Tra le voci del PNRR per le politiche all'abitare e in molti progetti urbani della città di Torino si parla esclusivamente di fondi da destinare all'edilizia sociale. L'edilizia sociale non ha nulla a che vedere però con l'edilizia residenziale pubblica (ERP), cioè con le case popolari. Contrariamente all'ambiguità con cui politici e stampa mainstream ne parlano, questa edilizia, di sociale, non ha nulla: si tratta infatti di progetti abitativi improntati ad un modello temporaneo di alloggio, proposti spesso a chi viene tagliato fuori dall'accesso alla casa popolare, per la quale le liste di attesa sono infinite, e in cui sono coinvolti sia soggetti pubblici che cooperative e fondazioni bancarie come Fondazione CRT e Compagnia San Paolo.
Nei fatti, quello che dovrebbe essere welfare pubblico viene consegnato dalle istituzioni nelle mani di soggetti privati che, con una parvenza di attenzione alle problematiche sociali, possono tranquillamente fare i loro interessi di profitto, mentre il pubblico abbandona la sua funzione di garante del diritto all'abitare.
Come sindacato inquilini abitanti AS.I.A.-USB sono anni che denunciamo la mala gestione del problema abitativo e la sua trattazione in una prospettiva esclusivamente emergenziale che non va a migliorare la condizione dei lavoratori e delle fasce popolari, redistribuendo salario indiretto. Rimettere al centro dell’agenda politica il diritto all’abitare significa garantire a tutte e tutti una casa e non soluzioni tampone, rompendo radicalmente con quelle politiche di favoreggiamento della speculazione edilizia privata che continuano ad essere portate avanti dalle istituzioni pubbliche, sotto la retorica della riqualificazione e rigenerazione urbana.
Sono trent’anni invece che in tutto il Paese, nonostante le centinaia di migliaia di sfratti ogni anno, non viene ampliato il patrimonio complessivo di edilizia residenziale pubblica, portando la media percentuale di case popolari a un misero 3% a fronte della media europea che si aggira sul 30%. Numeri che, se calati sulla “capitale degli sfratti” torinese, riportano un vero e proprio allarme rosso.
Di fronte a quasi 8.000 provvedimenti di sfratto in tutto il Piemonte (esclusi quelli successivi al 31/12/2019), alle numerose richieste di pignoramento (su cui il governo Draghi ha accelerato le procedure invece di finanziare la 199/2008 per permettere agli ex-IACP di acquisire l’abitazione e permettere la continuità abitativa a locazione calmierata) e alle oltre 21mila domande di casa popolare (solo nel periodo 2012-2018 ed escludendo le richieste fatte attraverso il canale dell’emergenza abitativa), Torino continua a rimanere una metropoli assolutamente impreparata ad evitare questo massacro sociale e a garantire strutturalmente il diritto alla casa.
Una condizione talmente critica che ha obbligato persino quegli stessi sindacati concertativi (complici della liberalizzazione dei canoni di locazione e favorevoli agli sgomberi delle famiglie costrette ad occupare in assenza di alternative) a denunciare la mancanza di case popolari.
Con gli ingenti finanziamenti in arrivo dal PNRR, la retorica della mancanza di fondi, dietro a cui per anni tutti i governi, le svariate giunte comunali, regionali ed ATC hanno nascosto le loro responsabilità, è ormai crollata, esplicitando palesemente la loro volontà politica: finanziare solo l’edilizia sociale e svendere l’ERP. Un vero e proprio incentivo a quella stessa speculazione edilizia che è causa del problema abitativo e che, attraverso i social-housing, co-housing, ecc…, ha permesso alle fondazioni bancarie e agli istituti finanziari privati di far enormi profitti sulla vita e sui diritti sociali delle lavoratrici, dei precari e degli inquilini.
Le entusiaste dichiarazioni riguardo alle case temporanee e al sistema dell'housing sociale, da parte dell’assessore Rosatelli a mezzo stampa, ci fa credere che anche per i prossimi anni a Torino si continuerà ad alimentare la stessa politica abitativa che ha portato alla tragica situazione presente. Le continue disposizioni di finanziamento a progetti di edilizia sociale del Terzo settore, come i progetti torinesi del Piano PINQUA che si realizzeranno in palazzine ERP, vanno infatti in questa direzione.
Come sindacato inquilini crediamo che case temporanee, social-housing e sistemi di sicurezza anti-occupanti non sono la soluzione al problema, ma una sua aggravante. Al contrario, servono politiche abitative strutturali che rimettano al centro l'edilizia residenziale pubblica e il diritto all'abitare come welfare pubblico, slegato da logiche di speculazione e profitto privato.
Servono più case popolari, non social-housing e residenze temporanee.
ASIA-USB Torino