Ad un mese di distanza dal forte presidio del 9 maggio sotto le finestre del Ministero dello Sviluppo Economico i lavoratori ENEA sono tornati a mettere in piazza le loro bandiere, i loro striscioni, i loro volti di ricercatori di lungo corso o di recente assunzione, le loro ragioni di tecnici e amministrativi da tre anni in balia d’una situazione insostenibile e di un lento degrado fatto di tagli, difficoltà di gestione, incertezze d’ogni tipo compensate, con buona fantasia ai limiti della provocazione, da una ridondanza di incarichi e di indennità da distribuire a destra e a manca.
Il luogo dell’assemblea di strada questa volta è stata l’area di Montecitorio, davanti a quel Parlamento e a due passi dal palazzo del Governo, luogo da tempo sordo e assente alle sorti della ricerca in Italia.
Dipendenti dei centri di Casaccia e Frascati, con rappresentanze di Sede e Portici, hanno riacceso i riflettori sulla crisi ENEA, con i fischietti e le megafonate e gli interventi fatti nelle discussioni o nei capannelli che hanno circondato i diversi rappresentanti istituzionali scesi dalla Camera (tutti rappresentanti del centrosinistra, Idv e PD, con ruoli responsabili nella Commissione Attività Produttive) per incontrare i lavoratori.
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USB P.I. Ricerca
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