Si è costituita a Cagliari l’associazione DOSTA, formata da persone di etnia rom provenienti dal campo sulla 554, aperta ad altre associazioni rom e gagè e che ha l’ambizione di estendersi in tutta la Sardegna.
La denominazione Dosta non è stata scelta a caso: una parola che in lingua romanì significa BASTA. E l’associazione si prefigge di dire basta alle politiche di discriminazione, di repressione, di non inclusione che da sempre e dappertutto (tranne rarissime eccezioni) sono state portate avanti nei confronti della popolazione rom. Basta con l’emarginazione, le guerre tra i poveri, le ingiustizie verso chiunque, la xenofobia e il razzismo, le paure e la divisione.
L’Associazione trova assurdo che persone che vivono stabilmente qui da più di 40 anni non possano richiedere la cittadinanza italiana o, peggio, che questa venga negata a ragazzi 18-20 enni con motivazioni burocratiche. Gliela si nega perché risulterebbero dei “buchi di residenza” per alcuni anni, o anche di qualche mese, pur sapendo che ciò è da attribuire alla ottusa intransigenza della nostra burocrazia. Infatti, se lo si volesse, si potrebbero trovare le prove della residenza di questi ragazzi cercando fra i registri scolastici, o negli elenchi delle ASL. Si arriva così all’assurdo di considerare “clandestina” una ragazza di 25 anni nata e cresciuta qui solo per il fatto che non ha i documenti in regola, documenti che nessuno mai le ha concesso!
E dunque quello del riconoscimento della cittadinanza sarà uno dei punti qualificanti e prioritari che si propone questa associazione. Un’associazione che vuole dialogare con le Istituzioni, che non intende essere trattata come marginale o, nella più benevola accezione, alla stregua del “buon selvaggio” disposto a chiedere e al tempo stesso essere grato per le caritatevoli elargizioni ricevute. Dunque un’associazione che si prefigge di lottare per i diritti che tutte le convenzioni internazionali riconoscono loro e che l’Italia ha ratificato per poi disattenderle.
Dosta, malgrado i tagli che le scuole hanno dovuto subire, chiede una politica di integrazione scolastica che permetta ai propri figli di avere un reale diritto allo studio; è altresì cosciente del fatto che una politica di integrazione non può non passare dai banchi di scuola, dal contatto con gli altri bambini ed adolescenti.
Salvatore Drago