In Francia, Germania, Portogallo, Grecia, divampa la rivolta sociale contro un’economia di guerra che sta scaricando sui lavoratori e sul welfare tutti i costi della crisi economica. In Italia, come nel resto dell’Europa, l’inflazione sta divorando il potere di acquisto delle famiglie e il governo più a destra dalla Seconda guerra mondiale ad oggi porta avanti politiche di accanimento verso le classi più deboli della nostra società. Quella che una volta era definita la classe media oggi di fatto non esiste più a causa delle politiche salariali dei governi succedutisi negli ultimi decenni.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la condiscendenza di Cgil, Cisl e Uil che si sono adagiati su politiche concertative facendo perdere il potere di acquisto dei salari del 12% dal 2008 (dati ILO ONU) e permettendo la diffusione senza precedenti della precarietà lavorativa e l’inesorabile arretramento dello stato sociale con lo smantellamento dei servizi pubblici fondamentali, in primo luogo la sanità.
L’Italia detiene il triste primato di essere l’unico paese in Europa ad aver conosciuto negli ultimi 30 anni una decrescita dei salari del 3% (dati OCSE). Nel nostro paese i lavoratori sono poveri pur lavorando anche a causa di contratti collettivi nazionali sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil (per esempio il Ccnl Multiservizi o Vigilanza Privata e servizi fiduciari) che tengono il salario orario basso, non arginano l’utilizzo del part time involontario e spingono al di sotto della soglia di povertà milioni di persone, soprattutto donne e giovani.
L’esigenza dell’introduzione di un salario minimo per legge, di aumenti salariali generalizzati nella misura di almeno 300 euro mensili, l’urgenza di riportare l’uscita dal lavoro ad un’età ragionevole, la necessità di creare occupazione stabile e dignitosa per i giovani, l’imprescindibilità della difesa di una misura come il reddito di cittadinanza, la non più rimandabile azione per regolarizzare centinaia di migliaia di lavoratori migranti, indurrebbe a pensare ad una imminente reazione popolare per scongiurare un ulteriore arretramento economico del paese, invece chi dovrebbe condurre questa battaglia tentenna.
L’USB ha compreso che non c’è più tempo portando avanti da mesi nelle piazze il disagio e la rabbia di chi subisce politiche liberiste da cui traggono beneficio solo i grandi capitali, ed ha proclamato uno sciopero generale per la giornata del 26 maggio ed una grande manifestazione popolare nel mese di giugno.
Di questi temi si parlerà nell’assemblea pubblica del 6 maggio a Pescara, presso la sede USB di via Mezzanotte 42, che vedrà la presenza di Marco Benevento (esecutivo nazionale USB), di Giorgio Cremaschi (sindacalista ed attivista politico) e del prof. Luciano Vasapollo (docente economista de La Sapienza di Roma). Modera Ilaria Del Biondo (delegata USB Inps).
Gli ultimi provvedimenti del governo necessitano di una risposta forte perché la moderazione salariale che porta avanti, scambiandola con un temporaneo piccolo taglio al cuneo fiscale, è una vera presa in giro.
Unione Sindacale di Base - Federazione Abruzzo e Molise
Pescara, 03/05/2023