L'orario di lavoro incide direttamente sulle condizioni di vita dei lavoratori che ne sono interessati. Non dovrebbe pertanto diventare il pretesto per baratti che hai lavoratori poco interessano e ancor meno può diventarlo per decretare la condanna a morte del quadro normativo esistente.
Quello che sta accadendo attorno alla trattativa sull'orario di lavoro della DTP, dovrebbe invitare tutti a riflettere su quale sia la posta in gioco.
Crediamo che la preoccupazione dei lavoratori sia legittima, dover recuperare in giorni diversi le ore non fatte di notte, ad esempio, avrebbe un impatto devastante sulla vita di tutti, ma sappiamo anche che l'azienda non si fermerà all'orario di lavoro, pertanto chiudere gli occhi e lasciare che l'azienda possa affermare il principio che la vede libera di ignorare qualsiasi regola, non ci porterà niente di buono.
Proviamo ad essere più chiari, il fatto che l'azienda faccia delle richieste, oppure imponga delle modalità operative non vuol dire che è nel diritto di farlo, questo è un elemento importante che aiuta a comprendere i risultati che una trattativa come quella sull'orario di lavoro può produrre e sopratutto quali interessi stiano tutelando quei sindacati che non oppongono alcuna resistenza alle continue forzature unilaterali dell'azienda.
Per far comprendere quale sia la materia oggi in discussione proviamo a vedere che cosa l'azienda potrebbe fare nel rispetto delle regole:
può chiedere (grazie ad un contratto infame, non lo ripeteremo più ma almeno una volta andava detto) la distribuzione delle due ore in più e se ha bisogno di modificare l'orario di lavoro in mancanza di un accordo può traslare di un ora al massimo, l'orario sul nastro lavorativo. Questo vuol dire che se ad esempio l'orario di lavoro attuale, che è quello da cui si parte, fosse 8 – 12, 13 – 16,36, potrebbe essere spostato in avanti o indietro per non più di un ora e potrebbe diventare magari 7.35 – 12, 13 – 16,11 se l'azienda valutasse di utilizzare questa opportunità per un periodo di 25 minuti. Il tutto una sola volta l'anno senza poter modificare la pausa pranzo.
In compenso non potrebbero neanche richiedere quelle prestazioni notturne per cui vogliono farci recuperare, come del resto non possono sostenere che l'accordo sul “blocco invernale” non è più valido.
Per essere ancora più chiari, sarebbe come se l'azienda potesse chiedere 1, ma chiedesse 15 e i sindacati alla fine concedessero12. Scusate, ma il guadagno per i lavoratori dov'è? A chi serve farci credere che l'azienda può chiedere 15?
Di considerazioni se ne potrebbero fare tante, ma ci ha incuriosito un piccolo giallo. Mercoledì 21 novembre è circolato un volantino firmato da FIT CGIL*, FIT CISL, UILT, OrSA, UGL e FAST, che ribadiva alcuni concetti e anche se riteniamo inspiegabile il perché abbiano tanta reticenza nell'affermare che le azioni unilaterali dell'azienda sono illegittime, ne avevamo apprezzato la scelta di riconfermare almeno alcuni punti condivisi anche con noi nel corso del confronto.
Giusto il tempo che qualche dirigente (aziendale?) vi scoprisse elementi non graditi ed ecco che quel volantino è stato misteriosamente cambiato inserendovi un impostazione più gradita all'azienda. Abbiamo apprezzato l'immediata presa di distanza della UILT che ha ribadito con un altro comunicato i contenuti della stesura precedente e ci aspettiamo per questo, coerenza al tavolo di trattativa.
Più preoccupante il ruolo che sembrano voler giocare FIT CGIL e FIT CISL che tra ristrette e atti di piacioneria sembrano propensi a garantire all'azienda quanto richiesto. Ci farebbe molto piacere che nei fatti sapessero smentirci, l'orario di lavoro incide pesantemente sulle condizioni di vita dei lavoratori e questo per noi è prioritario, ma non è certo speculando sulla paura, che questi sindacati possono rendere più dignitosa una resa che ricadrà pesantemente sui lavoratori.
Un ultima riflessione, sul volantino incriminato i sindacati fanno riferimento ad un detto che recita pressapoco così: non bisogna vendere la pelle dell'Orso prima di averlo abbattuto. Siamo d'accordo, ma visto cosa è successo ad esempio con gli orari degli uffici della DTP di Bologna non vorremmo che per salvare la pelle dell'Orso si scegliesse di vendere quella dei lavoratori. Perchè c'è un altro detto che dovrebbe essere da monito per certi sindacalisti e cioè: che è fin troppo facile fare i “finocchi” col culo degli altri.
Speriamo che il 26/27 novembre diventi l'occasione per cui, almeno per una volta i lavoratori abbiano la priorità rispetto agli interessi di bottega.