Mentre si continua a parlare interrottamente di sicurezza sui posti di lavoro, con tutte le forze politiche, e così pure le istituzioni, che promettono la legiferazione di norme più severe per chi non garantisce il rispetto di queste discipline, in Lombardia paradossalmente accade il contrario: lo stato, attraverso la magistratura, punisce chi denuncia condizioni di lavoro pericolose e non sicure, il tutto per salvaguardare una classe dirigenziale che si è mostrata incapace di governare una regione e soprattutto il servizio sanitario regionale, come si è visto chiaramente dalla strage di morti durante i due anni di pandemia, spesso causati da palese imperizia e incompetenza di dirigenti scelti solo per affinità politiche. La vicenda di Gallera e delle sue innumerevoli gaffe sono un simbolo fedele di questa condizione.
Vittima di questo sistema è stato, ancora una volta, Francesco Scorzelli, Infermiere della Asst- Lecco e dirigente sindacale dell’Unione Sindacale di Base che nel 2020, ad inizio pandemia, aveva provato a tutelare gli operatori sanitari e i pazienti dell’ospedale Mandic ospedale di Merate rifiutandosi di dare seguito a disposizioni di servizio che in effetti si sarebbero rivelate esiziali in termini di sicurezza. Lui e i colleghi non disponevano ancora di sufficienti e adeguati dispositivi di sicurezza e anche per questo si era rifiutato, in veste di coordinatore del servizio trasporti interni, di mandare alcuni suoi collaboratori nei reparti Covid, ritenendo che avrebbero certamente aumentato il livello di contagio, mettendo a rischio la propria salute (e la stessa vita, oggi possiamo dire) e quelli dei pazienti.
Scorzelli è stato condannato ad 8 mesi di reclusione con pena sospesa, dietro denuncia del direttore generale dell’ASST di Lecco, perché aveva manifestato questo dissenso, con comprensibile rabbia, anche su Facebook.
Scorzelli è stato condannato dal magistrato con una punizione evidentemente esemplare, dal momento che ha deciso di raddoppiare i quattro mesi di condanna richiesti dal PM. Una condanna che arriva per un fatto futile se raffrontato all’enorme numero di operatori contagiati ed un elevato numero di morti in tutti i presidi ospedalieri della Asst di Lecco. Le carenze organizzative ed il pressapochismo della dirigenza furono talmente evidenti e dimostrabili che l’Unione Sindacale di Base depositò un esposto alla Procura di Lecco che però non ha avuto dalla magistratura la stessa attenzione del post su Facebook che denuncia l’inefficace funzionalità di un ospedale pubblico, letto strumentalmente in chiave solo diffamatoria.
Una condanna che, tra l’altro, esplicita la limitazione del diritto di pensiero e di parola messo in atto dai "migliori" Draghi e Brunetta (ministro della pubblica amministrazione) che nel decreto PNRR2 hanno fortemente spinto per introdurre nell’ etica pubblica la revisione del codice di comportamento che prevede l’aggiornamento del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (Dpr 62/2013) introducendo, in particolare, una sezione dedicata all’utilizzo dei social network per tutelare l’immagine della PA.
Vale la pena ricordare che negli ultimi anni Scorzelli è stato letteralmente travolto da procedimenti disciplinari -quasi sempre strumentali- solo per non aver piegato mai il capo alle disposizioni di dirigenti che penalizzavano i lavoratori.
L’incapacità dirigenziale di certa dirigenza della ASST di Lecco denunciata da USB si è poi materializzata -dati alla mano - in una marea di dimissioni di personale sanitario che ha abbandonato la Asst e che ancora oggi continua a farlo.
Una condizione che difficilmente cambierà, almeno fin quando i massimi dirigenti della sanità lombarda verranno scelti non per la propria specifica competenza (quasi mai riscontrabile) ma per la fedeltà al politico di turno cui è affidato il più importante assessorato regionale e che negli ultimi vent’anni si è sempre distinto per le strette relazioni tra amministratori pubblici e imprenditori privati “della salute. Le condanne di Formigoni, Mantovani, Rizzo e compagnia cantante lo testimoniano senza ombra di dubbio.
L’unione Sindacale di Base paga quotidianamente attraverso autentiche prepotenze vessatorie verso i propri dirigenti sindacali il non aver accettato il bavaglio, come hanno fatto altri, la denuncia quotidiana del disastro che sta affossando il SSR pubblico in questa regione, dove la priorità della classe politica è quella del profitto che ha sostituito la salute come obiettivo primario della sanità, pubblica o privata che sia. Una regione nella quale ogni giorno vengono chiusi reparti e servizi, dove i tempi delle liste d’attesa per una visita o un intervento si sono triplicate e dove tutte le riforme sulla sanità, anche l’ultima che doveva rompere con la recente tradizione di ospedalizzazione, privatizzazione e distruzione dei servizi territoriali, indicano una sola direzione: la PRIVATIZZAZIONE!
E allora che il banchetto continui ma noi non faremo come le tre scimmiette: continueremo a vedere, ad ascoltare, a parlare e, soprattutto, a denunciare.
Nei prossimi giorni l’USB renderà note le iniziative che metterà in atto.