Il Governo pensa a misure straordinarie per far fronte alla crisi con ipotesi che riguardano un'ulteriore blocco dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, il prelievo forzoso sui conti correnti bancari, una patrimonale sulla casa, il blocco delle pensioni di anzianità, un piano di dismissioni doloroso e una lunga lista di condoni.
Siamo alla terza manovra in meno di 4 mesi e tutte le previsioni più ottimistiche o meno pessimistiche sull'andamento dell'economia e della finanza in Italia ed in Europa si sono rivelate una bufala enorme.
La crescita non c'è e non se ne vede neanche un seppur minimo segnale e aumenta anche il debito.
La borsa registra ancora minimi storici con altalene di valori, anche sui singoli settori, che evidenziano un'attività speculativa sempre più spinta.
L'inflazione avanza nonostante non ci sia crescita ed il costo del lavoro cresce mediamente della metà, con evidente perdita del potere d'acquisto di salari e pensioni.
Aumenta la disoccupazione, mentre rimane stabile il dato di cassa integrazione e mobilità, che però entro poco tempo potrebbero trasformarsi in nuovi e massicci licenziamenti.
I cosiddetti mercati, cioè chi fa e continua a fare profitti sulla pelle di milioni di persone ridotte alla fame, non cercano la stabilità dei governi e delle borse. Al contrario è proprio dalla instabilità, da loro creata e alimentata direttamente ed indirettamente, che traggono i maggiori profitti.
Quindi non è attraverso misure tendenti a “tranquillizzare” i mercati, come continua a dire qualcuno, che si risolve una crisi che è sistemica, cioè interna allo stesso sistema capitalistico, ma attraverso il cambiamento dei meccanismi stessi che regolano l'economia, cioè del sistema che permette gli squilibri sociali ed economici attuali, che sono alla base della crisi.
Le misure restrittive che si stanno imponendo in tutta Europa, a cominciare da Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna e che presto saranno estese a tutti gli altri paesi europei, non faranno altro che peggiorare la situazione, renderla ancora più instabile e quindi favorire il governo delle banche e della finanza internazionale che ha come unico scopo quello di continuare a fare profitti.
Se non si comprende questo e se non si ricorre a provvedimenti diversi che incidano in modo netto sul sistema economico e lo modifichino in termini radicali ed innovativi, qualsiasi provvedimento colpirà esclusivamente i più deboli, senza produrre alcun miglioramento.
Noi non ci stiamo a suicidarci, non ci stiamo a fare il coro a economisti ed esperti pagati proprio da chi la crisi l'ha creata.
Noi il debito non lo vogliamo pagare, vogliamo che i sacrifici li faccia chi non li ha mai fatti, che ci sia una grande ed incisiva redistribuzione delle ricchezze e del reddito, che i ricchi paghino e che la gente che lavoro sia messa in condizione di vivere in modo dignitoso.
E' urgente reagire, opporsi a questa ossessione e liberarci da questo incubo.
USB, SLAI COBAS, CIB-UNICOBAS e SNATER hanno indetto lo Sciopero Generale di tutte le categorie pubbliche e private per intera giornata del 2 dicembre 2011
contro le manovre del Governo e le politiche dell'Unione Europea che vogliono tutelare le banche e la finanza e far pagare la crisi ai lavoratori ed alle fasce di popolazione più disagiate;
contro il patto sociale e l'attacco ai diritti dei lavoratori;
contro le ultime decisioni del governo contenute nel documento inviato alla Comunità Europea e da essa approvato, che prevedono la conferma delle precedenti manovre del Governo italiano di luglio ed agosto 2011 ed ulteriori misure su licenziamenti, privatizzazioni e peggioramento delle condizioni di lavoro del personale del pubblico impiego e della scuola (anche con l'accorpamento selvaggio degli istituti), compresa la riduzione del personale, la cassa-integrazione, la mobilità obbligatoria e la possibilità di licenziare;
contro l'accordo del 28 giugno 2011 tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, ratificato il 21 settembre scorso, che ha aperto la strada all'art. 8 della manovra del Governo e alla cancellazione dei Contratti nazionali.