All’Ufficio della Consigliera Nazionale di Parità
dott.ssa Francesca Bagni Cipriani
c/o Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
via Fornovo n. 8 - Roma
Mail: consiglieranazionaleparita@lavoro.gov.it
e, p.c.
Al Ministro del Lavoro e Politiche Sociali
On.le Nunzia Catalfo
via Fornovo n. 8 - Roma
PEC: segreteriaministro@pec.lavoro.gov.it
Al Direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro
Gen.le dott. Leonardo Alestra
Piazza della Repubblica, n. 59
00185 Roma
PEC: capoispettorato@pec.ispettorato.gov.it
Al Direttore della Direzione Centrale RR.UU.
Finanziarie e Logistica
Dott. Giuseppe Diana
Piazza della Repubblica, n. 59
00185 Roma
PEC: dcrisorse@pec.ispettorato.gov.it
Comitato Unico di Garanzia
OGGETTO: Fondo Risorse decentrate Ispettorato Nazionale del Lavoro anno 2019. Parità di genere e disabilità. Segnalazione.
La scrivente O.S. USB P.I., chiede l’intervento della S.V. in merito ad una disparità attuata a danno di una parte dei lavoratori/lavoratrici dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in conseguenza dell’Accordo Integrativo di Amministrazione sul F.R.D, anno 2019, sottoscritto dall’Ispettorato Nazionale Lavoro (INL) e le altre OO. SS., in data 18 giugno 2020, e delle istruzioni operative dettate dall’INL, con note prot. n.9584 e prot. 9601 rispettivamente del 23 e 24 giugno 2020.
In particolare nel C.C.N.I. in parola è stato stabilito che la quota relativa alla performance organizzativa è riconosciuta in relazione al grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati al gruppo di lavoro con il piano operativo e ripartita tra i componenti del gruppo in funzione delle giornate di presenza in servizio di ciascuno.
Con la nota circolare n. 9601 del 24 giugno 2020 la Direzione Centrale Risorse Umane Finanziarie e Logistica dell’INL, nel dettare istruzioni operative agli Ispettorati Territoriali del Lavoro, ai fini della distribuzione del Fondo Risorse Decentrate, ha trasmesso un prospetto con l’indicazione della tipologia di assenze dal servizio equiparate alla presenza.
In detto prospetto non viene riconosciuta l’assimilazione a presenza in servizio delle assenze retribuite per assistenza a familiare disabile (anche figlio e coniuge), ex art. 33, comma 3, della legge 104/92, del congedo per malattia del figlio fino a tre anni e del congedo parentale, che vanno a decurtare automaticamente la quota della retribuzione accessoria destinata a remunerare la performance organizzativa.
Pertanto tutti quei dipendenti, in maggioranza donne, che fruiscono, in virtù di norme ampiamente consolidate, dei citati istituti, normativi e contrattuali, a tutela di rilevanti esigenze sociali, come la maternità e la disabilità, subiscono un danno economico in quanto gli stessi istituti, vanno a ridurre, ipso facto, la quota del fondo di salario accessorio, determinando, a nostro avviso, nei loro confronti una vera e propria discriminazione.
Difatti, interpretazioni di questo genere appaiono in netto contrasto con la legge sulle pari opportunità tra i generi, in quanto principio ispiratore della stessa è il superamento di condizioni sfavorevoli alla realizzazione di una pari dignità uomo – donna nell’ambito lavorativo.
Le pari opportunità debbono, pertanto, estrinsecarsi in eguali condizioni di lavoro, di retribuzione e di sviluppo professionale, che tengano conto anche della particolare posizione in cui viene a trovarsi il personale femminile ancora destinato ad assentarsi più di quello maschile per provvedere alle cure e all’assistenza familiare.
C’è da dire, inoltre, che l’attuale ordinamento, comunitario e nazionale, non ha mai disciplinato la fruizione di detti istituti quali assenze dal lavoro, ma sempre come effettiva presenza in servizio, stante la tutela della finalità sociale perseguita.
Ai sensi della legge-quadro 104/92 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili, il lavoratore/la lavoratrice che usufruisce dei permessi per assistere un familiare disabile, ha diritto ad una retribuzione uguale a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato, ivi comprese le quote del salario accessorio. In tal senso si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con la recente sentenza n. 20684 del 10 ottobre 2016, chiarendo che la fruizione dei suddetti permessi non può incidere, in senso riduttivo, sull’ammontare della retribuzione di produttività, al fine di garantire al disabile un’ assistenza morale e materiale adeguata.
Pertanto il lavoratore che si avvale dei suddetti permessi per assistenza ha diritto a pieno titolo anche ai compensi incentivanti, non potendo subire comportamenti discriminatori.
Relativamente al congedo parentale e per malattia del figlio, le norme di cui agli artt. 25 e 28 del d.lgs. 198/2006 (codice pari opportunità uomo-donna), l’art. 2 della Direttiva 2006/54 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5/07/2006, gli artt. 34 e 48 del d.lgs. 151/2001, sanciscono una completa equiparazione del periodo di astensione facoltativa e del congedo per malattia del figlio alla effettiva presenza in servizio, con l’unica eccezione, non suscettibile di interpretazione estensiva o di analogia, degli effetti delle ferie, della tredicesima mensilità o gratifica natalizia (in tal senso Corte di Appello di Torino sentenza n. 937/2017 pubblicata il 10.01.2018).
Va ricordato a tal proposito, anche il D.L n. 95/2012, che all’articolo 5, comma 11 ter, stabilisce che “nella valutazione della performance non sono considerati i periodi di congedo di maternità, di paternità e parentale”. Detta disposizione va interpretata nel senso che anche questi periodi, come tutti gli altri, non vanno considerati “negativamente” con riferimento alla valutazione della performance.
Per concludere, si vuole, inoltre, sottolineare l'importanza della finalità sociale delle disposizioni che sono state violate soprattutto in relazione alla condizione femminile già in fase di significativo arretramento; come spiegare infatti che le donne, nella duplice veste di madri e assistenti
agli anziani o persone non autosufficienti, oltre a non poter contare su politiche e normative tendenti a migliorare la conciliazione tra lavoro e attività familiare, debbano anche essere penalizzate economicamente? Che poi debba essere proprio l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, amministrazione deputata a tutelare quei diritti che invece essa stessa infrange, appare veramente paradossale, oltre a non renderla credibile nei risultati da conseguire.
Tanto rappresentato e motivato, si chiede alla S.V. di intervenire, ai sensi d.lgs 198/2006 e s.m.i., al fine di creare le condizioni per il rispetto della normativa vigente tramite la rimozione degli ostacoli che, attraverso gli accordi sindacali e le disposizioni datoriali sopra citate stanno creando forti discriminazioni sul piano della redistribuzione salariale presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, tutelando quei lavoratori, soprattutto donne e familiari di soggetti disabili, che ad oggi vedono calpestati i loro giusti diritti.
Roma, 29 luglio 2020 per l’O.S. USB P.I.
Daniela Mencarelli
Si allega:
- CCNI FDR 2019;
- nota circolare INL prot. n. 9584 del 23 giugno 2020;
- nota circolare INL prot. n. 9601 del 24 giugno 2020;
- sentenza Corte di Cassazione n. 20684 del 10 ottobre 2016;
- sentenza Corte di Appello di Torino n. 937/2017