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Dai Luoghi di Lavoro PI

Lavoro a distanza, USB: falsa partenza!

Nazionale,

Dopo aver assistito nel corso della riunione di mercoledì al ciclico ripetersi della solita storia in tema di accordo FRD 2021, il quale, allo stato, non smette di incentivare logiche di contrapposizione e divisione tra gli stessi lavoratori, ci siamo impegnati giovedì nell’esposizione di alcune criticità in merito al regolamento sul lavoro a distanza, la cui bozza alleghiamo all’attenzione del personale INL.

     Sulla questione lavoro a distanza, purtroppo, temiamo che qualcuno si nasconda dietro la proverbiale “foglia di fico”, progettando qualcosa di diverso da quella che si vuol far credere di stare realizzando.

     Partiamo dalla fine e cioè da poco prima del termine della riunione. Su insistenza di questa O.S., è stato comunicato, dopo le belle parole iniziali di apertura sulla flessibilità della prestazione lavorativa, che il personale ispettivo può avere accesso al lavoro agile per un massimo di n. 3 giornate intere al mese. Ebbene, tutto quello di cui avevamo discusso fino a quel momento si è infranto di fronte ad un numero risibile, che oltre ad essere differenziato da quello riservato al personale amministrativo (limite massimo di n. 8 giornate intere al mese) rappresenta la prospettiva con la quale la Dirigenza INL guarda alla funzione ispettiva ed alla sua complessità.

     Una dirigenza che non riflette sul fatto che la prestazione resa nel corso dell’accesso ispettivo rappresenta (forse) il 20% di tutto il tempo necessario per definire un singolo accertamento. Una simile proposta, che l’INL farà bene a modificare radicalmente e al più presto, non tiene affatto in considerazione il tempo necessario per svolgere il complesso degli accertamenti necessari per la chiusura di una pratica: lo studio del fascicolo, le acquisizioni dalle banche dati prima dell’accesso, la ricerca dei testimoni e l’acquisizione di dichiarazioni oltre a quelle rese nel corso dell’accesso, l’istruzione e l’esame delle risultanze probatorie, lo studio e il necessario approfondimento di leggi e circolari, il confronto con i colleghi, la redazione della parte motiva, l’elaborazione del verbale di accertamento, il calcolo del recupero contributivo (senza l’ausilio di alcun supporto fornito da INL), l’inserimento dei dati a Sgil, la protocollazione e la comunicazone dei dati per il monitoraggio, e si potrebbe continuare all’infinito.

     Per l’INL l’ispettore dovrebbe fare accessi “mordi e fuggi”, “aprire e chiudere le pratiche” (attenzione a questa espressione perchè la ritroveremo a breve!) e, ovviamente, evitare tutti quegli accertamenti che per loro intrinsica natura e complessità avrebbero bisogno di un approfondimento tecnico da svolgere in più giornate interamente dedicate al lavoro in modalità agile.

    Sono anni che che respingiamo con forza la declinazione dell’attività ispettiva come pura e semplice repressione del lavoro nero. I compiti e la professionalità degli ispettori del lavoro dovrebbero trovare impiego soprattutto in tutte quelle situazioni complesse che richiedono, appunto, competenze e sapere specifici. Per USB resta centrale la lotta ai più scellerati fenomeni di irregolarità, in quei settori ove si annidano maggiormente lo sfruttamento dei lavoratori, l’evasione contributiva ed i maggiori rischi in materia di prevenzione e sicurezza, con ispezioni (ordinarie e tecniche) che puntino sulla qualità delle risultanze (e non solo sui numeri). In questa direzione, la limitazione a sole n. 3 giornate intere di lavoro agile al mese assesterà un colpo mortale a questo tipo di accertamenti. Su questo aspetto riteniamo indispensabile che l’amministrazione faccia dietro-front e elevi considerevolmente il numero di giornate per il personale ispettivo!!!

