Ravenna, territorio bizantino d'oltremare, per tre volte capitale nella sua storia, non smette certo adesso di attirare la nostra attenzione. Se il Dott. Diana avesse cento orecchie fischierebbero tutte all'unisono sentendo parlare dell'ITL con sede nella capitale bizantina.
L'ultima castroneria riguarda l'uso imposto dal locale Capo ITL di (udite udite) un modulo contenente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi del DPR 445/2000, per rendicontare l'orario di lavoro svolto dagli ispettori in servizio esterno. Modello la cui compilazione viene richiesta giorno per giorno e la cui obbligatorietà, in contraddizione rispetto alle attuali (e discutibili) forme di sperimentazione dell’orario di lavoro, è giustificata dal malfunzionamento (ovvero la scomparsa del login) del sistema Oracle. Lo sappiamo: la realtà a volte supera la fantasia, ma in questo caso l'immaginazione deve lasciar spazio alla cruda oggettività periferica, lontana dalle liturgie romane, dove chinare il capo ad una simile pretesa avrebbe significato contribuire al tentativo di oltraggio alla dignità della funzione ispettiva. Tentativo non compiuto, sia chiaro, perché gli ispettori di Ravenna, compatti di fronte a questo attacco, hanno manifestato ferma contrarietà e bloccato le vetture, restando disponibili ad uscire con i soli mezzi e strumenti che la sede fornirà loro per garantire l'espletamento della visite ispettive.
Situazione esplosiva, insomma, clima di tensione alimentato da atteggiamenti ritorsivi prontamente stigmatizzati.
Ma questo è soltanto l'ultimo, e non di certo il più grave, di una serie di kafkiani bizantinismi (eufemisticamente) ai quali a Ravenna sono ormai da tempo abituati: si è cominciato con l’affissione in un corridoio accessibile al pubblico delle tabelle di missione degli ispettori in aperta violazione del rispetto della riservatezza e con lesiva esposizione dei dati nominativi, retributivi e fiscali; si è passati poi, a seguito dell'accorpamento (calato dall’alto) delle sedi di Ravenna e Forlì-Cesena, all’invio sul territorio di Ravenna di ispettori della sede di Forlì, con il procurato effetto di non pochi casi di duplicazione di accertamenti nei confronti delle stesse aziende, alla faccia degli esaltati soloni che promettevano la fine di ogni inefficienza con l’avvento del salvifico INL; per finire con il tentativo, sempre nell’ambito del processo di accorpamento delle sedi (quanto stavano bene da soli!), di attribuzione delle funzioni di coordinamento di tutte le aree di lavoro alla sede di Forlì, con conseguente, e per fortuna scongiurata, trasformazione dell’ITL di Ravenna in una sede con compiti meramente operativi, priva di autonomia programmatica e decisionale.
Alla più volte rappresentata esigenza di una riorganizzazione dell’area di vigilanza di sede, rimasta di fatto da sempre inattuata, si è insensatamente contrapposta la scelta dirigenziale di privare gli agguerriti ispettori della storica collaborazione del personale amministrativo per l’adempimento delle procedure interne di protocollazione e notifica atti. Se dal vertice politico giungono luccicanti propositi sulla lotta al caporalato ed impegno contro gli abusi perpetrabili in tema di R.d.C., a Ravenna si sceglie di trattenere in sede gli ispettori, aggravandone il carico di lavoro, distogliendo dal servizio esterno le professionalità e competenze tecniche e generando uno stato di caos organizzativo ed operativo con gravi ricadute sul piano dell’efficacia dell’azione ispettiva.
Tale clima di permanente conflittualità è, poi, alimentato dall’amara constatazione che il Capo dell’ITL locale sembra proseguire sulla strada dello scontro con gli ispettori e dalla grave mancanza di dialogo tra la dirigenza ed il corpo ispettivo, ritenuto non più parte attiva capace di fornire un utile contributo, ma mero destinatario di scelte non condivise né tantomeno discusse.
