Lo chiamano lavoro flessibile, senza orari, giorni o turni prestabiliti, invece è la nuova frontiera della schiavitù nel mondo del commercio. Sia grandi centri commerciali che piccoli negozi sono a conoscenza della situazione in cui versano questi lavoratori, ma nessuno di loro se ne interessa.
Vestiti di nero, eleganti, per la maggior parte donne, massimo 30 anni. Tutti li abbiamo notati, in un angolo o in un corridoio, sia nei grandi centri commerciali, sia in qualche negozio. Il Sorriso stampato in volto, mentre, cordialmente e con pazienza promuovono un determinato prodotto, magari con un omaggio o con uno sconto. A beneficiare di tale sconto però sono unicamente le agenzie, che gestiscono le assunzioni.
“Promoter ed hostess sono quei lavoratori atipici che compongono lo schiavismo del mondo del lavoro contemporaneo, in particolare nel settore del commercio -ha dichiarato l’Usb Viterbo- questi ragazzi lavorano 8-9 ore al giorno, sempre in piedi, con neanche un’ora di pausa pranzo, per uno stipendio che va dai 40 ai 50 euro al giorno, che divengono 35 se si vive e si lavora nel sud Italia. Coloro che lavorano part time, operano 4 ore al giorno, tutti i giorni e percepiscono fra i 20 e i 25 euro, 30 se l’agenzia è generosa.
La maggior parte lavora a prestazione occasionale, i pochi fortunati hanno un misero contratto a chiamata.
“Il contratto occasionale è solo un tentativo di legalizzare lo sfruttamento -ha continuato il sindacato- spesso i lavoratori svolgono le stesse mansioni degli addetti vendita, vengono, però, chiamati all’ultimo momento, senza la possibilità di rifiutare o rimangono senza lavoro per mesi. Non esistono delle regole fisse sul tipo di incarico da svolgere, i lavoratori vengono così impiegati in mansioni che non toccherebbero loro, senza una valida formazione, ne alcuna tutela. In questo modo, sono esposti continuamente agli infortuni, anche gravi e hanno solo un accordo verbale di risarcimento. Non vi è alcuna regolamentazione neanche sui tempi di pagamento, che arrivano fino a 90 giorni, rispetto alla prestazione effettuata. In molti casi, i dipendenti sono costretti a rincorrere le agenzie, si perdono, però, in una ragnatela di appalti, subappalti e continui rimandi, fino a rinunciare allo stipendio, che spetterebbe loro, non sapendo come fare per ottenerlo”.
Il territorio della Tuscia, purtroppo, non si distingue, dal resto d’Italia, riguardo lo sfruttamento. Anzi, nella città di Viterbo, il 90% dei punti vendita sottostà agli accordi firmati dalle direzioni centrali e si disinteressa completamente delle pessime condizioni lavorative e, conseguentemente di vita, in cui questi lavoratori sono costretti a sopravvivere. La precarietà e lo sfruttamento è ormai il tratto distintivo del mercato del lavoro; per questo, l”Usb Viterbo sta costruendo un nuovo blocco sociale che coalizzi tutti i settori sfruttati e che riesca a dare voce e rappresentanza adeguata a tutte quelle categorie che, ad oggi, sono fuori dal contratto nazionale.
Questo è il progetto della federazione del sociale: il lavoro deve tornare ad essere un diritto, così come previsto dalla costituzione e non l’arricchimento e la speculazione di pochi.