Nel supplemento “Il venerdì” del quotidiano “La repubblica” del 2 gennaio, abbiamo trovato un’intervista ad un tal Tyler Cowen, professore alla George Mason University (Virginia, USA). Il suddetto professore rientra in quella che alcuni definiscono “carin economia”, vale a dire l’applicazione dei principi economici alle cose “leggere”, prosaiche, quotidiane. Interessante. Pareva qualcosa d’innovativo, chissà… Abbiamo presto capito che è sempre la stessa storia: l’opulenza delle classi agiate poggia sulla miseria di molti. Infatti, a pag. 61 dell’intervista, a proposito di un argomento apparentemente leggero come il mangiar fuori, l'agiato professore dice (testuale): “… la disuguaglianza sociale fa bene al menu… Le sbarre alle finestre e il filo spinato intorno a un ristorante sono buoni indizi per capire se lì servono ottimi piatti. Da una parte perché i super ricchi in quel Paese esigeranno un’esperienza straordinaria. Dall’altra perché, costando così poco la manodopera, se ne potrà adoperare di più per … servire ai tavoli con grande dedizione e così via. Per questo i veri buongustai dovrebbero riconsiderare le regioni del mondo con giganteschi gap tra vertice e base della piramide sociale. Nel mio caso le esperienze più esaltanti le ho provate in Messico, India, Haiti (a memoria Haiti è fra i paesi più poveri al mondo ed anche gli altri citati dal professore non scherzano quanto a povertà, violenze e ingiustizie sociali n.d.r.), Brasile”. L’agiato professore spiega anche le sue ragioni sul declino (?) della cucina europea. Provate a fare uno sforzo di fantasia, chiedetevi di chi sarà la colpa secondo il professore? Confrontate ora, la vostra ipotesi, con l’idea del nostro economista: “Il motivo per cui la cucina europea sta cominciando a perdere lo scettro mondiale è perché i salari della manodopera sono troppo alti…” Sembra uno fuori di testa, direte. Provate però a riflettere un po’ sui rimedi anti crisi proposti da maggioranza, opposizione e stuolo d'accademici. Se ricordiamo bene, ci dicono sempre che la colpa è dei lavoratori perché dovrebbero lavorare di più, più ore al giorno, altro che ferie, permessi retribuiti, malattia pagata, altro che domenica libera dal lavoro, BISOGNA LAVORARE DI PIU’ E PER MENO STIPENDIO,’ci vuole rigore per superare la crisi! (e chi non ci sta, vuol dire che non ha voglia di lavorare) Sempre una professoressa universitaria, tale Fiorella Kostoris, consigliere in quota centro-sinistra, pochi anni or sono propose, molto seriamente, la riduzione del numero di giorni di ferie: si avrebbe avuto così un aumento del PIL (Prodotto Interno Lordo).
PAZZO E’ CHI HA PERSO TUTTO, FUORCHE’ LA RAGIONE