Come Unione Sindacale di Base non possiamo che ribadire la nostra totale contrarietà all’intero complesso sotteso con la bozza di circolare che detta le prime linee guida del Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Detta bozza, nelle intenzioni, vuole regolare le modalità di interazione della neonata agenzia con gli istituti e le relazioni tra il personale ispettivo degli istituti con l’Ispettorato territoriale.
Ebbene, al di là degli innumerevoli profili di dubbia legittimità rilevabili e delle palesi criticità che emergono, quello che più pesantemente sconcerta è l’assoluta vacuità dell’intera operazione che, esaminando la circolare, si traduce in un mero coordinamento della programmazione delle attività ispettive che di fatto resta in capo ai tre soggetti distinti, Ispettorato, Inps e Inail, gravata però della burocrazia dei visti e degli assensi di figure – coordinatori e referenti – scaturite direttamente dal cilindro di un mago.
Chiaramente la burocrazia – anche se digitale resta tale – non è mai fine a se stessa e svela il topolino che si nasconde in un’operazione che altrimenti poteva effettivamente realizzarsi con un semplice coordinamento tra i distinti servizi ispettivi senza mettere in campo tutto questo ambaradan.
Il topolino è il controllo che il governo vuole imporre all’attività ispettiva degli istituti.
Senza l’assenso di questo novello deus ex machina, di questo super ispettore che assume il ruolo di Coordinatore dell’attività ispettiva, nessuno potrà decidere chi, come, quando e perché deve subire un accertamento previdenziale o assicurativo.
Questo naturalmente sino a quando gli attuali ispettori degli istituti non faranno la cortesia di estinguersi, perché a quel punto la vigilanza previdenziale ed assicurativa sarà “cosa nostra” del governo.
Se questa è l’unico reale obiettivo che si può ricavare da questo avvio dell’agenzia, non è affatto irrilevante quello che si può dedurre in relazione al destino degli ispettori del lavoro.
Ci sono solo due cose che li toccano direttamente.
Una è la fantasiosa eliminazione della loro postazione di lavoro interna agli uffici e l’altra è il fatto che un terzo di loro cesserà di fare l’ispettore del lavoro per trasformarsi in accertatore per conto degli istituti.
Si, perché va detto molto chiaramente: fare l’ispettore del lavoro è cosa diversa, molto diversa. dal fare l’accertamento ed il recupero del credito per contro degli istituti.
E’ stato detto che tutto il personale ispettivo doveva divenire polivalente, ma in realtà è molto chiaro che il personale ispettivo degli istituti continuerà a fare il suo lavoro, mentre sarà un terzo degli ispettori del lavoro a finire nelle novelle aree “previdenziali” e a fare un altro lavoro.
Parlare di attività ispettiva tutta concentrata all’esterno e magari di programmazione regionale, è sicuramente compatibile con un’attività di accertamento e recupero del credito, ma non ha nulla a che spartire con quella che dovrebbe essere ruolo, funzione e finalità dell’ispezione del lavoro.
A questo proposito, come Unione Sindacale di Base, volendo superare il ruolo di bastian contrari che da sempre ci tocca giocare, lasciamo che a parlare sia un documento storico, di cinquantanni fa, quando tutta la materia della legislazione sociale era regolata da leggi penali e la funzione dell’ispettore del lavoro era in bilico tra la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e le specifiche finalità del proprio ruolo.
E’ la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 105 del 16 giugno 1967 a parlare:
“L'ordinanza di rinvio ha fatto gran caso della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria che l'art. 8 del D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, attribuisce all'Ispettore del lavoro, traendone la conseguenza che la norma impugnata riconosce, così, a un organo posto dalla legge alle dipendenze del P.M. (art. 220 del Codice di procedura penale) poteri più ampi di quelli assegnati all'organo superiore. Senonché, l'Ispettore del lavoro non è soltanto un ufficiale di polizia giudiziaria. Esso è in primo luogo un organo di vigilanza sull'esecuzione della legislazione sociale.