Magari se qualche dirigente centrale venisse fuori dal sonno della ragione smettendo finalmente di sottoscrivere accordi, con la complicità delle solite sigle, con l'unico scopo di creare conflitti interni ai lavoratori degli II.TT.LL., si accorgerebbe che in periferia le problematiche non si limitano a bizantinismi seguiti da ritorsioni di varia natura e realizzerebbe, altresì, che un clima del genere, oramai esacerbato da continue prese di posizione, condurrà inesorabilmente ad una condizione di contrasto permanente.
Anche sul piano delle relazioni sindacali la capitale bizantina non brilla certo per correttezza e linearità: delegato USB dapprima convocato, poi allontanato dal tavolo e di seguito aggiornato sulla prosecuzione delle trattative; componente della locale RSU chiamato regolarmente a partecipare alla formulazione delle proposte dell'amministrazione come membro dello staff di direzione e poi seduto al tavolo delle trattative come rappresentante dei lavoratori; contrattazione impantanata sul FUA 2017 e mai avviata sull'incentivo DM anno 2018, mentre in numerosi II.TT.LL. si è già liquidato il primo e diverse tranches del secondo, sulla base degli accordi territoriali precedentemente sottoscritti.
In netta contrapposizione alla logica della rinuncia complice seguita dai confederali e tenendo bene a mente che nella sede bizantina il loro invito di un anno fa a sospendere la protesta non è riuscito a spaccare l'unità degli ispettori, questa O.S. assicura concreto sostegno a chi resiste a testa alta alle sberle del Capo, a chi si batte contro la svendita frettolosa e compiacente dei diritti dei lavoratori.
L’USB, vogliamo ribadirlo, attraverso la difesa della funzione ispettiva mira proprio all’adeguata tutela di chi da quella funzione deve essere garantito.
Del sistema degli appalti e dei sub-appalti, della piaga delle finte cooperative, della somministrazione illecita di manodopera, dei morti ammazzati dai ritmi di lavoro e delle ragioni del profitto che prevalgono sullo stesso valore della vita umana, gli unici che sembrano non rendersi conto sono i dirigenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, per i quali le principali urgenze sembrano essere il numero di accessi da divulgare a fine anno e la tregua sindacale, a tutti i livelli, da garantire mediante la preordinata divisione dei lavoratori e l’elargizione di pochi zecchini sui quali in molti si accaniscono.
Anche nella periferia dell'impero, in un contesto produttivo in cui proliferano forniture di manodopera, con paga globale, vicino ad uno dei porti industriali più attivi dell’Adriatico e dove finte cooperative imbottiscono di personale sfruttato gli alberghi ed i ristoranti della riviera romagnola, agli ispettori viene quotidianamente prospettata la perversione della misurazione quantitativa della loro qualità, assimilabile al numero di patate raccolte dal contadino in una giornata di lavoro.
Che Roma sia consapevole, al di là dei bei proclami e di discorsi di convenienza, che l’unico cambiamento ha riguardato il nome del datore di lavoro e che tutto il resto è rimasto spietatamente invariato ed irrisolto, in uno scenario in cui le detonazioni periferiche per il centro saranno forse un rimbombo lontano, ma sui territori mettono a rischio persino la disponibilità ad impegnarsi nella concreta operatività quotidiana.
Se gli ispettori ridotti a gabellieri entrano in lotta contro ogni bizantinismo, contro ogni sconsiderato affronto alla funzione ispettiva, allora la riflessione deve farsi più ampia e generare la consapevolezza che la dignità del ruolo sociale ricoperto non deve patire il compromesso.
La tutela della funzione ispettiva non può scendere a patti.
Decisi e compatti gli ispettori bizantini dimostrano che è più giusto fermarsi piuttosto che inchinarsi al Capo, è più coerente mobilitarsi che far finta di nulla.
Ravenna, frontiera di lotta, marca il confine della dignità e attende di unire la propria voce alla voce di altri.
USB/P.I. COORDINAMENTO NAZIONALE MLPS, ANPAL e INL