    Abbiamo inoltre richiesto ai vertici INL riscontro circa le strumentazioni informatiche e telefoniche necessarie per l’esecuzione della prestazione a distanza. Siamo sicuri che tutti i dipendenti siano dotati dei pc portatili? E, se così non fosse, si negherebbe loro l’accesso al lavoro agile per mancanza di strumentazione (a loro di certo non imputabile) oppure si considera il dipendente INL sempre disponibile a mettere a disposizione i propri strumenti?

    Negli allegati al regolamento si fa esplicito riferimento alle dotazioni telefoniche con elenco di prescrizioni e corrette modalità d’uso. Sul punto, l’Amministrazione dimentica un particolare, ovvero che non può disporre di un bene che è di proprietà del dipendente, così come non può permettersi di considerare scontata la disponibilità da parte dello stesso.

    Per questo motivo, questa O.S. ha preteso di eliminare ogni riferimento alle dotazioni telefoniche dei lavoratori, visto che il personale potrebbe non garantirne la disponibilità ai fini dello svolgimento della propria prestazione.

    Abbiamo posto al tavolo sindacale una prospettiva secondo la quale considerare il lavoro agile come “una delle possibili forme di lavoro” (vedasi CCNL appena sottoscritto) e non più come un privilegio in cambio del quale va pagato un prezzo. Quest’ottica, sebbene ovvia, acquista particolare rilievo in tutti quei territori in cui i soliti Premi Nobel (per l’attività ispettiva) continuano ad affrontare da anni il tema della produttività e del suo monitoraggio attuando surrettizi sistemi di controllo a distanza e malcelate forme di cottimo nell’assegnazione dei carichi di lavoro.

     Sul punto, a questa O.S. risulta che qualche signorotto locale (nei confronti del quale sarebbe nessessaria una bella strigliata) se ne infischi beatamente delle indicazioni contenute nella Direttiva di II livello e seguiti ad assegnare pratiche come cassette di patate, a tanto al chilo (“aprire e chiudere con regolarità mediamente 4 pratiche al mese a testa”), senza alcuna indicazione di tipo qualitativo e considerazione della complessità della funzione svolta.

     Questo è il contesto che alcuni colleghi si trovano davanti e questi sono i Dirigenti che dovranno accompagnarci nell’attuazione del regolamento del lavoro agile, ed in particolare dell’art. 9 dello stesso, secondo il quale “il Dirigente è tenuto a monitorare l’attività svolta a distanza, verificando il completamento dei compiti assegnato entro il tempo fissato”, come se stessimo discutendo della produzione di bulloni in serie. A ciò si aggiunga che all’art. 6 viene considerato motivo di recesso dal lavoro agile il mancato raggiungimento degli obiettivi rilevato in sede di valutazione intermedia.

    Purtroppo, prevediamo che tra qualche mese arriveranno segnalazioni su qualche Dirigente ”addetto al monitoraggio” che in un’ottica punitiva deciderà di revocare lo strumento agile al dipendente secondo i propri capricci personali, celandosi dietro il mancato raggiungimento di obiettivi costruiti nella propria e personale Repubblica autonoma. L’USB è quasi certa, sciaguratamente, che tutto ciò avverrà.

    La questione è che lo smart working viene considerato come nemico del raggiungimento degli obiettivi, contrario alla produttività secondo la ridicola e ignobile vulgata brunettiana. Scriverlo o lasciarlo intendere significa pensare che si tratti di un espediente per lavorare meno.

   Dietro questa operazione, che costituisce una delle forme che oggi assume l'attacco ai lavoratori del settore pubblico, c'è la volontà di utilizzare lo strumento del lavoro agile in un’ottica punitiva o premiale, cosa che a questa O.S. fa semplicemente inorridire. Se si prende in esame l’esclusione dal lavoro agile per i destinatari di provvedimenti disciplinari (art. 4) ci si rende subito conto che la questione venga affrontata nell’ottica della punizione.

  Questa O.S. ha chiesto, inoltre, di consentire ai nuovi assunti l’accesso al lavoro agile, visto che anche per questi esiste l’opportunità di agevolare misure di conciliazione di tempi di vita e di lavoro, oltre alla considerazione che l’adozione di differenti moduli orari tra il personale ispettivo determinerebbe molta confusione nei primi mesi di formazione degli stessi.

