Mercoledì 12 giugno 2019, intorno alle 6,30 presso l’aeroporto di Malpensa, è morto un lavoratore di 49 anni schiacciato da un muletto (così si apprende dalle prime dichiarazioni) all’interno di un magazzino del Cargo.
Alle ore 11.30 circa un altro lavoratore, di una società che svolge attività di handling, è stato colpito da un malore sul piazzale degli aeromobili e ha perso la vita a seguito di un infarto (il lavoratore, con problemi cardiaci diagnosticati aveva già chiesto di non essere impiegato in piazzale). Solo pochi mesi fa, sempre in piazzale, la stessa sorte è capitata ad un altro lavoratore.
I due lavoratori di 49 e 54 anni si aggiungono alla lista dei caduti sul lavoro, alimentando una statistica che definire tragica è un eufemismo.
1133 sono state le vite umane che il lavoro si è preso nel nostro Paese nel 2018 (il 10% in più rispetto all’anno precedente), vite donate da chi ogni giorno si sveglia per poter garantire il sostentamento (spesso con grosse difficoltà) per sé e la propria famiglia, con lavori spesso logoranti, sottoposto a ritmi usuranti e sempre più serrati ed a rischi sempre più elevati. Il primo trimestre del 2019 vede ancora il numero dei morti in aumento rispetto il 2018.
Vittime sacrificali di un sistema che vede, anche nel Trasporto Aereo, grazie alla liberalizzazione del mercato e alla mancanza di regole, i datori di lavoro motivati dal profitto venire meno alla basilare attenzione alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Anche nel settore pubblico la situazione non cambia, a causa delle limitazioni alla spesa imposte di fatto dalla UE.
Un abbassamento vertiginoso degli stipendi e contestualmente l’aumento dei carichi di lavoro e delle turnazioni, la riduzione dei diritti normativi e conseguentemente l’abbassamento degli investimenti sulla salute e sicurezza sul posto di lavoro, l’aumento del lavoro precario e il limitato controllo sulla formazione. È quanto ogni lavoratore vive quotidianamente.
Ciò che è accaduto anche ieri si poteva evitare? Noi crediamo di sì, anzi ne siamo profondamente convinti.
Perché ciò che è successo, come in tantissimi casi analoghi, non è altro che il frutto di anni di provvedimenti volti alla forzata riduzione dei salari e dei diritti normativi, la scarsa formazione, l’aumento degli orari di lavoro e del lavoro precario, riduzioni delle pause fisiologiche che, in un settore come quello del T.A., dove per la maggioranza dei lavoratori si tratta di un lavoro con turni H 24/ sette giorni su sette, in alcune specifiche aree anche sotto le insidie meteorologiche sono dirimenti. Perché spesso anche la manutenzione dei mezzi e delle attrezzature utilizzate non è priorità di tutte le aziende.
USB si farà promotrice della costruzione di una vertenza che coinvolga le istituzioni preposte, le aziende e tutte le Organizzazioni Sindacali per riportare al centro dell’attenzione l’importanza della salute e sicurezza sul posto di lavoro.
USB esprime le più sentite condoglianze alle famiglie dei lavoratori coinvolti.
BASTA MORTI BIANCHE
BASTA MORIRE DI LAVORO!