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Relazione Congresso A.Pedrini CUB Informazione

Sirmione,

 

Per l’unità della CUB e per un processo di unificazione del Sindacalismo di base

 

Angelo Pedrini – relazione CUB Informazione – Sirmione 13-14 marzo 2009



La frammentazione del sindacalismo di base è un freno alla crescita di un alternativa concreta al sindacalismo confederale? La risposta non può che essere sì. È un freno. Di conseguenza dobbiamo fare in tempo utile tutto il possibile per trovare le soluzioni più avanzate. Per un rilancio dell’ alternativa sindacale attraverso resistenze, nuove lotte, democrazia e unità  sindacale di base ecco alcune ipotesi per un cambio di linea nella CUB.


Le scelte che abbiamo di fronte dopo 18 anni dalla nascita della CUB sono decisive e sinteticamente sono: la individuazione di punti, proposte e percorsi che facciano uscire dalle attuali 2 e più varianti presenti nella CUB verso una CUB in grado di fare un congresso salvaguardando la legittimità di opinioni diverse, di aprire una fase di unificazione, patti di unità d’azione o federativo con gli altri sindacati di base che tenga conto delle loro disponibilità e di migliorare il funzionamento delle federazioni di categoria e della CUB attualmente troppo verticistico ricercando un originale progetto di funzionamento democratico anche utilizzando al meglio le tecnologie web 2.0.

L’apertura democratica nei confronti dell’intero panorama del sindacalismo di base e/o realtà attive nel campo lavorativo di movimento, ricercando una reale differenza di metodo che potrà contribuire a distinguere finalmente ciò che è il sindacalismo di base e ciò che non lo è.


Il quadro che abbiamo di fronte non è quello degli anni ’80, dove con i Cobas aziendali c’era la possibilità di resistere e nemmeno quello degli anni ’90, dove grazie alla maggiore rappresentatività e alla presenza a livello nazionale si poteva organizzare la nascita di nuovi sindacati (la possibilità di agire la nazionalità e art.28).



L’accordo del ’93, prevedendo l’abolizione della scala mobile, la “possibilità” di legare il salario ai risultati, il rinnovo dei contratti in base all’inflazione programmata, la precarietà, il taglio delle pensioni, i fondi pensione e altro, ha avuto come risultato la situazione che viviamo sulla pelle da tempo.


Dalla crisi non si uscirà mai con più libertà e condizioni migliori, se non avremo la capacità di incidere. E questo può avvenire solo al prezzo di dure lotte, unificando il fronte dei lavoratori e lavoratrici su obiettivi alternativi.


Le cariche delle forze dell’ordine di queste settimane a Pomigliano e alla Innse e nelle scuole possono essere un anticipazione di come il governo intende comportarsi nei confronti delle lotte sindacali. Negli anni ‘50 e ‘60 negli scontri di piazza molti lavoratori subirono la repressione, nonostante allora ci fosse una discreta capacità di resistenza e autodifesa. L’accordo del 22 gennaio 2009 prevede:

- un allungamento della durata dei contratti a tre anni,
- un indice di rivalutazione (Ipca) meno sensibile che produrrà perdite salariali ulteriori,
- il vincolo al salario “solo” variabile per i rinnovi dei contratti aziendali (secondo livello),
- la possibilità di derogare in peggio il contratto nazionale,
- la tregua obbligatoria con sanzioni per chi non la rispetta,
- il tentativo di vincolare la dichiarazione di sciopero ai soli sindacati firmatari a partire dai servizi pubblici ma puntando ad abolire il diritto di sciopero per i lavoratori e/o all’assenso del 51% dei lavoratori per la dichiarazione dello sciopero.


Entro tre mesi si sono ripromessi di riscrivere le regole, e non saranno più democratiche. Già in queste settimane, l’esclusione della Cgil e della Rdb Cub dal tavolo delle trattative di secondo livello negli enti pubblici rappresenta l’applicazione pratica di un modello corporativo che prevede con gli enti bilaterali su tutte le materie (per evitare il conflitto) e che punta al sindacato unico, a cui si dovrebbe essere iscritti per ottenere diritti che oggi sono garantiti dallo stato (come la disoccupazione, la cassa integrazione, ecc.).



Gli obiettivi definiti dalla seconda assemblea dei sindacati di base del 7 febbraio ’09 sono condivisibili, ma per farli vivere nelle lotte dobbiamo riorganizzare le fila e superare divisioni e frammentazioni tra i sindacati di base.


Il patto di base apre una nuova stagione, con attivi unitari intersindacali regionali e con la costruzione di iniziative di lotta: la manifestazione contro la crisi di sabato 28 marzo che vedrà coinvolti molti paesi nel mondo, la giornata del 4 aprile per il superamento della Nato, lo sciopero del 23 aprile e a seguire il G8 e altro.


Siamo dentro un percorso di risposta internazionale alla crisi, ma la questione è se ce la faremo ad essere punto di riferimento per le lotte e con quali risultati pratici per lavoratori e lavoratrici in Italia. Il passaggio dal patto di consultazione permanente al patto di base è un passo avanti. Ma da qui all’unità, quali sono i percorsi possibili? Realizzare unità a tempi variabili con chi ci sta da subito e mantenendo con altri sindacati patti ad hoc o aspettare che i vertici siano tutti convinti? La risposta dovrebbe essere ovvia per i sindacati di base. L’unità tra chi è disponibile oggi, anche voluta dalla base, non dovrebbe essere vista negativamente da chi non è pronto o ha altre ipotesi (e cioè di continuare la sua esperienza).


