Stiamo vivendo, per molti inconsapevolmente, una fase storica di stravolgimento totale della Pubblica Amministrazione. Abbiamo conosciuto una P.A. con condizioni di lavoro che stanno scomparendo per cedere il passo ad una organizzazione dello Stato che abdica alle proprie funzioni costituzionali di garante imparziale degli interessi primari dei cittadini. Conseguentemente, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una accelerazione nell’attacco ai dipendenti pubblici su salario, diritti, professionalità e previdenza fino alla scomparsa di intere Amministrazioni o Uffici.
La campagna sul “fannullismo”, orchestrata ad arte da destra a sinistra, oltre che orientare l’opinione pubblica contro i dipendenti pubblici, ha portato molti lavoratori ad isolarsi, quasi sentendosi colpevoli detentori di privilegi e non, viceversa, portatori “sani” di diritti e protagonisti attivi del welfare del nostro Paese, persuasi di non meritare più quei diritti o la tranquillità del “posto fisso”, come se un lavoro stabile o un adeguamento salariale non fossero mai più dovuti.
Ciò ha favorito una vera e propria incapacità di contrapposizione ed il rifiuto dei lavoratori a lottare collettivamente, consentendo infine alla politica dei vari Governi di portare ogni volta più avanti l’azione di smantellamento di quei servizi che lo Stato deve rendere direttamente ai cittadini, mentre l’affondo ai diritti consolidati dei lavoratori è stato e sarà portato sempre di più a livelli qualche anno fa neppure concepibili.
In tutto questo CGIL, CISL E UIL e sindacati autonomi che ruolo hanno avuto? Hanno difeso i servizi Pubblici e quindi i dipendenti?
Da decenni hanno praticato l’abbandono di qualsiasi ipotesi conflittuale, privilegiando la cogestione delle politiche dei vari Governi e dell’Europa delle banche e della finanza. Da un lato CGIL CISL UIL hanno compresso in ogni modo l’azione vertenziale legandola alle compatibilità delle politiche dei partiti (PD e Centristi); dall’altro il sindacato cosiddetto autonomo ha cercato di accaparrarsi pezzi di potere all’interno delle Amministrazioni per poi spenderselo in logiche di favoritismo degne della prima Repubblica. Insomma, da anni quel sindacato si è preoccupato più della sopravvivenza del proprio apparato e dei suoi dirigenti che degli interessi e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, soprattutto in termini di tutela del potere d’acquisto dei salari, delle pensioni, dell’occupazione, dello stato sociale…
Una scelta ben precisa che non può nascondersi, autogiustificandosi con l’alibi delle scelte obbligate dovute alla crisi. Una scelta ben precisa che ha portato quel sindacato a trasformarsi in altra cosa, in vera e propria casta, apparato di potere utilizzato come trampolino di lancio per carriere politiche, per la conquista di poltrone ai vertici di Enti e Società, per la gestione di servizi, dei fondi pensione, degli Enti Bilaterali che rappresentano enormi entrate economiche.
Nei posti di lavoro quel sindacato si è chiuso in nuove forme di corporativismo, mettendo spesso lavoratori contro lavoratori, sostituendo l’azione sindacale con il vertenzialismo da tribunale. E’ il caso dei sindacati autonomi che hanno barattato tessere in cambio di ricorsi falsamente gratuiti. Hanno cercato di convincere i lavoratori che essi sono estranei alle decisioni che prendono i loro vertici nazionali, come firmare indicibili contratti “a perdere”. Hanno dato corso alla pratica dell’assistenzialismo individuale, spacciando come favori quelli che in realtà sono diritti quali trasferimenti, cambio di mansioni, progressioni economiche.
Hanno fatto digerire ai lavoratori e alle lavoratrici del pubblico impiego la politica dei sacrifici che, con il solo blocco dei rinnovi contrattuali, costa a ciascuno di noi circa 6.000 euro l’anno, ma non hanno fatto nulla per combattere concretamente l’enorme fenomeno della corruzione e dell’evasione fiscale.
Tutto questo a cosa ha portato?
Abbiamo l’età pensionistica tra le più alte d’Europa e di contro le pensioni tra le più basse in termini economici; una tassazione che ormai si mangia quasi metà del nostro guadagno; salari tra i più bassi nella media europea. Siamo gli unici che, con gli aumenti contrattuali, si sono pagati le “carriere” e oggi si pagano la cosiddetta meritocrazia. Si inizia ad avere difficoltà nel soddisfare i diritti fondamentali quali quello alla salute e all’istruzione per i propri figli.Ma allora cosa è necessario fare?
Trovare di nuovo il coraggio di rivendicare i propri diritti e la difesa di una P.A. che garantisca servizi efficienti per tutti i cittadini, slegata da logiche di spartizione di potere dei partiti.
Sostenere una rappresentanza sindacale diretta, sburocratizzata, non di apparato né di nicchia, che abbia il solo obiettivo di soddisfare i bisogni dei lavoratori, precari, pensionati. Un sindacato completamente autonomo dalla partitocrazia. Un sindacato i cui rappresentanti devono mettere davanti a tutto gli interessi comuni senza alcun tornaconto personale.
Per questo centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici hanno scelto di costruire insieme un nuovo sindacato. Non solo alternativo a parole ma che promuove nella quotidianità iniziative, mobilitazioni, lotte e momenti di partecipazione e di confronto democratico.
Un sindacato in cui conta la base, vale a dire contano, nelle scelte, le lavoratrici e lavoratori.
Insomma un sindacato come USB!
Perchè è necessario riorganizzarsi rapidamente per fermare l’attacco in atto e riacquisire la capacità di ribaltare le politiche dei sacrifici a senso unico.
Perché difendere lo stato sociale significa difendere la Pubblica Amministrazione e i suoi lavoratori.
Per questo lanciamo l’appello a tutte le colleghe e colleghi!
Non è più possibile rinviare, è ora che i lavoratori scelgano da che parte stare: per questo ti chiediamo di iscriverti alla USB e/o di dare la disponibilità a candidarsi nelle nostre liste per le prossime elezioni RSU.
USB: IL SINDACATO CHE SERVE!
Sotto il documento da scaricare.