50-100 mila volte NO all’aumento delle indennità di carica degli organi di governo dell’Ateneo.
Domani, mercoledì 31 ottobre 2012, il Consiglio di Amministrazione discuterà la ridefinizione delle indennità/compensi e gettoni di presenza degli organi monocratici e collegiali di governo dell’Ateneo.
L’USB (Unione Sindacale di Base), anche facendosi interprete del pensiero di gran parte del personale tecnico-amministrativo dell’Ateneo, è contraria a qualsiasi aumento delle indennità di carica per Rettore, Prorettori, Direttori di Dipartimento e componenti degli organi di governo collegiali (Senato Accademico, CdA, Consiglio degli Studenti, Collegio dei Revisori dei Conti, Nucleo di Valutazione ecc.).
In un precedente comunicato, di cui è stata data ampia diffusione dalla stampa locale, si condannava il tentativo del Rettore di raddoppiare (e raddoppiarsi) le indennità: la sua passerebbe da 50 a 100 mila euro.
Le motivazioni presentate al precedente CdA del 3 ottobre c.a. per giustificare gli aumenti sono pretestuose. Si afferma che, con l’entrata in vigore del nuovo Statuto di Ateneo in attuazione alla legge 240/2010, si determina un carico fortemente aggiuntivo in capo ad un minor numero di persone che compongono gli organi monocratici e collegiali. Per questa ragione si intende rivalutare le indennità di carica dei Direttori dipartimentali, Prorettori e Rettore, utilizzando i risparmi derivanti dallo sfoltimento dei componenti degli organi collegiali di governo, assolti che siano gli obblighi di legge che prevedono una riduzione del 20% circa dei fondi per il funzionamento degli stessi organi di governo e degli apparati amministrativi. Districandosi abilmente fra il risparmio obbligato per legge, la riduzione del numero delle indennità e dei gettoni di presenza, il risparmio effettivo che tali riduzioni comportano, in CdA si tenta il colpo grosso in evidente conflitto di interessi.
In un periodo in cui la situazione economica e sociale italiana è molto grave a causa della crisi sistemica globale, e dal Governo sono costantemente richiesti sacrifici a tutti, gli aumenti di indennità di carica al personale docente dell’ateneo che già percepisce uno stipendio piuttosto elevato è offensivo soprattutto nei confronti di quella parte della popolazione con i redditi più bassi (pensionati precari, lavoratori senza impiego o in mobilità) colpita in modo sempre più pesante dalle misure di austerità.
La motivazione del carico di lavoro “fortemente aggiuntivo” fa a pugni con la realtà che sta vivendo da molto tempo il personale tecnico-amministrativo dell’Università. Il numero dei suoi effettivi è in forte diminuzione e questo ha determinato un carico di lavoro aggiuntivo che non solo non viene in alcun modo compensato, ma si accompagna, come del resto in tutto il pubblico impiego, da una notevole diminuzione del potere d’acquisto dei salari e del valore nominale degli stessi. La riorganizzazione dell’Ateneo a tappe forzate, la chiusura e la riapertura a tempo record dei bilanci dei dipartimenti, il passaggio al un nuovo sistema di contabilità, la riassegnazione degli amministrativi, portata avanti senza criteri oggettivi, ha messo in grande difficoltà tutto il personale dell’Ateneo.
Questo contrasta con il fatto che gli stipendi dei docenti, quindi dei Rettori, Prorettori, Direttori dipartimentali ecc., seppur in modo contenuto, sono costantemente rivalutati, mentre quelli del personale t-a sono fermi dal 2010 e lo rimarranno fino al 2014, e, ciliegina sulla torta, dall’anno prossimo verranno decurtati anche della misera indennità di vacanza contrattuale. Si attende inoltre la “revisione della spesa” specifica per gli atenei che, riparametrando il personale t-a rispetto al corpo docente, potrebbe portare a una consistente riduzione degli organici, con pesanti effetti anche sul personale a tempo determinato.
A fronte del taglio delle risorse destinate all’Università, l’Ateneo pisano ha aumentato di circa 400 euro la tassa d’iscrizione gravando così ancora una volta sui portafogli degli studenti e delle loro famiglie che li mantengono agli studi e che devono affrontare i costi di mancato reddito, del vitto e del caro affitto per quelli fuorisede. La flessione del 7% delle immatricolazioni alle lauree triennali e la riduzione del 50% circa delle iscrizioni degli studenti stranieri che preferiscono gli Atenei di altre città in cui le pigioni sono mediamente la metà di quelle che pagano di Pisa, sono un segnale significativo.
Per questi motivi, al Consiglio di Amministrazione, al Rettore Massimo Augello e ai membri degli organi di governo dell’Ateneo pisano, chiediamo non solo di rinunciare all’aumento delle indennità di carica, ma di ridurle rispetto a quanto oggi previsto, destinando il risparmio alla diminuzione delle tasse universitarie e ai fondi destinati ai servizi agli studenti.