La Presidenza del Consiglio dei Ministri con circolare n. 9 del 30/06/2011 si è espressa, con enorme e incomprensibile ritardo, sulla problematica della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Dopo oltre un mese dal fatidico 23 maggio 2011 «... si è ritenuto comunque di fornire delle indicazioni alle amministrazioni, al fine di orientarle nella gestione del contenzioso e nella definizione dei rapporti ancora non esauriti». Meglio tardi che mai anche se non va bene fornire gli «indirizzi applicativi» ex post, senza riaprire i termini scaduti e limitando le indicazioni soltanto ai «rapporti non ancora esauriti»! Se lo scopo di tali definizioni è quello di evitare il contenzioso connesso all’applicazione della normativa contenuta nell’art. 16 della legge 183/2010, non si capisce la mancata riapertura dei termini, considerato che c’è ancora tempo per adire le vie legali.
In realtà la circolare n. 9/2011 ha il solo fine di fornire una copertura alle Amministrazioni e punta a scoraggiare ulteriori contenziosi e – come affermato fra le righe – «limitare il rischio di pronunce giudiziali sfavorevoli all’amministrazione». Inoltre, si ammette che la limitazione di questo diritto fondamentale è «motivata da stringenti vincoli finanziari». Viva la sincerità e viva la contraddizione, dato che negare il tempo parziale rappresenta un costo maggiore che concederlo.
Il diritto al part-time si fonda sull’art. 1, comma 58, della legge 662/96 che prevedeva la automatica trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, entro sessanta giorni dalla domanda. Il rapporto di lavoro a tempo parziale rivestiva dunque la natura di diritto soggettivo, la cui concessione poteva essere posticipata per un tempo massimo di sei mesi.
Per arricchire il quadro normativo occorre richiamare la Direttiva europea UE 97/81 del 15 dicembre 1997, che intende eliminare gli ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare la possibilità di lavoro a tempo parziale e stabilisce inoltre la necessità di «adottare misure volte ad incrementare l’intensità occupazionale». Rispetto a queste precise indicazioni la legislazione italiana s’incammina su tutt’altra via. La circolare della Funzione Pubblica riconosce che gli attuali «interventi normativi sono motivati dagli stringenti vincoli finanziari ed ... in quest’ottica si pone, in particolare, la scelta normativa di prevedere in via eccezionale un potere di revisione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle amministrazioni». In tal modo si calpesta perfino il principio della gerarchia delle fonti!
L’art. 73 della legge 133/2008, aveva già apportato consistenti modifiche alla normativa precedente, avviando quell’inesorabile processo di grave limitazione del diritto a un rapporto di lavoro a tempo parziale. Il diritto soggettivo conquistato nel lontano 1996, diviene un privilegio, negato o concesso per porre i lavoratori in una condizione di difficoltà o ricattabilità.
L’art. 16 del c.d. «collegato lavoro» (legge 183/2010) ha concesso alle amministrazioni pubbliche la possibilità di rivalutare, e se nel caso di revocare la concessione di un contratto di lavoro a tempo parziale vincolando tale «verifica» al solo generico «rispetto dei principi di buona fede e di correttezza». Il Legislatore Italiano e le Amministrazioni che tra l’altro hanno applicato la norma interpretandola restrittivamente si pongono in netta contrapposizione al favor scelto dalla Normativa Europea in materia di lavoro a tempo parziale. In tal senso ha sentenziato il Giudice del Lavoro di Trento con Ordinanza del 4 maggio 2011. A nulla serve la demagogica affermazione secondo cui: «… la gravosità del potere accordato dalla legge richiede certamente una particolare attenzione nel momento del suo esercizio. In base alla norma, il mutamento delle condizioni del rapporto di lavoro avviene quindi a seguito dell’adozione e comunicazione di un atto unilaterale da parte dell’amministrazione datore di lavoro, non essendo necessario il consenso del dipendente ai fini del perfezionamento di un contratto.
Dato il carattere di specialità della disposizione, l’esercizio della facoltà è stato delimitato entro un definito arco temporale. Pertanto decorso questo termine, secondo il regime generale, un eventuale modifica del rapporto di lavoro richiede comunque l’accordo tra le parti» (sic!).