Preparare le elezioni delle RSU unitariamente con unica sigla, alla Fiat o nel pubblico impiego, non è solo una scelta tattica, bensì può essere il primo passo per un coinvolgimento unitario delle varie realtà sindacali e contemporaneamente prepara la costruzione del nuovo soggetto sindacale. Se non ci sarà il superamento in positivo delle attuali divisioni, verso un congresso che apra alla unità con altre organizzazioni del sindacalismo di base, la CUB continuerà ad essere semi paralizzata e/o con opzioni divaricanti.



È sbagliato affrontare la crisi di crescita della CUB, delle CUB cercando di evitare passi avanti nella fusione delle esperienze presenti (Rdb, Flmuniti e altre categorie). La necessità di evitare doppioni nelle categorie (trasporti, commercio e servizi, sanità, ecc) e la definizione di modelli sperimentali temporanei, (che siano di categoria ed eventualmente solo per le piccole realtà territoriali e/o intercategoriali e che comunque vanno concordati), ci consentono di avviare un percorso condiviso per l’unità della CUB. Anche se va tenuta presente la ipotesi di riduzione del numero dei contratti e che già nel congresso del 2002 si era discusso ad esempio della CUB Industria (meccanici, chimici ecc.) e CUB Comunicazione (informazione, telefonici e postali).



Perciò di fronte alle tensioni tra le varie ipotesi e componenti (Tiboni e Montagnoli da una parte e Rdb dall’altra, che rappresentano gran parte della CUB ma non tutte le opinioni né le realtà presenti) proviamo a proporne un'altra: la convocazione di una assemblea nazionale come previsto dallo statuto. Il documento preparatorio deve avere due punti chiave: convocare in tempi certi e rapidi il congresso della CUB e l’unità del sindacalismo di base.



Ovviamente sarebbe tecnicamente possibile convocare il primo giorno l’assemblea prevista dallo statuto con all’ordine del giorno la definizione del congresso ed il giorno dopo avviare il congresso. Il congresso, con pieni poteri, può deliberare o decidere un percorso congressuale che confermi i due obiettivi e lasci aperto il confronto per gli approfondimenti sui modelli organizzativi e altro prevedendo una riconvocazione in tempi certi per la discussione e le scelte conseguenti.


Questa è una ipotesi più interna alla CUB e diversa, ma non alternativa all’ultima proposta di Rdb/CUB del 6 febbraio: “che l’assemblea congressuale abbia carattere costituente di un nuovo soggetto e che sia aperta al contributo di tutto il sindacalismo di base” e che sembrerebbe aprire alla possibilità di fare il congresso e contemporaneamente attivarci insieme ad altri per la nascita del nuovo soggetto sindacale.


In questo modo credo sia possibile superare in positivo la Assemblea Congressuale  proposta unilateralmente da RdBCUB. La proposta che arriva dai Bancari di convocare il Coordinamento Nazionale CUB e di tentare con i 6 saggi potrebbe tenere conto anche di queste ipotesi.

In ogni caso Chi ha l’opinione che queste scelte non vadano fatte né ora né mai dovrebbe spiegare quali danni pensa provocherebbero ai lavoratori, alla capacità di resistenza e di lotta e quali eventuali danni subirebbero le organizzazioni esistenti da un eventuale crescita con l’unità.



Tra l’opzione di un patto federativo e quella di un nuovo soggetto sindacale unitario c’è differenza. Se ne può discutere e si può scegliere.



Certo non avrebbe senso una ripetizione del patto federativo tipo FLM, che dal 1970 al 1985 ha previsto per i lavoratori la sola scelta della tessera FLM mentre i soldi andavano divisi in tre parti uguali (Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil), ingrassando le posizioni moderate e consentendo la perpetuazione degli apparati che in parte hanno sabotato e fatto fallire il processo unitario, con la complicità delle confederazioni. Ma ricordiamoci che il processo unitario, seppur abortito, ha comunque portato con sé grandi risultati per i lavoratori.


Dobbiamo osare e proporre, all’interno della CUB, delle nuove realtà di categoria congiunte da far nascere e delle altre realtà dell’eventuale Patto Federativo, che gran parte delle risorse dei nuovi iscritti vengano destinate al fondo comune del Patto Federativo, e solo una piccola parte alla sopravvivenza delle attuali organizzazioni. Perché se nel nuovo soggetto sindacale ci sarà un unità reale, se il superamento delle vecchie organizzazioni sarà nei fatti dopo anni di vite parallele e diverse, saremo riusciti a far nascere un nuovo soggetto sindacale utile ai lavoratori.



Perciò ribadiamo la necessità di superare gli ostacoli e le resistenze che impediscono l’unità interna della CUB e di tutto il sindacalismo di base.

Chiederei  chi è interessato a sostenere queste posizioni (a qualunque esperienza della CUB appartenga) di contribuire a migliorare il documento, di proporre approfondimenti sui vari temi, e di proporre e/o organizzare momenti di confronto regionali e locali aperti a tutte le realtà per favorire la piena coscienza di quel che è in gioco e costruire soluzioni più avanzate possibili e unitarie all’interno della CUB e del Sindacalismo di Base per tentare concretamente di costruire un’alternativa sindacale.