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EPNE - Croce Rossa

LA PREDA (IL C.E.M.) E IL PIANTO DEL COCCODRILLO

Roma,

Il 17 aprile u.s., si è tenuto un incontro tra i Vertici della C.R.I. (oltre i nazionali erano presenti anche quelli del territorio laziale) e tutte le OO.SS.

         Si pensava che dal quel tavolo di confronto, viste le crescenti emergenze economico-occupazionali dei Dipendenti della C.R.I., potessero scaturire delle soluzioni che ponessero fine ad una ridda di voci incontrollate circa le questioni riguardanti il Decreto, la stabilizzazione dei precari, il destino di alcuni Servizi (vedi il C.E.M. di Roma) e la reale situazione finanziaria dell’Ente.

         Ma, come è abitudine di questa Amministrazione, le attese sono state vanificate dal solito atteggiamento arrogante del presidente che, quando gli eventi volgono al peggio, non trova meglio da fare che prendersela con i Sindacati rei, secondo una sua logica contorta, di averlo lasciato solo (sic!) contro tutto e tutti; ma si sa, la colpa è sempre degli altri.

         Peccato che dimentica (o fa finta di dimenticare) che gli eventi che hanno portato alla stesura dei due Decreti, hanno visto le OO.SS. messe al di fuori da ogni possibile condivisione e programmazione dell’impianto del Piano di riordino previsto per la C.R.I.

         Come dimentica di aver “istruito” a dovere tutti quei “suoi” Commissari (ora divenuti presidenti) che hanno, con la rabbiosa connivenza di “fedeli” e rampanti dirigenti e funzionari, portato avanti politiche di ristrutturazione di Comitati, Unità, Uffici e Servizi senza (anche in questo caso) coinvolgere le parti sociali.

         Ma ormai conosciamo il soggetto e, per nostra fortuna, siamo vaccinati contro le sue plateali sceneggiate commiserevoli, che, nei fatti, hanno comportato lo stravolgimento della vita di migliaia di lavoratori e le loro famiglie.

         Abbiamo, volutamente, rimandato di fare un report dettagliato di quella giornata perché convinti che, di lì a breve, ci sarebbe stata qualche brutta sorpresa; purtroppo siamo stati facili profeti…

         Con una nota del 24/04/2013, il presidente del Comitato Provinciale di Roma, Flavio Ronzi, ha freddamente comunicato alle OO.SS. che, a seguito di un’ulteriore nota del direttore generale datata 18/04/2013, il C.E.M. di Roma dal 1 giugno 2013, cessa di esistere

          A distanza di appena 24 ore dall’incontro con le OO.SS. la direzione generale e la presidenza C.R.I., hanno radicalmente cambiato idea sul futuro del C.E.M.; infatti solo poche ore prima le prospettive enunciate davanti alle parti sociali, erano di contenuti assai diversi.

          Sia Rocca che la Ravaioli avevano rappresentato la volontà di Croce rossa, di impegnarsi affinché questo glorioso Centro rimanesse nelle disponibilità della stessa C.R.I.

              Questo impegno (a detta del presidente Rocca) sarebbe stato legato, indissolubilmente, alla volontà della Regione Lazio di immettere risorse fresche (vil danaro) nelle casse disastrate del Comitato Provinciale di Roma.

         Il fatto che si siano pronunciati solennemente in favore di un mantenimento della C.R.I. dei servizi erogati dal C.E.M., non ci aveva assolutamente convinti; abbiamo avuto la percezione che quelle parole nascondessero qualcosa di più grave che stava per abbattersi sulla storica struttura romana.

         Perché non hanno detto la verità sul destino che incombeva sul C.E.M.? Cosa è cambiato, in meno di 24 ore, rispetto alle certezze espresse in sede di riunione con le parti sociali? Se già sapevano come sarebbe andava a finire, perché quella messinscena?

         Vogliamo delle risposte chiare a questi quesiti; se fossero stati più leali, avremmo avuto la possibilità di trovare insieme delle soluzioni che potevano (e possono) salvare il C.E.M. di Roma.

          Avremmo chiesto, per esempio, che la C.R.I. facesse di questo nobile Centro una propria mission cercando, anche attraverso finanziamenti privati o campagne di sensibilizzazione (vedere Trenta ore per la Vita), quei sostegni che, almeno fino ad oggi, la Regione Lazio non riesce a garantire, considerando il C.E.M. al pari di altri progetti lodevoli e condivisibili.

          Questo avrebbe potuto dimostrare la volontà della C.R.I. di mantenere in vita il C.E.M. e i suoi operatori, restituendo linfa e tranquillità agli utenti e alle loro famiglie, in attesa delle decisioni della Regione Lazio.

         È evidente, purtroppo, che questa volontà non c’è. La inconsistenza politica e gestionale dei vertici nazionali e periferici unita al menefreghismo circa il destino di utenti e operatori, ha causato l’esito negativo di questa tragica vicenda.

         L’infamia di questa, eventuale, chiusura macchierà indelebilmente l’onore e il prestigio di questa Associazione che si fregia di essere umanitaria!

