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Pubblico Impiego

OMICIDIO COLPOSO

Roma,

Art. 589 CODICE PENALE

Omicidio colposo

 

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Art. 55 quinquies - Decreto BRUNETTA  
Decreto legislativo di attuazione della legge n°15/2009 in materia di ottimizzazione della produttività  del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

 

 

False attestazioni o certificazioni

1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600.

La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.

 

 

Ne consegue, quindi, che l'omicidio colposo, cioè chi cagiona per colpa la morte di una persona, è considerato un reato meno grave di chi attesta falsamente la propria presenza in ufficio.


Il 9 ottobre 2009, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di attuazione della legge delega n° 15/2009, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Se con la legge 133 abbiamo assistito ad un pesante attacco ai lavoratori pubblici, colpiti nel salario e nei diritti, attraverso le nuove disposizioni sulla malattia, sulla fruizione della legge 104, sul part-time e sul taglio al salario accessorio che ha riguardato, seppur in forma differenziata tutte le Amministrazioni pubbliche, oggi siamo di fronte ad un attacco che, in qualche modo, potremmo definire ancora più grave perché volto a stravolgere totalmente l’attuale assetto della pubblica amministrazione.

Sottrazione di materie alla contrattazione, maggiori poteri alla dirigenza, inasprimento del codice disciplinare ma, soprattutto, l’apoteosi della valutazione, della meritocrazia, della selettività sono gli strumenti che, ipocritamente, si vorrebbero utilizzare per una maggiore efficienza della pubblica amministrazione.

Come avevamo facilmente previsto, l’applicazione del decreto renderà più difficile l’organizzazione del lavoro, innescherà una guerra tra poveri senza precedenti, sottrarrà spazi alla contrattazione sindacale, inasprirà i rapporti con la dirigenza, rendendo più indigenti decine di migliaia di dipendenti pubblici, già costretti a fare i salti mortali per arrivare a fine del mese.

La finalità di tutto questo?

Rastrellare tutte le risorse economiche possibili che, oggi, sono destinate alla fornitura di quei servizi pubblici che costituiscono il livello minimo dello Stato Sociale di cui un Paese civile deve dotarsi, per destinarle ai profitti di banche ed imprese.

Non a caso il decreto è stato salutato dalla Confindustria come una riforma capace di restituire efficacia ed efficienza alla P.A., condizione essenziale per rilanciare la competitività del Paese.

Dimostrare che i lavoratori pubblici sono parassiti e, quindi, inutili; dimostrare che è necessario, per la collettività, a non continuare ad accollarsi i costi di Amministrazioni che non forniscono il servizio richiesto.
Il passo verso la chiusura di uffici, verso la privatizzazione e l’esternalizzazione di servizi, verso il licenziamento degli “improduttivi” è, a questo punto, davvero facile.

I tentativi patetici di qualche organizzazione sindacale di porre correttivi al testo, intervenendo soprattutto sulla composizione delle fasce per l’attribuzione del salario individuale di merito, dimostrano, oltre alla necessità di dover riaffermare il proprio ruolo, l’adesione complessiva al modello proposto dal Ministro che, è bene sottolinearlo, trova fondamento nei contenuti del memorandum, firmato all’epoca del governo Prodi, da  tutte le OO.SS. concertative.

Basta leggere le dichiarazioni di CGIL, CISL e UIL a commento del decreto, per comprendere che, pur nelle sfumate differenze, nessuno ha respinto la filosofia di fondo del Governo, basata sulla premialità e sulla differenzazione tra lavoratori.

E’ del tutto evidente che il sindacalismo di base ha, da solo, il compito di respingere questo ennesimo attacco ai diritti dei lavoratori ed allo stato sociale, facendo comprendere ai lavoratori che cosa accadrà e facendo emergere, a partire dai luoghi di lavoro, tutte le contraddizioni che si verranno a determinare una volta che il decreto troverà concreta applicazione.

In allegato, quindi, vi trasmettiamo una analisi del decreto legislativo attuativo della legge 15/09 mediante una rappresentazione in PowerPoint.

Siamo di fronte ad una vera e propria “controriforma” che va decisamente rispedita al mittente se vogliamo continuare a difendere i nostri salari, i nostri diritti, la nostra dignità.