Il Decreto legislativo 27 ottobre 2009 n.150, di attuazione della legge delega n.15/2009, è in vigore dal 15 novembre 2009.
Si realizza, quindi, il decantato piano industriale della pubblica amministrazione: in realtà, si costruisce un apparato pubblico totalmente subordinato al controllo del governo e gestito in modo autoritario.
SALARIO: sempre meno legato alla prestazione lavorativa e alla professionalità posseduta. La parte fissa è destinata a subire diversificazioni a causa di federalismo e gabbie salariali. La parte variabile sarà sempre più dipendente dalla relazione con il dirigente, a valutazioni esterne e senza controllo.
FASCE RETRIBUTIVE E PROGRESSIONI DI CARRIERA: una forma di crescita professionale e salariale che viene, di fatto, abolita e sottoposta a procedure concorsuali per accedere alle quali bisogna aver avuto valutazioni positive, ma da chi?
MERITOCRAZIA, PREMI, VALUTAZIONE: una valutazione fatta da soggetti esterni, senza contraddittorio e con scarsi riscontri oggettivi, attraverso una logica meritocratica che divide i lavoratori in liste di buoni, di quasi buoni e di cattivi. A seconda della lista in cui si viene collocati si acquisisce o meno il salario di produttività. La discrezionalità nell’erogazione trasforma il salario di produttività in premio per chi lo percepisce, mentre crea delle vere e proprie liste di proscrizione per chi sarà valutato negativamente e quindi non percepirà alcunché.
MATERIE DI CONTRATTAZIONE: praticamente inesistenti. Questo decreto è lo sviluppo del memorandum sul Pubblico Impiego firmato da CGIL, CISL e UIL con il governo Prodi, che conteneva gli stessi principi al suo interno. Impedire la contrattazione, accorpare senza logica i comparti equivale ad un vero e proprio colpo di stato che colpisce la democrazia sindacale e le libertà individuali e collettive.
CODICE DI DISCIPLINA: è un regolamento militare, senza garanzie e senza possibilità reale di contraddittorio che ha lo scopo di intimidire e accompagnare la totale flessibilità dei lavoratori alle politiche pubbliche del governo.
DIRIGENZA: l’unico vero potere che gli viene riconosciuto è quello disciplinare, il resto è sottoposto a soggetti esterni alla pubblica amministrazione. Un quadro intermedio la cui autonomia è quella di scodinzolare alla mensa del governo e abbaiare ai lavoratori, i cani da guardia di una amministrazione subordinata alle esigenze finanziarie e funzionali dell’industria.
RAPPRESENTANZA SINDACALE: sembra paradossale ma proprio il Ministro che più di altri ha sostenuto di voler attaccare, con l’obbiettivo di ridurne il peso, la rendita di posizione che CGIL, CISL e UIL si sono costruiti nel tempo nella pubblica amministrazione e nel Paese, con questo decreto favorisce il ripristino del monopolio della rappresentanza nel pubblico impiego del sindacato confederale.
CGIL, CISL e UIL: ne hanno fatte talmente tante sulle spalle dei lavoratori che farne un elenco è impossibile e quasi inutile. Appoggio alla riduzione dei redditi reali, sostegno ai tagli alla spesa sociale ed alle privatizzazioni, controllo sociale sui lavoratori, partecipazione al sistema di potere economico (quanti sindacalisti sono, poi, divenuti dirigenti di gruppi industriali e finanziari?), copertura politica alle manovre economiche dei diversi governi. Il decreto Brunetta è figlio della politica sindacale concertativa e collaborazionista di CGIL, CISL e UIL che, negli anni, ha preparato il terreno per quest’ennesimo e rivoltante attacco. QUESTI SINDACATI NON RAPPRESENTANO GLI INTERESSI DEI LAVORATORI.
Occorre, quindi, che i lavoratori si attrezzino per fermare questa deriva autoritaria, in difesa dei diritti soggettivi e collettivi.
Diamo, subito, un forte segnale di opposizione sociale, aderendo alle RdB/CUB (la scheda di adesione è in allegato), per difendere e rafforzare i diritti, il salario e la dignità, al di fuori di logiche concertative e di compatibilità con il sistema.
O con loro, o con noi.