Il Decreto legislativo 150/2009 di attuazione della legge n°15/2009 si presenta come un provvedimento “in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. Leggendolo, saltano subito agli occhi le misure sulla produttività. In realtà, solo gli ingenui possono pensare che l’intenzione sia far funzionare il comparto pubblico; l’obiettivo è tagliare e sistemare i conti. Quando si parla di “efficienza nell’impiego delle risorse”, “contenimento – riduzione dei costi”, “ottimizzazione dei tempi”, se lo si traduce nel linguaggio della materialità della vita, significa licenziamenti, non assunzione dei precari, peggioramento delle proprie condizioni di lavoro, di vita e di salario. Tra le norme subito entrate in vigore ci sono quelle relative alla dirigenza, alla contrattazione e al codice disciplinare; quelle invece riguardanti i ricchi premi e cotillon attendono i decreti attuativi. Sono norme, queste, che ridisegnano il rapporto di lavoro per tutto il pubblico impiego (si tratta di due milioni e mezzo di persone). Articoli che mettono mano e stabiliscono i paletti entro cui il pubblico dipendente, cioè il lavoratore salariato il cui padrone è lo Stato, deve, muto, seduto e chino, operare ed essere efficiente (e non sono esclusi da questo quadro i dirigenti).
I pilastri del Decreto sono la ricerca del massimo profitto attraverso il massimo sfruttamento dei lavoratori ed un estremo individualismo.
Per ottenere il massimo profitto si fa leva sui dirigenti che per avere premi e promozioni dovranno valutare e differenziare il più possibile i dipendenti, dividendoli tra buoni e cattivi (art. 9), rilevare e pubblicare costantemente il costo in termini di ore di servizio di ogni passaggio lavorativo (art. 11), procedere direttamente ed obbligatoriamente con sanzioni disciplinari che possono facilmente arrivare al licenziamento e al carcere (art. 69). Anche il dirigente verrà valutato e se non raggiungerà gli obiettivi di taglio previsti (ha infatti anche l’obbligo di individuare eccedenze di personale, art. 50) rischia di non percepire l’incentivo e di doversi accontentare di 4-6 mila euro di stipendio.
Per costringere il lavoratore a spremersi sempre più si fa leva su un selvaggio individualismo, promettendo ricchi premi a chi si farà più pecora. Il decreto però chiarisce che non vi dovrà essere nessun onere aggiuntivo per lo stato (art. 3). Come faranno allora a premiarci? Semplice, toglieranno a tutti parte dello stipendio e lo redistribuiranno in base ad una graduatoria di merito. Ogni anno verremo divisi in tre fasce: un 25% dei dipendenti verrà valutato nella fascia più alta e percepirà il 50% dei premi; un 50% verrà valutato nella fascia intermedia e percepirà il restante 50% dei premi; un 25% dovrà obbligatoriamente risultare nella fascia bassa e non percepirà nulla (art. 19). E’ estremamente grave che si stabilisca per legge che il 25% dei dipendenti sia “fannullone”, anche in quelle scuole o quegli uffici dove non tutti i lavoratori sono impegnati. Abbiamo calcolato che il primo 25% è già assegnato ai soliti noti, mentre chi cadrà nella fascia del 50% percepirà pressappoco gli stessi soldi di prima. L’idea è geniale: ci costringono a produrre di più, per poter mentenere lo stesso stipendio. Se poi vogliamo avere lo stesso trattamento l’anno successivo, siamo obbligati ad aumentare ulteriormente la produzione perché chi l’anno precedente è rimasto a bocca asciutta cercherà di entrare nella fascia intermedia, ma i posti da premiare sono fissi e o si premia un lavoratore o un altro. In pratica, il mio destino salariale dipende dalla possibilità che un mio collega venga bastonato. Viene spezzato così qualsiasi vincolo di solidarietà tra lavoratori, proprio mentre si inaspriscono le misure disciplinari e si riducono le possibilità di tutelarsi legalmente dal giudice del lavoro. E mentre noi ci massacreremo per un pugno di lenticchie, il padrone si godrà l’aumento di produttività ed il relativo malloppo. La valutazione verrà svolta in base a criteri generali che dovranno essere tradotti in parametri misurabili, introdotti da decreti attuativi.
I soggetti deputati alla “schedatura” dei lavoratori e delle amministrazioni sono diversi e agiscono a più livelli: si istituisce una Commissione, che è un organo centrale, in aggancio con la Presidenza del Consiglio e del ministero dell’economia il cui compito sarà controllare il sistema di valutazione; ogni amministrazione istituisce un organismo indipendente di valutazione che svolge servizio di controllo interno1; tra le sue funzioni ci sono: controllare il sistema valutativo, stabilire l’utilizzo dei premi, la distribuzione dei soldi del contratto nazionale e di quello integrativo; proporre la valutazione del dirigente. Questi organismi pletorici saranno composti da manager privati e ci costeranno 8 milioni di Euro l’anno.