         Per quello che ci compete, metteremo in campo ogni utile iniziativa affinché si trovi una soluzione dignitosa per utenti e operatori che rischiamo di perdere, definitivamente, la “loro casa”.

         Per dovere di cronaca e, soprattutto, per il rispetto dovuto ad altri lavoratori a rischio licenziamento, riportiamo quanto discusso nella riunione del 17 aprile u.s.

          Questione Umbria; nell’inutilità di raccontare la grottesca figura fatta da chi inserisce un ordine del giorno senza ben conoscere la materia e i suoi risvolti, ci preme rilevare che, dopo aspro confronto, la C.R.I. si è impegnata a favorire la ricollocazione dei nostri colleghi (anche perché avviabili al processo di stabilizzazione).

         Il problema umbro, momentaneamente risolto, ha avuto origine da una faziosa interpretazione dell’art. 6, comma 9 del Decreto 178.

         Questa interpretazione volutamente restrittiva per i precari della C.R.I., ha messo in discussione tutte quei possibili scenari che rivestono caratteristiche simili a quelle dei colleghi dell’Umbria; da qui la necessità di far chiarezza, nel più breve tempo possibile, sull’interpretazione autentica dell’articolato.

         La questione della stabilizzazione, pur non essendo in agenda, ha richiamato l’attenzione dei presenti in quanto le parole del presidente non hanno certamente portato conforto ad un possibile esito positivo dell’annosa vertenza.

         Infatti, pur riferendo di un sostanziale assenso da parte dei Ministeri a non opporsi ad una stabilizzazione degli aventi diritto, rimane aperta la questione sull’eventualità di una estensione del giudicato a cui gli stessi Ministeri sembrano aver negato ogni possibilità.

         Su questa specifica materia, proporremmo a breve un confronto serrato con l’Amministrazione, perché convinti che la C.R.I. abbia fatto, fino ad oggi, poco o nulla per agevolare il riconoscimento di un Diritto autorevolmente sancito anche dalla Cassazione.

         Stato dell’arte del Decreto 178 (l’ammazza Lavoratori C.R.I.); come tutti ben sapevamo, l’iter del Decreto è al palo per l’ovvia conseguenza di un vuoto di potere derivante dall’assenza di un Esecutivo nel pieno delle sue funzioni.

         Il presidente (con l’immancabile, quanto scontato, sostegno del “nostro” direttore generale) ha espresso la necessità di chiedere una proroga per il Decreto che permettesse di porre in essere tutti quegli adempimenti (decreti attuativi), utili a definire il percorso di privatizzazione della C.R.I. In attesa di tale proroga, il presidente, coglierebbe l’occasione per riproporre al nuovo Esecutivo, l’impianto del vecchio Decreto con alcune modifiche che dovrebbero garantire una continuità occupazionale a tutto il personale.

           Situazione finanziaria e di cassa della C.R.I.; pur fregiandosi di aver messo in ordine ai bilanci, il presidente Rocca illustra che le risorse economiche del Comitato Centrale cominciano a scarseggiare.

         Di qui il solito pianto: troppe cause seriali per gli incentivi pregressi dei precari, il finanziamento dello Stato ha subito un taglio considerevole, le Regioni non pagano i debiti passati, i precari da stabilizzare, insomma un vero disastro!

         Ci viene da chiedere: ma in questi 5 anni, oltre a mettere in ordine i bilanci (da verificare con quali artifici) cosa si è fatto per arricchire le casse della C.R.I.? Quali strategie (sia politiche che progettuali) sono state messe in atto per sanare la situazione creditizia? Nessuna, zero!

         Diciamo solamente che l’impegno di questi vertici è stato orientato più al disfacimento che alla ricostruzione; quale stimolo più efficace per un progetto di privatizzazione di quello di un Ente in pieno dissesto finanziario??

         Sul concreto questa situazione potrebbe, a breve, mettere a rischio il pagamento degli stipendi dei lavoratori; per far fronte a questa tragica evenienza, il presidente Rocca medita di chiedere alla Cassa Depositi e Prestiti di aprire un credito verso la C.R.I. (di fatto già negato per la prevista privatizzazione), oppure accendere un mutuo offrendo in garanzia gli immobili posseduti dalla C.R.I.

         Comunque la si guardi è evidente che siamo tornati al periodo pre-commissariamento Rocca; infatti al di là dei fin troppo superficiali pronunciamenti della Corte dei Conti la situazione finanziaria è al tracollo e nessuno potrà convincerci che possa essere bastato rimettere a posto i bilanci per giustificare una gestione commissariale durata ben 5 anni.

         È altrettanto chiaro ed evidente che questa Amministrazione ha fallito su tutti i fronti; annaspa in una mare di incertezze e di contraddizioni, trascinando con se il destino di migliaia di Lavoratori.

          Invece di piangere e lamentarvi, fateci un favore, fatevi finalmente da parte; i Lavoratori della C.R.I. ve ne saranno eternamente grati!

                                                                           

 

                                                                        U.S.B. Pubblico impiego C.R.I.

                                                                                 Massimo Gesmini