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LA FORMAZIONE NON È OBBLIGATORIA È UN DIRITTO

Trieste,

 

Lavoratori,

è ormai noto da tempo che le mire centrali sugli indirizzi formativi abbiano assunto una politica di tipo aziendale (ciò che è buono per l’amministrazione), la quale non partendo dal processo di dichiarazione di professionalità del lavoratore VF (da ciò ne comporterebbe una consequenziale rivalutazione economica, in quanto si sa che la professionalità è monetizzabile) punta a creare o ad alimentare la nascita di nuove figure di “precario formativo”. Intendiamo con quest’ultimo termine quel lavoratore che in barba al suo grado di professionalità (dall’amministrazione non riconosciuta) è costretto, dal centro e dalla periferia, ad essere imbrigliato dal possesso di una qualsiasi “specialità”. Questa giungla voluta dall’amministrazione, porta al paradosso che una qualsiasi specialità possa anche sparire, se non più sfruttabile o in linea con la politica aziendale del centro; oppure si potrebbe assistere ad un processo ben più grave di modifica strutturale della sua natura originale.  Insomma, si nasce TAS, GOS, SAF, ecc. (l’acronimo è irrilevante) e si potrebbe ritornare ad essere nulla o ancor peggio GIS, NOF, BLUF, ecc.

La formazione quindi non è uno strumento per professionalizzare il lavoratore e, in simbiosi con la propria esperienza sul campo qualificarlo, ma è un processo d’imbrigliamento dell’individuo malcapitato che per mantenere la sua professionalità paga con i suoi disagi (corso, mantenimento, specialità correlate, ecc.); ma ben più grave è dato dal fatto che un lavoratore cede all’amministrazione il proprio tempo libero per mandare avanti la baracca.

USB non accetta questo processo formativo e chiede che l’amministrazione parta dal riconoscimento dello status di VF quale “professionista del soccorso” e poi crei una formazione che aggiungendo impulsi, nuove tecniche, arricchisca il lavoratore e valorizzi la sua funzione senza pesare sulla sua sfera personale ed economica. Con questo metodo si rilancerebbe il sistema di “soccorso tecnico urgente” in tutta la sua interezza.

Questo processo “aberrante” di scadimento professionale e formativo è chiaro, dopo la pubblicizzazione del rapporto di lavoro, a partire dalla formazione primaria data agli AAVVPP. L’amministrazione ha, dai primi istanti di formazione, un’idea di natura concorrenziale  con le altre compagini dello Stato su ciò che riguarda i diritti/doveri del lavoratore, superando di fatto anche le norme contrattuali (errore inammissibile) e inserendo una serie di moduli didattici non tanto indirizzati verso la conoscenza legittima alla normativa che è diritto di ogni lavoratore, ma valorizzando atti ed azioni che rendano i nuovi discenti pronti a diventare futuri “soldatini” senza pensiero libero. Il centro attua la sua politica attraverso l’uso di una sinopsi che sfrutta il discente e lo identifica come un “grande vuoto da colmare” in tutti i modi possibili ed immaginabili; come se alla fine di un corso di formazione un AAVVPP divenisse come per incanto un “super pompiere” da buttare già nella mischia.

Per USB il corso di formazione primario e la formazione a seguire è un processo d’introduzione e mantenimento, che deve dare conoscenze propedeutiche ed in seguito di indirizzo atte a far emergere o alimentare le naturali propensioni professionali del singolo.

In modo da far prendere coscienza diretta al lavoratore del mondo del soccorso, attraverso un percorso graduale che ne faccia un operatore cosciente del suo ruolo e capace di svolgerlo. In definitiva dare le massime basi e creare un ambiente adatto allo sviluppo naturale e professionale del nuovo Vigile del Fuoco lo si può fare solo con una formazione che parta da processi cognitivi attivi e non da “obblighi di forma”.

Di contro la dirigenza evade i suoi obblighi formativi (vedi allegati) sfuggendo ai propri “obblighi”. USB ha chiesto con delle proprie note lo stato di salute formativo/informativo del nostro luogo di lavoro in difesa dei lavoratori. Attendiamo risposte!!!