Può dirsi praticamente conclusa la prima fase della vertenza intrapresa a livello nazionale dalla USB per rilanciare la lotta al diffuso fenomeno del mansionismo nel nostro Istituto e nel contempo trovare uno sbocco fattivo alla problematica.
Una vertenza diciamolo subito che poteva inizialmente sembrare una riedizione di quella già abbracciata con alterna fortuna ma forse con maggiore cipiglio nel lontano 2008 e che invece ha trovato nell’orientamento applicativo ARAN 1844 del maggio scorso la sua ragion d’essere. Come del resto testimoniano gli ampi consensi registrati dai diretti interessati nelle 19 assemblee dei tre ultimi mesi.
Una vertenza peraltro portata avanti non senza fatica, sulla quale hanno inciso sostanzialmente due fattori: da una parte lo scoraggiamento di tanti dipendenti che hanno tuttora l’impressione di andare a sbattere contro un muro di gomma e dall’altra la sostanziale mancanza di solidarietà dei colleghi inquadrati in area C, buona parte dei quali, aldilà della classica pacca sulle spalle del malcapitato di turno (infognato allo sportello o, peggio ancora, in una improponibile agenda appuntamenti), è sembrata troppo spesso impermeabile al problema.
Una vertenza in ultima analisi doverosa nella forma e nel merito, perché decisa dall’ultimo coordinamento nazionale all’unanimità e perché rappresenta in ogni caso un ulteriore passaggio verso l’obiettivo dichiarato da sempre: l’area unica. Tutto ciò mentre la sfrontatezza dei soliti noti raggiunge picchi davvero indegni con la proposta di portare complessivamente i livelli da 11 a 16 al solo scopo di dividere ancora i lavoratori, elargendo cifre irrisorie per continuare a vegetare.
Con queste premesse non era certamente facile cimentarsi in una iniziativa che assumeva piuttosto i contorni di una vera e propria “impresa” anche perché, al solito, condotta praticamente da soli.
Eppure il risultato non può dirsi mancato. Infatti, a livello regionale i dati a consuntivo non ancora definitivi dimostrano in maniera abbastanza netta che il 14% circa del personale ha aderito (esclusa la DG) mentre se consideriamo soltanto i dipendenti inquadrati nelle aree A e B la percentuale sale di colpo al 31%, con Terracina inequivocabilmente sugli scudi.
Dei 15 (su 18) colleghi che hanno inoltrato la richiesta sulle mansioni superiori effettivamente svolte presso l’agenzia di Terracina, di fatto 8 appartengono alle aree A e B mentre 7 sono in area C.
Una dimostrazione esemplare di coesione.
Qualcuno obietterà facile che sono pochi, troppo pochi rispetto alle centinaia di colleghi in dotazione ad una qualsiasi delle Filiali dell’area romana, dove tutto è sicuramente più farraginoso e magari, si potrà eccepire, neppure ci si conosce. Eppure è da lì che bisogna ripartire, se vogliamo proteggere la nostra salute ed al tempo stesso salvaguardare la nostra dignità di lavoratori, senza inseguire al cardiopalmo numeri senza senso e standard che lasciano il tempo che trovano. Perché non abbiamo nulla da dimostrare né fornire alcun tipo di giustificazione, basta esserne consapevoli.
Molta strada bisognerà ancora percorrere, perché di questo si prenda coscienza, così come d’altro canto manca quella coesione che l’agenzia territoriale di Terracina ha faticosamente conquistato ed ora difende.
Perché oggi il modo migliore e forse l’unico di fare Sindacato è dare l’esempio…