"Anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere."
(W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia)
Gli anniversari, come si sa, parlano più del presente che del passato. O meglio, chiamano il passato a testimone dei conflitti del loro tempo. Il nostro tempo è la più grande crisi mondiale dal 1945 a oggi. Guai a chi lo dimentica, guai a chi procede con lo sguardo rivolto al passato o usa le sue lenti.
Per questo ricordare lo Statuto dei lavoratori a 50 anni dalla sua approvazione (20 maggio 1970), rievocare la straordinaria stagione di conflittualità che lo precedette e lo rese possibile, attraversare i decenni successivi e la costante controffensiva padronale per svuotarlo, giungere alla pericolosissima proposta landiniana di un nuovo "Statuto dei lavori" all'interno del nuovo patto sociale neocorporativo, non è un'operazione retrospettiva o memoriale.
Non ci interessa celebrare lo Statuto, nella stessa maniera in cui non celebriamo la Costituzione. Non abbiamo feticci. Ne riconosciamo i valori e l'importanza, ma anche i limiti. Sappiamo che ogni formalizzazione giuridica registra i rapporti di forza e le dinamiche dello scontro fra le classi in un dato momento storico.
Lo Statuto dei lavoratori risponde ad una configurazione di classe che oggi è certamente mutata, per cui non si tratta di riproporlo come testo sacro del sindacalismo conflittuale, ma come punto di partenza di un percorso di allargamento ed estensione di diritti, reddito, sicurezza e garanzie a tutti quei soggetti che stanno pesantemente pagando il prezzo di una crisi del Capitale che l'epidemia da Covid-19 ha definitivamente portato a galla e fatto esplodere, aprendo una nuova e inedita fase storica.
Il convegno del 20 maggio, nella giornata della mobilitazione nazionale "Rilanciamo i diritti", vuole fornire un quadro di ragionamento storico, politico e giuridico al percorso di costruzione di un punto di vista alternativo al nuovo patto sociale, alla pretesa di una ripartenza sottomessa alla UE e alla Confindustria, in nome di un interesse generale che significherà aumento dello sfruttamento, abbassamento delle tutele, feroce concorrenza, esclusione sociale. Oggi sentirsi ed essere eredi del patrimonio di lotte condensato nello Statuto significa pretendere salute e sicurezza, salario e reddito per tutti, riduzione di orario a parità di salario, un programma di Nazionalizzazione dei settori strategici e produttivi, un Welfare davvero universale. Per questo le due giornate successive, quella del 21 con lo sciopero dei braccianti e quella del 22 con lo sciopero dei lavoratori dell'igiene ambientale, sono due momenti non separabili di questo percorso di riappropriazione delle piazze e di costruzione del conflitto, per un nuovo modello sociale pianificato e basato sugli interessi della collettività e delle classi popolari, che deve costituire la direzione politica della nostra fase 2.
Unione Sindacale di Base
In allegato l'elenco degli appuntamenti in programma