   Riguardo all’art. 11 abbiamo denunciato come venga rimessa sostanzialmente al dirigente la decisione di determinare il numero massimo di giorni nell’arco di un mese (al massimo 3, come comunicato in chiusura di riunione) nei quali il personale di vigilanza può avere accesso al lavoro agile, privilegiando lo strumento dell’accordo individuale e quindi lo strapotere del dirigente nel determinare il contenuto del contratto.

    Ci chiediamo cosa succederà se un ispettore non concorda nella determinazione massima stabilita dal proprio dirigente che, rispettato il tetto del regolamento, potrà imporre il numero che vuole al singolo dipendente (dunque fino a 3!!!). Quali misure si potranno adottare nel caso in cui il Dirigente imponga certi numeri??? Non è stata data alcuna risposta.

    Per USB dal regolamento dovrebbe essere eliminato il riferimento ad un numero massimo di giornate mensili e si dovrebbe inserire un numero minimo che parta da 8 giornate intere di lavoro agile sia per il personale ispettivo sia per il personale amministrativo o un range di riferimento che vada da almeno 8 fino a 12 giornate intere in un mese.

    Un approccio intelligente alla questione coglierebbe il legame strettissimo tra la destrutturazione dell’orario per il personale ispettivo e l’organizzazione flessibile del proprio lavoro, ritenendo le modalità flessibili di lavoro (non ingabbiatte in numeri massimi da concordare con il Premio Nobel di turno) capaci di dare impulso alla qualità degli accertamenti e di completare quell’autonomia ispettiva fino ad ora soltanto abbozzata e mai realizzata.

    Ancora, si è persa un’ottima occasione per realizzare in concreto le finalità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro negando al personale amministrativo la facoltà di completare il proprio orario da remoto, così come non si rintraccia nella bozza di regolamento la possibilità per gli ispettori, quando svolgono attività ispettiva in ufficio, di poter completare l’orario in smart working.

    In merito all’art. 12 del regolamento per USB è inaccettabile la previsione di una fascia di contattabilità (anche per telefono?!?) che copra integralmente il turno di lavoro giornaliero; per noi andrebbe limitata ad un numero massimo di ore massimo (2 ad esempio) al giorno. Più nel dettaglio, non vengono individuate nel regolamento i tempi in cui esercitare il diritto alla disconessione e non si collega tale diritto con la previsione della contattabilità massima per l’intero orario giornaliero.

    In merito al lavoro da remoto domiciliare abbiamo segnalato la questione relativa all’art. 19.    L’articolo andrebbe riscritto in modo che tutti possano far domanda ma, nel limite percentuale convenuto (che dovrebbe essere elevato a percentuali ben maggiori del 10% in bozza), occorrerebbe riconoscere diritto di precedenza (e non mero titolo di preferenza) ai lavoratori disabili e ai lavoratori genitori di figli disabili gravi.

   In attuazione della Direttiva UE n. 2019/1158, i datori di lavoro, sia pubblici che privati, che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti a dare priorità alle richieste formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a 12 anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità. Relativamente al telelavoro, poi, non è ammissibile subordinare l’accesso a detta modalità lavorativa alla minore età del figlio disabile grave. Il requisito anagrafico è totalmente irragionevole, atteso che il figlio totalmente invalido maggiorenne non è meno meritevole di tutela rispetto a un figlio minorenne.

   Non si comprende inoltre la ragione, e a questa O.S. pare contradditorio con quanto previsto per il lavoro agile, in base alla quale nel successivo art. 21 il lavoratore in telelavoro non abbia diritto al buono pasto.

   Alla luce di quanto esposto e condiviso anche con le altre OO. SS., ci aspettiamo che lunedì 27 giugno l’Amministrazione riformuli diverse norme oggetto di confronto. Vi terremo aggiornati.

 USB P.I.

Coordinamento Nazionale INL-MLPS-ANPAL

Roma, 24 giugno 2022