L’esecutivo nazionale della Confederazione USB riunitosi il 12.07.2011 ha avviato una riflessione sulla nuova situazione di carattere politico economico che lascia intravedere la ricostruzione di una nuova stagione di larghe intese.
In nome della necessità di risanare le finanze pubbliche assistiamo ad un riposizionamento delle forze di opposizione parlamentare e di tutti i sindacati concertativi che - invece di pretendere che il costo della crisi venga fatto pagare a coloro che in tutti questi anni hanno visto accrescere la loro ricchezza - obbedendo al dictat dell’Unione europea, fatto proprio dal presidente Napolitano, dei mercati e della Confindustria, si sono affrettati a convergere sull’impostazione della pluriennale manovra finanziaria del governo Berlusconi.
Una manovra pesantissima, stimata in 70 miliardi di Euro, che saranno pagati interamente dalle classi meno abbienti:
La riduzione delle risorse economiche destinate agli enti locali determinerà centinaia di migliaia di licenziamenti per il taglio dei servizi sociali, che si aggiunge ai già previsti tagli alla pubblica amministrazione e ai dipendenti pubblici, alla scuola, alla ricerca, alle pensioni.
Come in un film già visto assistiamo alla firma di un accordo tra confindustria e CGIL CISL UIL che ingabbia i lavoratori, ne nega il legittimo desiderio di decidere e votare sugli accordi, ad una rappresentanza sindacale libera e non subordinata al volere padronale o delle burocrazie sindacali, insomma un nuovo patto sociale che vorrebbe impedire l’esplosione del conflitto a fronte di una manovra economica che colpirà soprattutto i lavoratori i precari ed i pensionati.
A questo nuovo e scellerato patto sociale si accompagna la scelta delle opposizioni parlamentari che invece di rispedire a Berlusconi e Tremonti la manovra economica decidono in nome dell’emergenza nazionale di limitarsi a proporre interventi marginali che non mutano l’impianto antipopolare.
L’esecutivo nazionale - nel sottolineare come queste posizioni confliggano con la voglia di protagonismo che invece si è affermata nelle lotte di questi mesi, negli scioperi e nelle manifestazioni, nelle rivolte popolari, ultima delle quali la Val di Susa, od anche nella partecipazione massiccia ai referendum - ritiene necessario proseguire nelle mobilitazioni mirate a ribaltare l’impianto della manovra economica affinché essa ricada sulle robuste spalle dei capitalisti nostrani e degli speculatori internazionali che lucrano sulla pelle della popolazione, su coloro i quali si sono arricchiti grazie all’evasione ed elusione fiscale, alla detassazione dei grandi patrimoni e alla tassazione agevolata delle transazioni finanziarie.
Allo stesso tempo ritiene necessario incentivare le iniziative mirate a sconfiggere il patto sociale tra CGIL CISL UIL CONFINDUSTRIA, benedetto dal ministro Sacconi in quanto prosecuzione dell’opera di destrutturazione del mercato del lavoro e dei diritti dei lavoratori che lo vede impegnato da anni in prima persona, come promotore di accordi infami come la Legge 30 o il Collegato Lavoro ad esempio.
A tal riguardo e con queste finalità l’USB invita i lavoratori del pubblico impiego ad aderire allo sciopero di due ore proclamato per il giorno 15 luglio ed a partecipare ai presidi e manifestazioni organizzati a livello locale. Analoghe iniziative e proclamazioni di sciopero sono peraltro annunciate in varie aziende del settore privato.
L’USB nella convinzione che sia assolutamente necessario trovare forme di discussione e di iniziativa insieme a tutto il sindacalismo conflittuale ed ai movimenti sociali che in questi mesi hanno lottato e continuano a lottare contro le politiche liberiste e securitarie, ritiene positivo l’appello lanciato da “Roma Bene Comune” per una riunione nazionale da tenersi il 10 Settembre con l’intento di costruire un percorso di iniziative e di lotta contro il nuovo patto sociale e la manovra economica da 70 miliardi di euro.
L’esecutivo nazionale dell’USB, ritiene che da questa iniziativa possa nascere un percorso certo ed unitario di lotta, fino ad arrivare alla sua logica conclusione ovvero la proclamazione dello sciopero generale che a partire dallo sciopero precario e metropolitano dovrà generalizzarsi in ogni luogo di lavoro.
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Governo, opposizione, Cgil Cisl Uil
Uniti contro la crisi? No grazie, noi non ci arruoliamo!
Ci risiamo, sembra un film già visto, la replica del 1992, quando la speculazione attaccò selvaggiamente l’Italia, il governo Amato in una notte svalutò pesantemente la lira e nei giorni seguenti varò con il consenso di tutti i partiti politici e di CGIL CISL UIL la prima delle manovre lacrime e sangue che consentirono all’Italia, al prezzo di un grave arretramento delle condizioni dei lavoratori, di entrare da subito nell’Euro.
Ma siccome la storia non si ripete mai nella stessa forma ecco che quella stagione , che vide ugualmente il richiamo alla coesione sociale per salvare il sistema accompagnato dagli accordi governo sindacati confindustria del luglio 92 e 93, impallidisce nel confronto con quanto sta accadendo in questi giorni nel nostro paese.
