Se più indizi fanno una prova allora è dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che la pandemia da Covid-19 non ha insegnato davvero niente e che, lungi dal placarsi, la sete insaziabile dei padroni della Sanità privata necessita di continue trasfusioni di denaro pubblico.
Non sono stati sufficienti, per ripensare un modello di SSN rispondente alle reali esigenze dei territori e dei cittadini, i morti nelle RSA, né la colpevole assenza della Sanità privata durante i drammatici giorni dell’emergenza e nemmeno il palese fallimento del contenimento del contagio nelle regioni che hanno smantellato la sanità territoriale e i servizi di prevenzione a vantaggio delle strutture ospedaliere convenzionate.
Infatti, passata la fase durante la quale il dibattito pubblico e politico sembrava orientato alla rivalutazione e al potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale, ora che la grande paura del dilagare del contagio è passata proseguono, e nemmeno tanto sottotraccia, le solite politiche di riorganizzazioni selvagge, di indebolimento delle capacità assistenziali, di differenziazione per censo nelle prestazioni e, appunto, di ulteriori esternalizzazioni e convenzioni con la Sanità privata.
La frammentazione regionale del sistema sanitario favorisce e aggrava questo quadro e allora nel Lazio si inaugura in pompa magna il pronto soccorso del Campus Biomedico a Roma con generoso contributo di danaro pubblico da parte della Regione, mentre in Liguria l’amministrazione Toti prosegue l’iter, momentaneamente bloccato dal TAR ligure, della assegnazione all’Istituto Galeazzi degli ospedali di Cairo Montenotte, Albenga e Bordighera, al solo scopo di avvantaggiare il privato permettendogli di scegliere le discipline più appetibili, in totale spregio della tutela della salute collettiva.
Ma l’assalto alle risorse della Sanità pubblica non finisce certamente agli esempi riportati. Infatti in tutte le regioni, con la scusa di potenziare velocemente la risposta nell’effettuazione di tamponi e test sierologici, si stipulano costose convenzioni con i laboratori privati mentre quelli pubblici, per mancanza di personale e spesso di strumentazione adeguata, rimangono sottoutilizzati.
Per finire segnaliamo la sconcertante vicenda del CCNL dei lavoratori della Sanità privata che, bloccato il rinnovo da anni, ha avuto il via libera solo quando le regioni si sono impegnate a coprire, con danaro ovviamente pubblico, il 50% dell’importo.
Alla luce di quanto sopra, il dibattito sui finanziamenti europei da destinarsi alla Sanità, la retorica delle risorse da destinarsi alla medicina territoriale, si rivelano per quello che in realtà sono: una stucchevole pantomima per celare l’ennesima sottrazione di danaro al SSN a favore dei “prenditori” della Sanità privata. È necessario, invece, che la Sanità pubblica cessi di essere terreno di caccia, che vengano fatti investimenti massicci in personale, strumentazione e in strutture, che vengano implementati i servizi nei territori periferici e le zone disagiate e che vengano ripristinati tutti i servizi pre-Covid, e tutto deve essere onere e onore esclusivamente del SSN.
Per pretendere tutto questo USB, sin da ora, si dichiara pronta alla mobilitazione a difesa e per il rilancio della Sanità pubblica, universale e solidaristica.
USB Sanità