La contraddittoria circolare termina con disposizioni condivisibili, ma demagogiche e tardive: «affinché l’amministrazione possa compiere una valutazione ponderata, ciò comporta, innanzi tutto, un contraddittorio con il dipendente interessato, dal quale emerga l’interesse dello stesso ... Nell’operare la revoca, inoltre, pur non ricorrendo le situazioni particolari oggetto di specifica tutela, l’interesse del dipendente al mantenimento del rapporto part-time va tenuto in considerazione anche verificando la fattibilità di soluzioni alternative alla revoca dello stesso, ad esempio, valutando la possibilità di spostamento dei dipendenti tra servizi in modo da soddisfare il fabbisogno dell’amministrazione e le esigenze degli interessati».
Il contraddittorio con il dipendente interessato, la mobilità interna all’Ufficio per soddisfare il fabbisogno dell’amministrazione e le esigenze degli interessati? E dove tutto questo non c’è stato? E’ troppo tardi o si riapre la partita? Anche perché la stessa circolare in chiusura rammenta che: «Le amministrazioni, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale, devono stabilire in maniera generale i criteri di priorità e la graduazione fra gli stessi, tenendo conto delle previsioni legali e di contrattazione collettiva ...». Non ci risulta che le forme di partecipazione sindacale siano state rispettate, a meno che per forme di partecipazione non debbano considerarsi i pochi, inutili passaggi negoziali di sola informazione. E non c’è stato nemmeno il contraddittorio con i lavoratori, a meno di non considerare tale il tentativo squallido e vergognoso di far passare le revoche per atti volontari dei lavoratori. Nel nostro comparto (Agenzie Fiscali, ndw), purtroppo hanno avuto il coraggio di fare anche questo!
a cura di Michele Natale (USB Agenzie Fiscali Puglia)
.
Così viene presentata la circolare sul sito InnovazionePA della PCM
Pubblico impiego: circolare di Brunetta, Carfagna e Giovanardi sul lavoro part-time
Il ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione Renato Brunetta, il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna e il sottosegretario con delega alle Politiche per la famiglia Carlo Giovanardi hanno sottoscritto ieri una circolare rivolta a tutte le pubbliche amministrazioni in tema di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale per i pubblici dipendenti. Con la circolare vengono forniti indirizzi e raccomandazioni sulla trasformazione del rapporto sia per l'applicazione della disciplina a regime (innovata dal decreto legge n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008) sia per la gestione della fase transitoria (regolata dall'art. 16 della legge n. 183/2010, il c.d. "collegato lavoro"). In particolare, quest'ultima norma ha previsto, in sede di prima attuazione, la possibilità per le amministrazioni di rivedere le situazioni di part-time già in essere al momento dell'entrata in vigore del decreto legge n. 112/2008, accordando un potere unilaterale speciale per ricondurre i rapporti a tempo pieno nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.
L'iniziativa per l'adozione della circolare è stata assunta a seguito delle segnalazioni pervenute ai Dipartimenti da parte di dipendenti interessati e di organizzazioni sindacali che hanno denunciato casi di errata interpretazione della norma, con un pregiudizio nei confronti delle lavoratrici, spesso impegnate nella cura dei figli e dei famigliari bisognosi di assistenza. Nella circolare si evidenzia la particolare attenzione che il Governo e le parti sociali stanno dedicando al tema della conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, ricordando come lo scorso 7 marzo sia stata siglata un'intesa dedicata alle "Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro" in cui è emerso il valore comune di una flessibilità family-friendly come elemento organizzativo positivo. La circolare contiene quindi delle raccomandazioni per indirizzare le scelte delle pubbliche amministrazioni nelle eventuali situazioni di contenzioso in essere o in riferimento ai rapporti non ancora esauriti, evidenziando soprattutto i casi in cui i pubblici dipendenti sono titolari per legge di un diritto alla trasformazione (come nel caso dei malati oncologici) o di un diritto di precedenza alla trasformazione (come nel caso di dipendenti che assistono persone disabili o hanno figli minori di tredici anni). Nella circolare viene poi richiamata una particolare attenzione ai principi di buona fede e correttezza, cui la norma transitoria fa riferimento e la cui osservanza richiede l'instaurazione di un contraddittorio con l'interessato nonché la valutazione ponderata dell'interesse di cui lo stesso è portatore, al fine di tener conto delle situazioni sottostanti la trasformazione del rapporto e di quelle emerse e consolidatesi successivamente.