Il CUP dell’APSS è sceso in piazza per la seconda volta in pochi giorni.
Il CUP sciopera contro un appalto che potrebbe cambiare le vite dei lavoratori e delle lavoratrici. Tutti sono in ansia per decisioni che potrebbero causare dei disagi impensabili, sino a poco tempo fa: un possibile trasferimento, un impoverimento contrattuale e professionale.
Le operatrici del CUP ogni giorno mettono al servizio della comunità le competenze acquisite in anni di lavoro. Forniscono, nel minor tempo possibile, appuntamenti, risolvono questioni e supportano la popolazione trentina nelle loro richieste di cura. Tutto ciò viene portato avanti con cognizione di causa. Una serietà che si deve confrontare con diversi dilemmi che vanno dalla mancanza di una formazione continua, alla gestione dello stress, sino alle problematiche organizzative come i disagi arrecati dalle dimissioni di medici o dalla chiusura degli ambulatori. Tutti problemi che poi ricadono indirettamente sulla stessa popolazione.
L’operatore CUP è una lavoratrice che ogni giorno subisce l’ira dell’utenza. L’utente che chiama è stanco di essere collocato in liste d’attesa infinite per curarsi o di sentirsi dire che non c’è posto. È tradito dal sistema quando viene indirizzato verso il privato con un rimborso parziale della prestazione, che implicitamente aumenta i propri profitti. Questi sono eventi negativi che spesso guastano i rapporti tra utenti e operatrici. L’utenza frustrata talvolta si rivolge alle operatrici con parole intrise di rabbia. Esse non hanno modo di difendersi. Possono solo contare sulla propria pazienza e maturità per non subire il malcontento. Tuttavia, accade che l’operatrice, esausta dalle urla indignate e dai turpiloqui di alcuni, controbatta alle offese. Allora, ecco che iniziano le segnalazioni, i richiami, le sanzioni. Una situazione inaccettabile.
Le operatrici si adoperano in un contesto pubblico che è diventato malsano dal punto di vista professionale e umano, e lo diventerà ancor di più se questa vicenda non dovesse concludersi per il meglio. Non oso immaginare i disservizi se il CUP dovesse essere portato fuori regione, disperdendo così le sue preziose professionalità. Questi verranno pagati a caro prezzo dalla popolazione. Gli stanno togliendo a poco a poco il bene più prezioso: la salute.
Tutto ciò è colpa di un sistema politico ed economico colluso con logiche privatistiche che badano solo al profitto. Una colpa che ben si distribuisce tra i vari fronti politici succedutisi al governo della Provincia negli ultimi decenni.
Adesso, questo sistema vorrebbe rimodellare le esistenze anche dei lavoratori e delle lavoratrici del CUP. Per questo spero che la protesta continui sino all’accoglimento delle istanze degli scioperanti. Il fallimento sarebbe soltanto l’ennesima sconfitta della società Trentina. Se accadesse ciò, credo che dovremmo mettere la parola fine alla solidarietà umana oltre che alla nostra pianificata quotidianità.
Nicola Messina
Operatore CUP, iscirtto USB