Icona Facebook Icona Twitter Icona Instagram Icona Telegram Icona Youtube Icona Rss

Nazionale Altri comunicati

"NON UN PASSO INDIETRO" LASCIO LA CGIL E ADERISCO ALL'USB

Roma,

Il tenente Giuseppe Di Bello è da anni impegnato contro la distruzione dell'ambiente

COMUNICATO STAMPA

 

Rendiamo pubblica la lettera del tenente Giuseppe Di Bello che da anni conduce una battaglia durissima in difesa del diritto alla salute, alla sicurezza e alla verità sui veleni che inquinano e uccidono. Comunica così di aver aderito all'Usb con la precisa determinazione a proseguire la battaglia.

 

Sulla vicenda giudiziaria del “caso tenente Giuseppe Di Bello” si è detto tanto e si conosce tutto. Si conosce invece molto meno della parte riguardante la gestione amministrativa ovvero il gravissimo ed intollerabile atteggiamento della politica e della dirigenza della Provincia di Potenza che volutamente ha perpetrato per sei lunghissimi anni un'azione mobbizzante, demansionante e discriminante nei confronti di un lavoratore la cui unica colpa è stata quella di salvaguardare e tutelare la propria terra ed i propri cari, messi a rischio da un intreccio politica/affari sullo smaltimento illecito di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi annui. Questi fatti, sono contenuti nelle centinaia di pagine di indagini ed intercettazioni della direzione nazionale antimafia che nell'aprile scorso ha dato origine ai sequestri ed agli arresti e che oggi vede partire il processo a carico di manager ENI e funzionari regionali, dell'Arpab e della Provincia, in un contesto di associazione per delinquere finalizzato a far risparmiare oltre 100 milioni di euro l'anno per smaltimento illecito di rifiuti pericolosi.In questo quadro ho deciso di aderire al Sindacato USB che mi ha inserito nel Coordinamento Regionale della Basilicata. Oltre alla condivisione del progetto generale del sindacato, l''ho fatto per due specifici ordini di ragioni: il primo è la sensibilità espressa dall'USB nel processo “ambiente svenduto di Taranto” dove USB ha chiesto ed ottenuto di essere parte offesa. La seconda ragione invece è legata alla mancata applicazione sui posti di lavoro delle leggi a tutela dei lavoratori dal mobbing, al demansionamento, alla discriminazione. Le leggi esistono già ma incidono poco o non incidono affatto anche su questioni di dominio pubblico ed anche in situazioni dove è evidente e palese la disparità di trattamento nei confronti di chi ha inteso difendere la gente ed il territorio nel rispetto dell'art. 32 della Costituzione Italiana e della Convenzione di Aarhus di Copenaghen, relativamente a chi invece a vario titolo è sotto processo per disastro ambientale, concorso esterno in associazione mafiosa, peculato, abuso d'ufficio ed altro ancora. Tutto questo e le disparità che si producono nei singoli luoghi di lavoro, derivano dalla contraddizione tra le altisonanti normative contro il mobbing, il demansionamento e la discriminazione e l'effettiva applicazione di queste leggi sui luoghi di lavoro. Controlli mai realizzati, scarsa attività sindacale che sarebbe invece necessaria per controbilanciare il potere esercitato dalla politica attraverso i legali rappresentanti degli enti posti a capo delle singole Amministrazioni. In assenza di denunce sindacali pubbliche e di azioni legali nei palazzi di giustizia resta impossibile individuare le responsabilità di chi utilizza il potere non per il bene collettivo ma per finalità diverse e contrarie alla legge.Per queste ragioni ho deciso di lasciare la Cgil e di aderire al sindacato USB. Non solo per essere tutelato dinanzi al giudice del lavoro, dopo sei anni nei quali la mia dignità di lavoratore è stata più volte oscurata dal fango creato ad arte da quanti sono oggi sotto processo per gravi reati, ma anche e soprattutto per una questione di carattere generale. Ritengo infatti gravissimo ed intollerabile l'arbitrio, l'artifizio ed il raggiro come sistema per gestire dipendenti scomodi di cui, per ovvie ragioni di opportunità, è stato deciso l'allontanamento illegale dalle proprie mansioni e dai propri compiti.      

Giuseppe Di Bello