In risposta ad un comunicato sindacale inviato da questo sindacato nel merito del nuovo CCNL – Contratto collettivo nazionale di lavoro, la struttura CGIL dell’Università di Trieste ha replicato affermando – da un lato – di concordare con le osservazioni sull’aspetto salariale del nuovo contratto.
Dall’altro, affermando che la critica USB sulla parte normativa del contratto sarebbe “imprecisa o non corretta”, con l’effetto di ”diffondere il panico” fra i colleghi.
In primo luogo, USB è lieta che anche la CGIL concordi sulla repressione salariale in atto da diversi anni su tutto il pubblico impiego (e non solo) e sulla evidente e completa inadeguatezza dell’aumento concordato.
Per quanto riguarda l’aspetto giuridico del contratto, questo sindacato inizia dalla più importante critica: le visite mediche e le terapie necessarie a tutela della salute della lavoratrice e del lavoratore:
1) Con il precedente contratto quando un dipendente contrattualizzato dell’Università di Trieste doveva sottoporsi a cicli di terapie (sulla base, vale la pena ricordare, di una preventiva verifica condotta da un medico del servizio sanitario nazionale) oppure ad una visita medica, l’intera durata dell’assenza era imputata al periodo massimo di malattia, vale a dire per una durata massima di 18 mesi (art. 35, I comma del CCNL 2009/09), non 18 ore come sarà con il nuovo contratto (vedi l’art. 50, I comma nel testo pubblicato dal Governo nel sito dell’ARAN).
2) Per quanto riguarda la retribuzione durante le predette visite mediche, terapie e così via, il precedente contratto (art. 35, 8° comma del CCNL 2006/09) prevede quanto segue:
“Il trattamento economico fondamentale spettante al dipendente assente per malattia è il seguente:
a) per i primi 9 mesi di assenza, il trattamento economico fondamentale di cui all’art.83 [in buona sostanza, l’intera retribuzione escluse le indennità collegate alla presenza effettiva in servizio n.d.r];
b) 90% della retribuzione di cui alla lettera a) per i successivi 3 mesi di assenza;
c) 50 % della retribuzione di cui alla lettera a) per gli ulteriori 6 mesi del periodo di conservazione del posto previsto nel comma 1“.
Pertanto, per noi di USB è pacifico che il precedente contratto applicato dall’Università di Trieste conteneva in sé un elemento di maggior tutela a difesa del diritto alla salute, costituzionalmente previsto (18 mesi contro 18 ore).
Seconda questione: fondazioni\società private\baracconi privati vari
Il nuovo contratto non ha previsto alcuna contrattazione integrativa sulla questione.
Avrebbe potuto\dovuto prevederlo ma l’accordo con il Governo è stato in un'altra direzione:
tutta la correlabile materia (trasferimenti soprattutto) è rimessa al <confronto> fra le parti.
Così è previsto dall’art. 41 del nuovo contratto che – alla lettera – distingue alcune materie soggette a contrattazione integrativa (vedi il 3° comma del citato articolo 41 reperibile sul sito dell’ARAN) ed altre soggette al più semplice “confronto” (vedi il 6° comma di quell’art. 41), con ciò rendendo più difficoltoso aumentare gli spazi interpretativi a tutela del personale.
Terza questione: il cosiddetto <welfare aziendale>
Ricordiamo il cuore della critica rivolta da USB: ammesso e non concesso, il <welfare aziendale> dovrebbe essere un qualcosa di più e non sostituire le prestazioni pubbliche dovute dallo Stato in applicazione dei principi della Costituzione.
USB critica che i sussidi in argomento tolgano risorse per gli aumenti in busta paga, vale a dire che i sussidi siano diventati una parte del rinnovo del contratto con il Governo.
Agli amici della CGIL diciamo che è verissimo: i figli sono tutti uguali; sono i genitori a non esserlo!
Alcun dipendente contrattualizzato può vantare 45 anni di servizio senza neppure una assenza registrata nel proprio stato matricolare e in procedura stipendi.
Per i ricercatori e i professori è possibile affermare, senza tema di smentita, che l’eterna presenza sia la regola (fatto salvo le poche lodevoli eccezioni).
Come pensate faranno ad andare a prendere i loro figli ammalati in asilo o a scuola?
Come faranno a fornire loro assistenza quando vivono sulla loro pelle una grave disabilità in famiglia?
Come faranno a curarsi di loro quando il proprio compagno\marito, compagna\moglie non può?
TUTTI noi contrattualizzati sappiamo – per obblighi di legge e di contratto – quello che dobbiamo fare:
chiedere un permesso, timbrare, recuperare le ore perse se non abbiamo più permessi retribuiti oppure subire il taglio del proprio salario, sottoporre il figlio a visita medica collegiale ai fini del riconoscimento delle garanzie (troppo poche) previste dalla L. 104/92 e così via.
Ad una nostra collega con il figlio affetto da sindrome di down, i medici avevano imposto la rivedibilità… una tristezza che i “dipendenti in regime di diritto pubblico” (ricercatori e professori) non conoscono perché non devono chiedere alcun permesso (lo ripetiamo: salvo poche e lodevolissime eccezioni).
Per questo, anche a parità di reddito, un dipendente contrattualizzato versa in una situazione di maggior difficoltà di un professore universitario ovvero di un ricercatore.
Per loro non ci sono 18 ore retribuite e poi niente stipendio!
Le differenze, sociali, economiche, reddituali, di prospettiva di carriera, di tutela della salute e della famiglia, di ordinamento giuridico ci sono ancora e nei casi ricordati sono ingiustificabili ed immotivate, talvolta non legittime.
Almeno non finanziate i sussidi per i professori con i soldi sottratti agli aumenti contrattuali del personale contrattualizzato!
Un saluto,
Firmato:
Il coordinamento USB Pubblico Impiego dell’Università di Trieste