato la vita di Claudio Marsella per “obbedire” ai dettami del dio Emilio?
In attesa del prossimo incidente annunciato, l’USB continuerà a vigilare, a denunciare , a pretendere che si faccia subito chiarezza su quanto accaduto il 30 ottobre scorso al MOF, ma anche per quanto accaduto il 29 dicembre, restando costantemente al fianco dei lavoratori perseguitati dall’arroganza e dalla prepotenza dei suddetti preposti aziendali.
La magistratura intervenga quanto prima per riportare nell’alveo della legalità la gestione del personale al MOF, sin qui, a nostro sommesso parere, degna del ricordo di una famosa “palazzina lager” nota a tutti.