L'art. 7 del decreto legislativo sopraricordatoattribuisce all'Ispettorato del lavoro il compito a) di vigilare sull'esecuzione di tutte le leggi sul lavoro e la previdenza sociale in ogni tipo di azienda "ovunque è prestato un lavoro salariato o stipendiato"; b) di vigilare sull'esecuzione dei contratti collettivi; c) di fornire tutti i chiarimenti che vengano richiesti intorno alle leggi sull'applicazione delle quali esso deve vigilare; d) di vigilare sul funzionamento delle attività previdenziali, assistenziali e igienico-sanitarie a favore dei prestatori d'opera; e) di esercitare le funzioni di tutela e di vigilanza sugli enti dipendenti dal Ministero; f) di rilevare le condizioni tecniche ed igieniche delle singole industrie; l'ordinamento e la rimunerazione del lavoro, il numero e le condizioni degli operai, gli scioperi, le loro cause e i loro risultati, il numero, le cause e le conseguenze degli infortuni degli operai e via numerando. Attività tutte che si svolgono nell'ambito amministrativo con ampi poteri discrezionali, fino all'emanazione di disposizioni esecutive in materia di infortuni, tutte le volte che le leggi attribuiscano un apprezzamento discrezionale all'Ispettorato, non regolino, cioè, fin nei dettagli la materia previdenziale. In quest'ambito così vasto va anche inquadrata la facoltà dell'art. 9 col connesso potere-dovere di valutare, a tutela dell'interesse del lavoro dipendente, inteso in tutti i suoi aspetti, l'opportunità di una regolarizzazione della situazione aziendale con la conseguente eliminazione immediata o entro breve termine del danno o del pericolo di danno. Tutto ciò comporta valutazioni di opportunità che devono essere rimesse agli organi amministrativi, i soli in grado di valutare, nella complessità della legislazione sociale, i mezzi più idonei per conseguire i fini voluti dall'ordinamento. “
... D'altra parte non pare che l'esercizio di quella facoltà sia affatto senza limiti, sottoposto, invece, com'è, a limiti soggettivi e oggettivi... Oggettivi, che si ricavano dalla stessa natura delle cose, che non consente, ad esempio, il ricorso alla "regolarizzazione" tutte le volte in cui il comportamento del destinatario della norma di tutela sociale sia un comportamento commissivo, e non omissivo, che ha già spiegati tutti i suoi effetti e non possa essere considerato, quindi, eliminabile mediante il pronto adempimento dell'obbligo di legge e il conseguente rapido raggiungimento dello scopo che la norma si prefigge. Le medesime espressioni della disposizione dell'art. 9 - "ove lo ritenga opportuno, valutate le circostanze del caso", che sembrano accentuare con la loro apparente genericità, la facoltà discrezionale dell'Ispettorato - stanno invece a provare la complessità e delicatezza dei rapporti ai quali quella facoltà si riferisce e la cautela con la quale essa deve essere esercitata.
Certo, in cinquanta anni c’è stata la riforma sanitaria e l’istituzione dei servizi ispettivi degli istituti; c’è stata la depenalizzazione di gran parte delle norme, ma la sostanza di quella che dovrebbe essere l’ispezione del lavoro ed il ruolo dell’ispettore del lavoro a noi sembra mutato solo negli obiettivi politici di una serie di governi che, senza alcuna soluzione di continuità hanno puntato allo smantellamento della legislazione sociale e del diritto del lavoro, svuotando senso, funzione e ruolo degli ispettori del lavoro, ridotti, con la procedimentalizzazione, a meri, ottusi e ciechi esecutori di ordini e a gabellieri con gli infami progetti qualità.
Roma, 10 gennaio 2017
USB/P.I. Coordinamento Nazionale Lavoro e P.S.