Lunedì 11 Il Mattino di Padova ha pubblicato un articolo che dava conto dell'esito della vendita da parte dell'Ater di 16 alloggi pubblici distribuiti tra la città e la provincia. Un'asta che nonostante i prezzi da svendita non sembra essere andata a buon fine, visto che “solo” 4 alloggi sono stati acquistati.
Il 5 giugno, il giorno dell'asta, As.I.A. (Associazione Inquilini e Assegnatari) di Padova, insieme agli “Abitanti resistenti del quartiere Savonarola” e lo Sportello sociale di Rifondazione Comunista di Padova, abbiamo organizzato un presidio davanti l'ATER per chiedere il rilancio delle politiche abitative attraverso la valorizzazione e un'efficiente manutenzione degli alloggi pubblici esistenti e tramite un nuovo piano di edilizia residenziale che preveda la creazione di nuovi alloggi a canone sociale. Una prima giornata di mobilitazione per dire che la casa è un diritto anche nella crisi; anzi, proprio in questo periodo in cui vediamo moltiplicarsi i casi di morosità e insolvenza e quindi sfratti e pignoramenti, l'intervento pubblico deve essere rafforzato sia in termini di alloggi sia in termini di fondi a sostegno degli affitti e dell'emergenza abitativa.
Anche Flavio Frasson, nel articolo apparso lunedì, riconosce la gravità del momento affermando “ siamo in piena crisi”. Peccato si riferisca unicamente al fatto che poca gente può permettersi in questo periodo di comprare una delle case ATER, che lo ribadiamo sono state pagate a suo tempo con i contributi dei lavoratori e oggi vengono svendute.
“La crisi pesa” si dice nell'articolo, ma noi ci permettiamo di far notare che questa diventa ancora più insostenibile per chi non ha più un tetto perché non è stato in grado di pagare un affitto, le rate di un mutuo e non ha accesso ad un alloggio popolare. Non serve citare i numerosi studi sociologici in materia per sapere che la perdita della casa porta molto spesso gli individui e le famiglie a sperimentare gravi forme di marginalità e precarietà abitativa che aggravano l'esclusione sociale, riducono le opportunità di trovare un'occupazione e destabilizzano percorsi di vita fino a poco prima “normali”. Questo perché chi oggi vive la precarietà abitativa non è solo il disoccupato monoredditto con famiglia numerosa a carico, ma è sempre più spesso il lavoratore o la lavoratrice con uno dei tanti contratti precari che sono stati creati per “favorire” i giovani oppure il lavoratore o la lavoratrice in cassa integrazione, ma anche un qualsiasi lavoratore con contratto a tempo indeterminato, ma con un salario insufficiente a sostenere un costo della vita in crescita e una pressione fiscale abnorme.
Per questo, ribadiamo la nostra contrarietà alla vendita da parte dell'Ater dei suoi alloggi e chiediamo che i 12 appartamenti rimasti invenduti siano messi immediatamente a disposizione dei comuni interessati per far fronte all'emergenza abitativa. Invitiamo inoltre i cittadini a non comprare quegli alloggi: non solo per questioni etiche, ma perché potrebbe rivelarsi un cattivo affare...