Firmato l’accordo che tenta di imporre un nuovo e peggiore modello contrattuale. Questo accordo quadro rappresenta un progetto autoritario e regressivo contro i diritti dei lavoratori e porta a compimento un percorso iniziato con la concertazione. I sindacati firmatari accettano il ruolo di agenti del mercato e dell’impresa. Per la CUB è necessario alzare il livello di contrasto per non regredire ancora di più.
Mentre sui lavoratori si scaricano in modo sempre più pesante gli effetti della crisi, governo, padroni e sindacati collaborativi si accordano per ulteriori arretramenti. Il Contratto collettivo nazionale di lavoro continua ad essere, in questo modo, strumento di programmazione della riduzione del potere d’acquisto delle retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori, con il superamento di fatto della titolarità negoziale delle categorie.
Tutto viene totalmente subordinato alle esigenze delle imprese, annullando l’autonomia del sindacato fino ad arrivare a descrivere un’architettura di controllo dei comportamenti dei lavoratori.
Si limita il diritto di sciopero in particolare per le aziende dei servizi pubblici locali e relativamente al secondo livello di contrattazione determinando l’insieme dei sindacati rappresentativi della maggioranza dei lavoratori che possono dichiarare sciopero e si impone il ricorso all’arbitrato.
Lo stesso richiamo a scrivere regole comuni per la rappresentanza entro tre mesi assume in questo quadro il sapore di ulteriori strette antidemocratiche per escludere i lavoratori e i sindacato di base dalle decisioni.
Il Ccnl diventa strumento per definire i confini della contrattazione aziendale, affermando il principio della derogabilità in sedi aziendali o territoriali dei diritti e delle condizioni minime stabilite nei contratti. Derogabilità che diventa assoluta, già a livello nazionale, per tutti i lavoratori del pubblico impiego. Gli aumenti retributivi possono essere soltanto variabili, legati alla redditività e alla produttività di ogni singola impresa. Si rilancia poi la politica degli affari comuni tra imprese e sindacati con il dilagare degli enti bilaterali.
La CUB ha contrastato la concertazione che dal 1993 ha permesso che aumentassero i profitti e calassero verticalmente i salari e il loro potere d’acquisto: da oggi sarà necessario impegnarsi ancor più per respingere questo accordo, fortemente voluto da Confindustria, di riforma del modello contrattuale dando continuità alla mobilitazione e alla lotta che ci ha visti protagonisti nei mesi scorsi.