«Non ci chiami angeli per cortesia, basta con questi nomignoli. Siamo solo vigili del fuoco... poi, sì, è vero, io mi chiamo Angelo». Angelo sorride. La sala operativa dell'accademia di Coppito è in pieno fermento. Non si ha tregua. «Parli con chi ha il più alto grado in carica, purtroppo non le possiamo dare retta». Il comandante Corsini si avvicina. E' sulla sessantina, un sorriso rassicurante. «Mi dica». Solo qualche informazione. «Per questo allora si rivolga al centro documentazione». Il centro documentazione dei vigili del fuoco è all'interno di un camion di soccorso parcheggiato ai lati dell'enorme piazzale dell'accademia. Accademia che, ora, è diventata il nucleo della gestione dell'emergenza post terremoto. E proprio qui sono riuniti tutti i reparti in azione, dai comandi della pubblica sicurezza a quelli della guardia di finanza, dalla croce rossa alla protezione civile, dagli scout alle associazioni di volontariato, dai carabinieri alla polizia all'esercito fino, appunto, ai vigili del fuoco. Proprio loro. Li abbiamo visti in azione, li continuiamo a vedere in azione, prima a scavare con le mani tra le macerie, ad inerpicarsi su tetti e strutture pericolanti, ad ergere le prime opere di messa in sicurezza di case distrutte; soprattutto, li abbiamo visti salvare, quando è stato possibile, e anche a rischio della propria, vite umane. «Sì, grazie - sorride il capo squadra Maurizio Maleci -. Ma noi ci occupiamo anche di animali, sa. E comunque sembra che i cani ci riconoscano, quando entriamo nelle case abbandonate ci vengono spontaneamente incontro. Naturalmente i nostri compiti - spiega - sono tanti e complessi. Dalla prevenzione all'aiuto effettivo in caso di emergenza. Dalla messa in sicurezza degli edifici al soccorso diretto. Tra questi rientra anche la salvaguardia del patrimonio artistico del paese». Un corpo di meno di trentamila vigili del fuoco si può occupare di tutto questo? «Per cortesia - si schermisce - evitiamo polemiche. Il nostro lavoro lo facciamo con passione». Senza dubbio, sta di fatto che i problemi ci sono. Se si dà uno sguardo oltre frontiera si scopre che solo nella città di Parigi sono operativi ben 16mila vigili del fuoco a fronte di meno di trentamila unità che operano sull'intero territorio nazionale italiano. «E' quello che andiamo ripetendo da tempo - sottolinea Antonio Jiritano, altro vigile nonché esponente sindacale Rdb -. Siamo pochi. E in questo modo l'emergenza non si può gestire». Le denunce pesano. «Abbiamo avuto prima dal governo Prodi, poi dall'attuale una serie di tagli. Ora lavoriamo con il trenta per cento delle risorse che avevamo due anni fa. Sono anni che non si procede ad assunzioni. Senza parlare della paga. Un vigile del fuoco con 22 anni di servizio alle spalle arriva a guadagnare non più di 1450 euro al mese. E il nostro non è esattamente un lavoro da impiegati».«Vuole sapere cosa è accaduto appena scoppiato il terremoto qui a l'Aquila?». Prego racconti: «Abbiamo dovuto far ricorso alle cosiddette colonne mobili, mezzi vetusti mai manutentati. Metà li abbiamo dovuti lasciare in autostrada perché si sono rotti, gli altri vanno sì e no a 40 allora. Se si guarda a quanto è accaduto durante i primi soccorsi per quest'ultimo sisma, si scopre che c'è una falla che va dalle tre e venti (ora della scossa fatale, ndr) alle sei della mattina di lunedì; e sicuramente non per colpa nostra. Semplicemente per colpa del fatto che i vigili del fuoco sono praticamente abbandonati a se stessi. Cerchi di capire. Siamo arrivati sul luogo del sisma dopo tre ore e abbiamo lavorato ininterrottamente per 48 ore di seguito. Non avevamo neppure di che mangiare. Alla fine, fortunatamente, alcuni colleghi della Guardia di Finanza ci hanno portato un panino con la mozzarella. Siamo andati avanti a caffé per due giorni di seguito».
A luglio è stato chiesto un incontro a Maroni, il quale aveva garantito che si sarebbe occupato anche della questione dei vigili del fuoco. Ma, da allora, non se n'è fatto nulla. Ed ora che, purtroppo, è scoppiata questa tragedia, l'attenzione si è inevitabilmente appuntata anche sulla situazione dei vigili del fuoco. «Un altro nostro problema - continua Jiritano - è che, ora, ci vogliono militarizzare. Ma noi ci definiamo il "braccio operativo della gente comune". Non siamo militari. E non vogliamo diventarlo. Vorremmo semplicemente che si riconosca la nostra professionalità».
Professionalità, a dire il vero, sicuramente fuori dal comune. E' anche per questi motivi che è stata inviata all'attenzione del capo dello Stato del presidente del Consiglio, dei presidenti di Senato e Camera, nonché a tutti i gruppi parlamentari, una lettera aperta in cui si denuncia il disagio vissuto da chi gestisce in prima persona l'emergenza e si chiede un incontro. «Scriviamo, si legge nel testo, ad una settimana dal terremoto che ha colpito l'Abruzzo. Vi scriviamo perché abbiamo terminato la prima fase dell'emergenza quella, per intenderci, per cui ci si occupa di salvare vite umane. Ci rivolgiamo a voi, poiché siamo gente del soccorso che, prima svolge con professionalità l'emergenza, poi ci riflette sopra. (...) Oggi ci troviamo con competenze maggiori, uomini, e attrezzature in meno, e in una gravissima situazione debitoria. Nonostante ciò, abbiamo mantenuto il dispositivo del soccorso ad un livello altissimo. (...) Va evidenziato che la parte più gravosa dell'immediato intervento è tutto sulle spalle dei vigili del fuoco, ciò forse è dovuto al fatto che il corpo nazionale è un'organizzazione diffusa su tutto il territorio con orario di lavoro h24. Detto questo riteniamo che la politica debba fare il necessario sforzo a riconsiderare urgentemente l'impostazione di finanziamento del personale. Ma, soprattutto, a ragionare sull'organizzazione che in questi anni si è voluta dare al corpo nazionale, di una struttura ingessata e militarizzata». L'auspicio, ora, è che, dopo l'ennesima drammatica emergenza, i vigili del fuoco vengano ascoltati.
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Castalda Musacchio Coppito (Aq) - nostra inviata