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Roma. La piazza chiede: "Tutti a casa! Dimissioni!"

Roma,

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Piazza del Campidoglio ieri pomeriggio emanava un’aria strana, carica di aspettative ma anche di richieste perentorie. Intorno alle 17.00 la piazza si riempie di un popolo che è venuto a chiedere di spazzare via un intero ceto dirigente colluso e corrotto dalla holding Mafia Capitale. Militanti del M5S, attivisti sociali e sindacali, gente dei comitati popolari delle periferie romane. Un gruppetto di sostenitori della Lista Marchini (il partito dei palazzinari promosso da un “figlio d’arte” del settore) prova a rubare la scena ma viene via via zittito e marginalizzato. Il consiglio comunale di Roma Capitale si è concluso da poco. Questa volta non si vedono gli squadristi di Casa Pound che, sotto le nuove spoglie del movimento Sovranità per biodegradarsi nell’alleanza con Salvini, nei giorni scorsi hanno provato, del tutto impropriamente per la destra romana, a rappresentare la richiesta di dimissioni della Giunta.

 

La piazza si riempie di gente e il colpo d’occhio restituisce uno spaccato sociale e politico fino ad ora mai visto. La Carovana delle Periferie è la rete di gente e attivisti abituati a praticare il conflitto, a bloccare gli sfratti, a occupare case sfitte e spazi, a forzare la legalità quando questa entra in contraddizione con la giustizia sociale, a diffidare della politica istituzionale. I militanti del M5S sono abituati a fare le cose da soli ed a riconoscersi intorno a contenuti come l’onestà, la legalità, la trasparenza. Occorre riconoscere che nelle sedi istituzionali lo hanno fatto con coerenza rifiutando ogni collusione con il ceto politico che invece ha costruito o si è adattato al sistema di Mafia Capitale.

 

Clicca qui per vedere il video della manifestazione in Campidoglio.

 

L’assemblea in piazza è dunque composta da popoli diversi, che in qualche segmento si sono conosciuti e vissuti in passato ma che si sono persi di vista. Ma le incognite su una manifestazione che vede realtà sociali conflittuali e un soggetto politico anomalo come il M5S impegnati in una iniziativa comune, si sciolgono mano a mano che cominciano gli interventi. Linguaggi e accenti diversi, ma anche molte convergenze.

 

Intervengono i consiglieri comunali e regionali del M5S (questi ultimi affermando che anche in Regione funziona il sistema Mafia Capitale), che da giorni chiedono le dimissioni delle giunte e nuove elezioni. Si alternano con attivisti sindacali dell’Usb come Guido Lutrario, dell’Asia/Usb come Angelo Fascetti (alla fine interverrà anche un attivista dei Cobas, venuti anche loro in piazza con le bandiere). Viene evocata la richiesta al Prefetto di rendere pubblica al più presto la relazione su Mafia Capitale e la proposta di manifestare nei prossimi giorni sotto la Prefettura. Interviene un delegato sindacale dei lavoratori comunali impegnati in un durissimo braccio di ferro con la giunta Marino, e poi esponenti dei comitati di Tor Bella Monaca, San Basilio, Cinecittà, interviene un esponente di Ross@ e una lavoratrice licenziata della cooperativa 29 Giugno (la capofila della holding di Buzzi e Carminati), interviene Nunzio D’Erme che conclude con l’invocazione delle piazze dell’Argentina o della Spagna indignate: “Che se vayan todos”, che vadano tutti a casa.

 

Ad assemblea iniziata arrivano anche esponenti di spicco del M5S come Di Maio e Di Battista. Sotto accusa il sistema di potere targato Pd, anche per quanto riguarda i controlli sulle cooperative o la consegna della scuola pubblica ai privati. Inevitabilmente si parla di elezioni e delle aspettative del M5S di potersi candidare alla guida della città anche alla luce dei risultati in alcune città siciliane,

 

Ma sarà l’intervento di Aboubakar Soumahoro a scuotere fin nelle fondamenta Piazza del Campidoglio e l’assemblea. I migranti sono al centro del mirino, della polemica politica, delle strumentalizzazioni razziste e delle dichiarazioni ambigue. E’ un intervento che spazza via ogni ambiguità sulla contraddizione più lacerante a livello politico e metropolitano. Gli applausi scroscianti di tutta la piazza, grillini o militanti antagonisti che siano, appaiono quasi liberatori e unificanti sul terreno più spinoso.

 

Tutti gli interventi battono sul tasto della richiesta di dimissioni del consiglio comunale e della Giunta e sul ripulisti dell’apparato dirigenziale degli uffici di Roma Capitale. Per fare cosa? Per cambiare completamente registro nell’amministrazione della città. Onestà sicuramente, ma non basta, occorre anche cambiare l’ordine delle priorità sociali nel mettere mano alle soluzioni. Il secco no alle privatizzazioni e alla concezione/concessione privatistica dei servizi sociali, alla luce di quanto emerso da Mafia Capitale, ormai è diventato senso comune.

 

L’assemblea si conclude in un clima positivo ed anche piuttosto euforico. Due mondi sociali e due popoli diversi si sono incontrati e guardati nelle palle degli occhi, in qualche modo si sono annusati verificando su cosa e come convergere per avviare una rottura dell’esistente e pensare al cambiamento, a cominciare dalla “Capitale corrotta di una nazione infetta”. Tutti a casa, tanto per cominciare. Nuove priorità che mettano al centro delle scelte su Roma le esigenze popolari e non quelle dei gruppi privati e dei poteri forti. E nuove elezioni, per impedire che il sistema mafioso/privatistico si perpetui e sopravviva dietro lo schermo di una improbabile autoriforma o che la destra e i fascisti – coinvolte fino al midollo in Mafia Capitale – possa capitalizzare a proprio beneficio questa contraddizione. A Roma, ieri pomeriggio, abbiamo assistito indubbiamente ad un fatto politico interessante.