Federdistribuzione, che riunisce le federazioni e rappresenta le aziende della GDO italiana, dapprima comunica l'uscita da Confcommercio e la conseguente disdetta del CCNL del Commercio e degli eventuali accordi territoriali e aziendali, a partire dal 1 gennaio 2014; successivamente rende noto che all'interno del percorso di definizione del nuovo CCNL di settore della Moderna Distribuzione Organizzata, è stato notificato il recesso dagli attuali fondi contrattuali di assistenza sanitaria integrativa dei dipendenti (fondi EST,QUAS e Saninpresa). L’uscita sarà operativa dal 1° gennaio 2014. "Da tale data troverà applicazione una nuova copertura sanitaria allo scopo dedicata, che garantirà ai lavoratori del settore, in attesa della costituzione dei fondi contrattuali, medesime prestazioni". Fondi che, a nostro avviso, sono un vero e proprio attacco al Servizio Sanitario Nazionale e nell'intenzione sono la chiave di volta per sostituire la sanità pubblica con quella privata, con buona pace del diritto alla salute.
Questa operazione, perlopiù sconosciuta alla massa dei lavoratori della GDO, ricalca in pieno l'uscita di Marchionne da Confindustria e la creazione di Fabbrica Italia, con la stipula di un contratto ad hoc. Il chiaro intento è quello di scavalcare a destra i già pessimi contratti di Confcommercio e Confindustria e rendere le condizioni dei lavoratori ancor più insostenibili in termini di salario e di diritti per mantenere inalterati i profitti. Una spietata lotta di classe che inciderà in maniera devastante sulla vita di milioni di lavoratori di questo paese.
Tutto questo è reso possibile anche grazie all'immobilismo complice e silente dei sindacati concertativi, troppo attenti agli enti bilaterali e totalmente assenti nella difesa dei propri "rappresentati". Da qui nasce anche l'esigenza di blindare la "rappresentanza" attraverso i vari accordi tra padronato e sindacati confederali che di fatto impediranno ai lavoratori di scegliere da chi essere rappresentati.
Lungi da noi la difesa del CCNL del Commercio, che negli anni ha visto la parziale perdita di un diritto fondamentale come quello della malattia retribuita e l'introduzione del lavoro domenicale obbligatorio, aumenti economici a dir poco ridicoli e, come unico "avanzamento", il rafforzamento di quegli enti bilaterali tanto cari ai sindacati concertativi ma poco chiari ed inutili per i lavoratori.
Appare tuttavia evidente che questa operazione è fatta a tutto vantaggio del padronato e ridurrà i pochissimi diritti ancora sanciti dal contratto, quali potrebbero ad esempio essere le maggiorazioni sul lavoro domenicale e festivo, per applicare senza costi aggiuntivi ll Decreto "Salva Italia" di Monti che ha di fatto liberalizzato gli orari di apertura degli esercizi commerciali.
Insomma, una pausa in meno alla FIAT o una maggiorazione festiva in meno per i lavoratori del commercio, la nostra analisi di qualche tempo fa dal titolo "CENTRI COMMERCIALI: templi dello Shopping o nuove FABBRICHE METROPOLITANE?" sembra tornare di attualità, i "Prenditori" di questo paese si muovono in maniera organica e compatta e continuano a fare profitti sottraendo salario e diritti a chi lavora. La sfida che ci apprestiamo a raccogliere è quella di ricompattare una classe che non si riconosce per la disgregazione messa in atto scientemente dai capitani coraggiosi di questo paese.
Lo Sciopero generale del 18 ottobre può essere il motore di questa ricomposizione, può essere l'occasione in cui l'operaio della FIAT o del'ILVA di Taranto riconoscono il commesso di un centro commerciale, la maestra d'asilo, il precario della Pubblica Amministrazione, l'infermiere, il lavoratore socialmente utile, il disoccupato, il cassintegrato, come quel soggetto che vive le stesse difficoltà e paga la stessa crisi in favore dei soliti noti. Può essere il momento per ricominciare a camminare compatti verso la riconquista del salario, dei diritti e della dignità.