Un nuovo e fortissimo attacco della speculazione, preceduto dalle solite valutazioni delle agenzie di rating, non a caso statunitensi, che sta colpendo tutti i punti deboli dell’area dell’euro, è stata la molla che ha fatto venir meno qualsiasi velleità di antiberlusconismo e ha determinato che tutti accorressero al capezzale del malato, dimenticando le divergenze di ogni ordine, i dissidi, i conflitti passati.
Il governo unico è una realtà di fatto, non importa quali ministri siedano sui seggi, la ricetta è sempre la stessa: paghi chi ha sempre pagato.
Si obbedisce al diktat dei mercati e dell’Unione Europea, il Presidente Napolitano se ne assume la direzione concreta appellandosi con insistenza al senso di responsabilità delle opposizioni e delle parti sociali per salvare il paese.
Le quali opposizioni e parti sociali non si fanno pregare più di tanto, consapevoli che l’aggravarsi della crisi politica e un’eventuale caduta del governo con il succedersi di governi tecnici o transitori non cambierebbe nulla nella loro scelta di sostegno al sistema: niente ostruzionismo in cambio di piccole e insignificanti modifiche alla manovra che deve però restare a saldi invariati, manovra che tra l’altro continua a lievitare di giorno in giorno, arrivando già a tutt’oggi alla ragguardevole cifra di quasi 80 miliardi.
Tutti contenti quindi: Berlusconi che può continuare a rimanere in sella, almeno per ora, l’opposizione che si vede alleviata dell’obbligo di addossarsi il peso della manovra in caso di cambio di governo, CGIL CISL UIL che hanno mantenuto il loro ruolo di guardiani dei lavoratori e si vedono riconosciuto il monopolio della rappresentanza e del potere contrattuale sancito con l’accordo del 29 Giugno scorso.
Meno contenti coloro i quali dovranno pagare i costi del risanamento dei conti pubblici per più motivi:
- con un debito pubblico pari al 120% del PIL, con gli interessi sul debito in salita ( la differenza attuale tra i tassi di interesse sul debito pubblico tedesco e quello italiano già costa 5 miliardi in più l’anno, destinati a salire se tale differenza si confermasse nel tempo) e la crescita bloccata non si vede come le finanze pubbliche possano essere risanate nel giro di tre anni se non al prezzo di ulteriori pesantissime manovre.
- gli effetti dell’attuale manovra economica si concretizzeranno nei prossimi anni. Il taglio di 5 miliardi effettivi nei trasferimenti ai Comuni produrrà una drastica diminuzione/eliminazione di gran parte dei servizi pubblici legati al welfare locale: dall’assistenza agli anziani e ai disabili, dagli asili nido alle attività sociali, dall’abbandono dei programmi di edilizia popolare alla chiusura dei cantieri per le opere pubbliche e soprattutto riprenderà vigore il disegno di privatizzare quel che resta delle aziende e del patrimonio pubblico. Taglio dei servizi, mobilità ed esuberi tra i dipendenti, licenziamenti per i precari e per chi opera in società e cooperative d’appalto.
- altrettanto dolorosi i tagli, cui si accompagnerà l’aumento delle tasse locali, destinati alle regioni con i già annunciati ticket sanitari e ulteriori riduzioni dei servizi sanitari.
Insomma un quadro devastante, una manovra che scarica tutto il peso sui lavoratori e sulle classi sociali più disagiate mentre risparmia gli evasori, la casta politica, i grandi patrimoni, la speculazione evitando di aumentare la tassazione sulle rendite e sulle transazioni finanziarie, la cui approvazione viene garantita in anticipo in nome della ‘coesione nazionale’, che vede tra gli attori protagonisti CISL UIL e anche quella CGIL che nei mesi passati aveva assunto le false vesti di oppositrice al governo e alle sue misure per poi dismetterle appena si è sentito l’odore della crisi di Berlusconi e del possibile cambio di governo.
Noi non ci stiamo, come non ci stanno le migliaia di donne e uomini, giovani, lavoratori pubblici e privati, precari e disoccupati, precari e semplici cittadini che in questi mesi hanno riempito le piazze, e le urne, per dire no alla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici, per non tornare al nucleare, in difesa dei propri territori contro le devastazioni ambientali e la speculazione edilizia per rivendicare un uso sociale dei beni e degli spazi pubblici, contro Marchionne e la Confindustra per un lavoro dignitoso senza ricatti, contro gli spiriti selvaggi di un modello capitalistico che nessuno è più in grado di controllare.
Le politiche di subordinazione di CGIL CISL UIL, il nuovo patto sociale da essi costruito, di fatto rappresentano il corollario indispensabile alla nascita del governo unico e propedeutico, in attesa che gli eventi facciano uscire di scena un Berlusconi e una classe politica impresentabile e inservibile, ad un deciso cambiamento degli equilibri politici.
Scelte che continueranno a determinare impoverimento dei settori più deboli della società, compresi i lavoratori dipendenti, ma che non colpiranno né gli imprenditori, né gli speculatori di ogni risma, né le banche, né le altre istituzioni finanziarie, che continueranno a macinare profitti come hanno fatto anche in questi anni di crisi economica anche a costo di mandare falliti interi stati, come è successo in Grecia.
L’approvazione della manovra in pochi giorni non significa la fine del conflitto né delle lotte.
Per parte nostra non ci sottrarremo al compito di contrastare in tutti i modi possibili le conseguenze di questa manovra, contribuendo a costruire in ogni città, in ogni territorio la più ampia unità possibile ma nella chiarezza degli obiettivi e con la scelta degli alleati giusti.