Giovedì l’assemblea di Confindustria, con l’insediamento del nuovo presidente, Vincenzo Boccia, ha chiarito le linee politiche del nuovo corso, senza sostanziali novità in realtà, ma con una rinnovata attenzione alla politica.
Il neo presidente infatti ha rimarcato il suo appoggio al governo Renzi a partire dall’incondizionata approvazione delle riforme istituzionali: l’eliminazione del bicameralismo perfetto con il Senato non più eleggibile, la legge elettorale che consegnerà il governo ad un uomo solo al comando, la riforma del Titolo V della Costituzione che darà un colpo al ‘federalismo all’amatriciana’ di rutelliana memoria sottraendo alle Regioni molte delle competenze, come ad esempio in materia di politica ambientale ed energetica e finanche sanitaria.
Naturalmente il suo plauso non si è limitato a questo, osanna particolari sono state rivolte alle altre grandi riforme attuate da questo esecutivo, dal jobs act alla detassazione e decontribuzione dei salari che, i cui benefici per inciso ricadranno per la stragrande maggioranza sulle imprese mentre i lavoratori pagheranno due volte vista la scarsa incidenza sulle buste paghe e l’enorme dimagrimento delle casse dell’INPS.
Sarà un caso che in contemporanea con le richieste del padronato di rendere strutturale questi provvedimenti si sia scatenata un’immane campagna mediatica ed istituzionale sull’insostenibilità dell’attuale sistema pensionistico pubblico e sull’ implosione prossima dell’INPS al fine di promuovere i fondi previdenziali privati.
Sarebbe divertente capire come i precari che nella stragrande maggioranza dei casi arrivano a percepire redditi spesso inferiori alle pensioni minime, possano destinare parte del loro salario alle pensioni integrative!
Questa volta hanno evitato persino di invocare non la guerra all’evasione fiscale e contributiva: un’ipocrisia di meno, considerato che sanno benissimo che il sistema economico italiano è basato per molta parte sull’economia illegale e criminale.
Non poteva mancare l’ennesimo appello alla spending rewiev e cioè ai tagli alla spesa sociale ritenuta ”una mission strategica”.
Dove non hanno taciuto è stato ovviamente sulla questione del rinnovo dei contratti e del salario,a loro giudizio strettamente legati all’aumento della produttività e quindi dello sfruttamento, dell’aumento dei carichi e degli orari di lavoro, Marchionne docet!, e all’effettiva abolizione del contratto nazionale in favore della contrattazione aziendale basata sulla meritocrazia e sugli incentivi, senza tetti di salario e di premi e non per indebolire e frammentare ancora di più l’unità dei lavoratori, per carità! Semplicemente avendo nel cuore il futuro dei giovani e del paese!
Per l’immediato la ripresa dei rapporti con CGIL CISL UIL va di pari passo con la stessa ritrovata sintonia dei confederali ai tavoli con il Governo sul tema dell’occupazione e delle pensioni: vistoso passo indietro di Renzi seriamente preoccupato sia per l’esito delle elezioni amministrative che del referendum istituzionale che consigliano di ritornare a tenersi buoni questi sindacati offrendo loro la carota delle consultazioni.
In Francia l’adozione della loi travail da parte del governo Hollande sta provocando mobilitazioni scioperi generali e di categoria, capaci di bloccare un intero paese anche contro lo stato d’emergenza imposto dopo gli attacchi terroristici; da noi il jobs act, ha rappresentato un importante elemento costituente di un modello sociale che, insieme a tutte le riforme antidemocratiche e autoritarie attuate da Monti a Renzi ma ispirate e pretese dall’Unione Europea, stanno spostando vistosamente i rapporti di forza dalla parte dei poteri forti economici e finanziari, mentre fasce sempre più ampie di popolazione conoscono solo precarietà e povertà.
La soddisfazione di Confindustria è palese, la complicità di CGIL CISIL UIL altrettanto.
E’ veramente arrivata l’ora di rafforzare il conflitto, di generalizzarlo per riconquistare diritti sociali libertà sindacali, fuori dalle gabbie delle leggi antisciopero e del 10 Gennaio, costruendo alleanze con tutti coloro che sono costretti a non programmare né presente né futuro.
Ne abbiamo abbastanza!