Nuova indagine della Procura di Milano su una presunta truffa al San Raffaele. L’accusa, scatenata da una lettera anonima, colpisce i primari e non di molti reparti per interventi effettuate dal 2011 al 2013. In sostanza si imputano a chirurghi e anestesisti di aver falsificato i registri che certificano la loro presenza in sala operatoria. Presenza che comporta un emolumento. Una truffa valutata ben 29 milioni di euro. L’USB del San Raffaele sostiene che proprio in quel periodo si è aperta la crisi dell’ospedale con la fine della direzione di don Verzè, il fondatore e padre padrone dell’ospedale, il passaggio prima alla gestione vaticana e poi a quella rotelliana che vige tuttora. La soluzione secondo i nuovi proprietari prevedeva, tra l’altro, esuberi per 450 tra infermieri, tecnici e amministrativi depauperando il patrimonio di conoscenze dell’ospedale riconosciuto come eccellenza a livello mondiale. Già allora i lavoratori e USB avevano ribadito che la soluzione era invece quella di assumere per mantenere gli alti livelli propri dell’istituto. E lo ribadiscono ancora oggi. Lavoratori che seguiranno l’evoluzione della vicenda giudiziaria perché ancora una volta non siano i pazienti e i lavoratori a pagarne le conseguenze.
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