Lavoratori e Lavoratrici della Regione Lazio,
abbiamo scelto di usare questo insolito strumento della lettera aperta con l’obiettivo di analizzare, almeno i primi tratti, di questi 5 anni gestiti dal centrosinistra in Regione.
Non ci assoceremo alla schiera di quegli spiriti pruriginosi che, oggi, utilizzano strumentalmente le vicissitudini personali di Marrazzo, ma che hanno taciuto quando denunciavamo il grave deficit di democrazia e l’assoluta mancanza di trasparenza anzitutto nella gestione del personale.
Se è pur vero che stride fortemente il confronto tra le somme che Marrazzo era disposto a pagare per celare le sue vergogne e il rigore con il quale ha richiamato a una politica di risparmi in materia di sanità (ad esempio), pur tuttavia vorremmo richiamare la vostra attenzione sui temi che toccano direttamente il personale della Regione Lazio.
Quello che infatti non quadra nell’amministrazione della cosa pubblica e che pare non faccia scandalizzare alcuno diventa immediatamente esaltato se sono letteralmente messi “in mutande” i politici locali e/o nazionali per le loro vicende private (e legate per lo più alla sfera degli orientamenti sessuali): quegli stessi politici che con il nostro voto contribuiamo ad eleggere!
Così la pubblica opinione si scandalizza per l’intimità di Marrazzo con un/una trans, mentre è risultato del tutto privo di interesse che nel quinquennio di gestione abbia ignorato sentenze del TAR e del Consiglio di Stato con cui il suo predecessore Storace aveva promosso illegalmente un consistente numero di dipendenti al ruolo dirigenziale.
Oppure che abbia del tutto ignorato il rapporto con una organizzazione sindacale come RdB, che raccoglie oltre il 20% dei consensi in Regione, sottraendosi a ogni occasione di confronto, negando diritti elementari (assemblea, stanza sindacale, etc), evitando – per settimane – il rapporto con gli LSU, impiegati nei Comuni,in presidio permanente, che chiedevano certezze per il futuro.
O, ancora, che abbia perseverato nell’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni sebbene avesse all’interno della Regione professionalità utili allo scopo.
E, infine, lasciare inascoltate le nostre critiche rispetto alla gestione della concorsualità pubblica ed interna quando abbiamo denunciato pubblicamente errori, omissioni, lacune e l’assoluta mancanza di trasparenza nella gestione delle procedure selettive (peraltro portata alla ribalta anche dall’allora assessore al personale Di Stefano), nonché lo spreco di denaro pubblico per l’affidamento della selezione a delle società esterne sulla cui competenza ci sia consentito dubitare, o anche quando abbiamo chiesto la bonifica dell’amianto presente nei palazzi regionali.
Questo solo per restare all’ambito interno rispetto al quale Marrazzo e la sua squadra si sono distinti per aver pervicacemente mantenuto saldo un legame politico-sindacal-clientelare, anche ad onta di un decadimento etico e delle relazioni con un pezzo della società cui – nel suo programma – dichiarava di voler dare voce (ricordate certamente gli slogan “nessuno resti indietro!”, “la Regione di tutti!”, “un altro modo di governare”).
Il caso Marrazzo, dal nostro punto di vista, non è altro che l’altra faccia di quanto avviene nel centrodestra, a livello nazionale, con Berlusconi, Brunetta, Sacconi, Gelmini, Tremonti, etc.
Un decadimento totale della funzione nobile della politica cui nessun candidato/a in pectore sembra si sottragga.
RdB pensa che i Lavoratori e le Lavoratrici della Regione Lazio debbano archiviare questo ennesimo capitolo di cattiva politica e guardare con rinnovata convinzione alla legittima pretesa di ottenere rispetto e dignità, equità e diritti, giusta retribuzione, riconoscimento della professionalità all’indirizzo di chiunque sarà il nuovo presidente.