La prima fiducia su un provvedimento il governo Renzi l'ha posta al Senato sulla vicenda del riordino delle Province.
Dal 1° Aprile la Camera dei Deputati affronterà la terza lettura di un provvedimento che è stato ulteriormente rimaneggiato e che – se approvato definitivamente, il condizionale è d’obbligo – potrebbe, come già in passato, essere viziato dai rischi di costituzionalità, peraltro già segnalati nel corso delle discussioni parlamentari.
Prima di Renzi, sia Berlusconi, che Monti, che Letta hanno tenacemente perseguito l’obiettivo di abolire le Province che invece sono ancora là e ancora vi resteranno – seppur ridimensionate nelle funzioni – fintanto che non intervenga una norma di rango costituzionale ad eliminarle definitivamente.
Ma al danno si aggiunge la beffa. Come rilevato nel corso delle audizioni parlamentari (Corte dei Conti e Ragioneria Generale dello Stato) questa riforma non produrrà alcun risparmio, anzi – aggiungiamo noi – aumenteranno i costi della politica per l’incremento dei consiglieri e degli assessori comunali in misura superiore alla riduzione di quelli delle Province.
Troverà quindi compimento sia il disegno massonico ordito da Gelli che l’applicazione concreta del programma per l’Italia contenuta nella lettera di Draghi e Trichet del 5/8/2011.
Ma cosa debbono aspettarsi i lavoratori delle Province e dei Comuni da questa riforma?
I sindacati spazzatura, immuni ad ogni trasformazione, predicano l’assoluto mantenimento delle condizioni di lavoro e di retribuzione, ma sono smentiti sia dal testo del DdL Delrio che dall’accordo che sottoscrissero a Novembre scorso, infatti il futuro vedrà:
- Le retribuzioni accessorie decimate, poiché garantite solo fino al prossimo contratto (che, per inciso, definirà solo la parte normativa);
- I contratti di lavoro precario non rinnovati, poiché garantiti solo fino alla scadenza naturale: quale ente potrà rinnovarli?
- La mobilità forzosa o esuberi, non solo all’interno delle nuove amministrazioni (Città Metropolitane o Unioni dei Comuni), ma anche verso altre amministrazioni dello Stato che si riorganizzeranno in futuro: e qui già scalpitano le prefetture di tutta Italia per riprendersi ruolo e funzioni che negli anni passati erano state progressivamente decentrate verso le autonomie locali.
Ma più di tutto ci chiediamo: dove andrà a lavorare il personale delle attuali Province?
A questo riguardo è stata eloquente la previsione, azzardata, ma che ora sembra rientrata, di un trasferimento delle circa 2500 guardie provinciali verso la forestale (piuttosto che verso i Comuni o verso le Regioni) che concepiva i lavoratori come pacchi da smistare.
Con quale retribuzione?
Quali funzioni (e quale personale) passerà allo Stato o alle Regioni?
Non sarà che in nome della spending review, si vuole far pagare il prezzo più salato proprio ai lavoratori delle Province?
Anche nelle Città Metropolitane e nei piccoli Comuni non andrà meglio. In nome dei risparmi di spesa si strutturano nuovi contenitori che però saranno privati di contenuti.
USB su questo ritiene che se la nascita delle Città Metropolitane, o le fusioni dei piccoli Comuni, o la trasformazione delle Province servissero a migliorare i servizi, a garantire migliori retribuzioni e a stabilizzare posti di lavoro oggi precari, non potremmo che salutare tali innovazioni con piacere.
E’ invece in corso, a nostro avviso, un riaccentramento di poteri nel nostro paese che ha scopi profondamente differenti:
Tagliare la spesa pubblica con riguardo ai servizi resi alla cittadinanza.
Tagliare posti di lavoro pubblico per garantire invece lucrose commesse all’imprenditoria profit e non profit attraverso un nuovo piano di privatizzazione dei servizi pubblici.
Ridurre gli spazi di contrattazione sociale attraverso il ridimensionamento delle autonomie locali, così come dei corpi sociali intermedi (partiti e sindacati) Portare a compimento tutte le riforme in cantiere (legge elettorale, norme sulla rappresentanza sindacale, revisione del titolo V della Costituzione, riforma della magistratura, trasformazione del Senato, etc.) con l’obiettivo di ridurre gli spazi di discussione, di rappresentanza e di democrazia.
Come USB non siamo rimasti a guardare. Già lo scorso 6 Dicembre demmo vita a uno sciopero generale delle Province e proseguiremo nella lotta utilizzando ogni mezzo necessario.
Le nostre prime richieste le andremo a rivolgere proprio al Presidente della Repubblica qualora non svolgesse il proprio fondamentale ruolo di garante della Costituzione, che invece - se il DdL venisse approvato definitivamente - risulterebbe violata, anche in virtù della sentenza della Corte Costituzionale dello scorso 3 Luglio, della violazione della “Carta Europea delle Autonomie”, dell’adesione a trasformazioni dell’ordine costituzionale ispirate da organismi privati (la BCE) o da società segrete (la P2).
Invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici delle autonomie locali a non rassegnarsi alle trasformazioni in essere e a rimettersi in gioco con le iniziative che assumeremo in ciascun posto di lavoro - presidi, volantinaggi, assemblee - per spiegare la pericolosità di quanto sta avvenendo e contrastare il “mantra” della spending review, della falsa lotta agli enti inutili, delle decisioni supreme dell’Unione Europea e quant’altro,
PIÙ FORZA ALLE TUE LOTTE CON USB