L’ultima nota del Direttore Generale, inviata alle Strutture il 21 ottobre, in attuazione del D.M. Pubblica Amministrazione del 19 ottobre 2020 sull’emergenza epidemiologica, interviene con un’indicazione precisa e non fraintendibile sulle scelte organizzative da adottare, rispetto alla diffusione del contagio COVID sul territorio nazionale.
L’obiettivo principale è quello di rivedere le precedenti disposizioni sul rientro in sicurezza, emanate a settembre (che prevedevano l’applicazione del lavoro agile al 50% del personale) attraverso ilsuperamento del limite del 50% e la previsione di una rotazione basata su turni settimanali o plurisettimanali e non più giornalieri, come avvenuto in queste settimane nella grandissima parte delle Strutture.
Peraltro, in una recente intervista televisiva, la ministra della PA Dadone, portando il nostro Ente a mo’ d’esempio, ha fatto riferimento a una quota di personale in lavoro agile dell’80%.
Una riflessione, quella sul mantenimento dei lavoratori in lavoro agile in percentuali superiori al 50%, a cui avevamo invitato l’Amministrazione in settembre, ritenendo necessario fin da allora un più largo ricorso a tale modalità, riducendo le presenze allo stretto necessario per la continuità dei servizi, in tutte le sedi e gli uffici, avendo come orizzonte il perdurare dello stato di emergenza deciso dal Governo (dapprima fissato al 15 ottobre e poi al 31 gennaio) e il diritto alla salute come primo obiettivo da garantire.
Un invito, quello alla collocazione in lavoro agile della massima parte dei lavoratori, che abbiamo riproposto pochi giorni fa, in occasione dei primi contagi avvenuti nelle Sedi di Roma e della Direzione Generale (con tutte le implicazioni riguardanti strutture a cui accedono centinaia di colleghi quotidianamente), insieme alla richiesta di una comunicazione più chiara e tempestiva su eventuali ulteriori episodi, anche a fini del tracciamento.
Ora si tratta di mettere in atto, con urgenza, le nuove disposizioni, avendo tutti ben chiaro che queste “sono applicabili” a tutte le categorie di personale, compresi quindi sanitari, ispettori, assistenti sociali, professionisti e tecnici e addetti alle attività di sportello, facendo preventivamente ricorso all’informativa ed al confronto con le OO.SS. ed RSU ai fini della condivisione delle scelte.
E’ necessario che gli sportelli amministrativi vengano effettuati prioritariamente e quasi esclusivamente per via telematica e telefonica.
Analogo ragionamento andrà fatto per gli ambulatori, ricorrendo massivamente allo strumento telematico e telefonico nel rapporto con l’utenza.
Dando istruzioni alla dirigenza del territorio per il superamento di scelte organizzative che prevedono sportelli aperti 5 giorni su 5, persino con aperture pomeridiane!
Disposizioni che rendono necessaria, ineludibile e non più rinviabile una riflessione, prioritariamente a livello centrale, sull’individuazione delle cosiddette attività smartabili e sulle modalità di loro attuazione.
Fatte salve la massima tutela delle condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori e le difficoltà legate all’utilizzo dei mezzi pubblici, invitiamo l’Amministrazione a considerare il criterio della volontarietà come elemento prevalente nell’organizzazione delle attività in presenza, che dovranno – come ragionevolmente anticipato dalla nota – essere rese prevedendo la massima flessibilità oraria per i lavoratori impegnati in presenza.
Deve poi farsi rispettare con maggior attenzione l’obbligo di svolgere le riunioni con modalità a distanza, obbligo già presente nelle disposizioni emanate a settembre, in troppi casi disatteso da una dirigenza a quanto pare non troppo disciplinata o disattenta alle disposizioni del Direttore Generale.
Le recenti disposizioni del DG accolgono la richiesta avanzata pochi giorni fa da USB PI per l’effettuazione di uno screening del personale in presenza, come utile strumento di prevenzione e contenimento, che andrà ovviamente compiuto rispettando il criterio della volontarietà, avendo chiarito quale sarà il sistema di rilevazione, su cui oggi non ci sono notizie.
La richiesta dell’individuazione di fasce di reperibilità per il lavoro agile, riapre invece la necessità di un confronto complessivo sul lavoro in remoto, sui diritti e doveri ad esso collegati, sull’impianto normativo e su quello economico, a partire dal mantenimento dei livelli retributivi complessivi, alla chiara previsione che la prestazione lavorativa debba essere eseguita entro i limiti della durata massima dell’orario di lavoro, al diritto alla disconnessione ed al riconoscimento del compenso straordinario per le eventuali ulteriori ore lavorate.
USB PI ribadisce inoltre che un più largo ricorso al lavoro agile, come modalità lavorativa nata e applicata nell’emergenza, deve assicurare la conservazione della postazione individuale di lavoro in Sede, non sostituibile con dispositivi “Surface” emergenziali, prevedendo inoltre espresse garanzie rispetto alla responsabilità in materia di sicurezza dei dati sensibili trattati in modalità agile.
Rispetto a quanto detto fin qui, ci auguriamo che il prossimo tavolo previsto per il 26 ottobre sulla sorveglianza sanitaria non sia, come spesso accade, una semplice presa d’atto delle decisioni assunte dall’amministrazione, ma possa costituire un’occasione per affrontare gli argomenti qui evidenziati, pur senza alcuna pretesa di esaustività.
Roma, 23 ottobre 2020
USB PI INAIL Coordinamento Nazionale